Caos organizzato
All’indomani della crisi finanziaria ovunque si guardasse c’era chi lamentava regole disattese o assenti. Il fenomeno si era poi esteso a ogni settore della società facendo sperare che fosse finalmente venuto il tempo del cambiamento. A non molta distanza da quei giorni, il bisogno di disciplina è rimasto ma non sembra essersi accompagnato al suo necessario corollario: rigore morale e senso del dovere.
Così accade che le regole si continuino a invocare, non per se stessi ma per gli altri: lo sgomitare per sfuggire a ogni restrizione, esistente o eventuale, è talmente palese da essere necessario regolarlo. Si approntano allora norme che consentano alla tonnara di furbi di non incappare nella rete: si cerca di limitare le intercettazioni o di mandare in prescrizione i processi.
Ma nonostante le cautele, vengono al pettine talmente tanti pasticci vecchi e nuovi che nemmeno più ci si accontenta di restarne fuori: al contrario, si vuole proseguire comunque, anche se scoperti. Si è diffusa a tutti i livelli della società la convinzione che qualsiasi regola sia aggirabile e abbia in un’altra il suo antidoto.
Le leggi ad hoc diventano amuleti: si è scoperto il potere magico di questi strumenti su cui cade la scelta per delinquere con ordine, concetto quest’ultimo su cui è ancora, nonostante tutto, generale il consenso.
Finisce allora che in nome di un disciplinare si imbavagli l’informazione al cui servizio quel regolamento era stato invece posto. Ironia della sorte.
La soluzione non mi sembra felice seppure ordinata: silenziosi “ pollai”, un po’ come le new town nei dintorni dell’Aquila. Sono di certo impeccabili quelle geometrie di palazzine tutte nuove, ma non rispondono al bisogno della gente: paradossalmente quegli ordinati conglomerati a detta di chi ci vive hanno avuto sul tessuto sociale lo stesso effetto del terremoto sulle case: sbriciolato e disperso. Disgregato.
Tutta la questione mi ricorda molto le mie giornate apocalittiche chiusa in casa “a fare ordine”: il proposito di mettere in salvo le carte “importanti” che girano ovunque, affidate a magneti sul frigorifero o a pietosi cassetti stracolmi, porta esattamente all’esito temuto: la definitiva scomparsa di qualsiasi ricevuta o certificato di cui avrei potuto avere un giorno bisogno. L’unico tangibile beneficio è il poter così proseguire impunemente nel misfatto di accumulare carte ovunque sfruttando il po’ di spazio che quell’ordine fittizio ha prodotto.: un caos organizzato che perpetua se stesso.
Laura del Vecchio: Due lauree, Giurisprudenza con tesi in Economia a Roma e Commercio Internazionale a Le Havre; due specializzazioni, in Economia dei mercati asiatici e in Comunicazione; due esperienze “in azienda” come export manager per Fiat Auto Japan e per Danone; due esperienze “di penna” al quotidiano economico “Nikkei” e all’ISESAO della Bocconi: un “saper scrivere e far di conto” che ha finito per trovare buon uso all’Istituto nazionale per il Commercio Estero. Nata il 13 settembre del 1968: da poco compiuti…. due volte vent’anni