A proposito di imposizione diretta e di redistribuzione
di Vincenzo Porcasi
Il problema italiano e in buona parte europeo è rappresentato dalla carenza di reddito che il ceto medio e quello piccolo registrano in Italia da ormai un ventennio, sulla scorta delle politiche monetariste impostate e perseguite nello stesso periodo dal governo statunitense.
Non certo scientemente, ma conseguenza constatabile anche per effetto della mondializzazione dei mercati sembra essere in atto il tentativo della aristocrazia di censo di rimettere sul collo la testa tagliata dalla borghesia francese al Re Luigi Capeto ( XVI ). La borghesia di tutto il mondo di cui la classe operaia è parte integrante, rispetto al mondo dei disoccupati e degli inoccupati, è colpita dalla non corrispondenza del reddito disponibile al netto delle imposte al necessario potere d’acquisto per far fronte ai necessari bisogni senza parlare di quelli voluttuari ugualmente necessari nella formulazione degli indici della qualità della vita; diversamente il primo stato riceve una fiscalità premiante sul piano sia della percentuale del prelievo sulle plusvalenze realizzate, sia sui criteri di calcolo delle stesse.
La proposta del precedente governo italiano di armonizzare l’aliquota sulle rendite finanziarie con quelle sugli immobili dati in locazione – che sempre rendite finanziarie sono- formulata dalla parte cattolica non ha trovato applicazione, mentre il nuovo governo immagina e propone la Robin tax, rinviando al 2009 il tema del trattamento esteso anche alle rendite immobiliari del prelievo sulle quelle finanziarie.
La Robin tax immaginata e proposta dall’attuale governo e in particolare dal Ministro Tremonti, di certo uno dei cinque maggiori esperti italiani del settore, parlando da un punto di vista professionale, riporta l’orologio della storia indietro ancora di un secolo riprendendo il confronto fra Carlo I° e il Suo Parlamento di Londra per una questione d’imposte per la guerra con la Francia che il ceto mercantile, cioè borghese dell’epoca, inglese non voleva sopportare, conclusa, come noto tragicamente, non come fatto personale, ma per il principio( infatti il figlio fu poi intronizzato, una volta chiariti i punti di dissenso).
La nuova imposta, intanto riporta l’IRES al 33% dell’imponibile che rispetto a quella che grava sulle persone fisiche è comunque inferiore di dieci punti percentuali, e poi in termini di magazzino introduce il metodo di calcolo FIFO – first in- first out – rispetto al metodo LIFO – last in first out – che obbliga a calcolare le scorte al valore effettivo di acquisto e poi a quello di vendita evidenziando quindi le rendite di posizione che l’altro metodo consentiva di realizzare.
Il problema in materia fiscale è quello di chiamare le cose con il loro nome: cosa non semplice, dal momento che nessuno oggi ha il mandato che fu conferito da Dio ad Adamo e di vedere come consentire al reddito disponibile di avere potere d’acquisto reale. Dopo la crisi sub-prime è necessario tornare all’economia reale per risolvere le crisi diverse e dare una prospettiva occupazionale a chi ne è globalmente privo, in mancanza Dio ci guardi dalle conseguenze, per carenza di dialogo sociale.
Vincenzo Porcasi: commercialista, anni 63. Laureato in Giurisprudenza e in Scienze Politiche, specializzato in questioni di internazionalizzazione di impresa, organizzazione aziendale, Marketing globale e territoriale. Autore di numerosi saggi monografici e articoli, commissionati, fra l’altro dal C.N.R.-Consiglio Nazionale delle Ricerche e dal Ministero del Lavoro. Incarichi di docenza con l’Università “LUISS”, con l’Università di Cassino, con l’Università di Urbino, con l’Università di Bologna, con la Sapienza di Roma, con l’Università di Trieste, e con quella di Palermo nonché dell’UNISU di Roma. E’ ispettore per il Ministero dello Sviluppo economico. Già GOA presso il Tribunale di Gorizia, nonché già Giudice Tributario presso la Commissione Regionale dell’Emilia Romagna.