Numero 64 Registrazione al tribunale di Roma N° 3/2004 del 14/01/2004

La memetica e le sue possibili applicazioni

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di Paola De Vecchi Galbiati

 

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Se vi è capitato di leggere un libro di divulgazione scientifica, sociologica o filosofica, avrete sicuramente notato una cosa interessante: in molti citano The Alice’s Adventure in Wonderland, una delle fiabe più fantastiche, surreali e ironiche che siano mai state scritte.

La versione italiana di questa fiaba è stato il mio primo libro: due volumi in pelle rossa con 15dischi 45giri che raccontavano la storia di Alice, storia fantastica e varia, intervallandola con canzoni e disegni davvero divertenti, liberamente ispirati alle filastrocche e ai bozzetti dell’autore.

Grazie a quei due grossi tomi e al mio mangiadischi imparai a leggere, a fantasticare e a ricadere con i piedi per terra, a comprendere molto presto quanto complesse siano le persone, quante diverse reazioni siano originate dal medesimo evento e come l’incomunicabilità sia una grande frustrazione per una specie che ha nel linguaggio lo strumento principale per la condivisione della propria conoscenza.

Avete mai considerato quante differenti interpretazioni ciascuno di noi può fornire di un singolo episodio, di un singolo evento, persino di una singola informazione? Le chiamiamo opinioni, punti di vista, ma forse dovremmo chiamarli: pregiudizi, preconcetti, stereotipi…
È la nostra conoscenza limitata e circoscritta che ci fa ragionare in un modo o in un altro e rende spesso inammissibile l’accettazione di una posizione differente.

Ognuno sta solo sul cuor della terra,
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.
(S. Quasimodo)

Siamo così affezionati all’uomo come individuo, che facciamo molta fatica a comportarci come una specie che deve trasmettere alle generazioni future non solo un patrimonio genetico, ma anche un patrimonio culturale, fatto non solo di concetti ma di soluzioni attraverso le quali evolvere.

È forse per caso o forse per necessità che si sta consolidando una nuova scienza, già intuita il secolo scorso e proposta in varie forme da matematici, medici, sociologi e psicologi: la Memetica.

La memetica è definita da Pascal Jouxtel (nota) : <<un’estensione delle leggi generali dell’evoluzione nel regno degli ‘aspetti’ umani non biologici. È una teoria che illustra la riproduzione naturale delle cose, o, se si preferisce, è la teoria che spiega come avviene la selezione naturale delle cose>>.
<<La memetica ha l’ambizione di studiare i fenomeni culturali, i sistemi sociali e le loro eventuali rappresentazioni mentali o simboliche secondo un approccio ispirato alla teoria dell’evoluzione. Il suo obiettivo è quello di mettere in luce i codici generatori dei fatti culturali e di osservare la loro capacità di evolvere attraverso la trasmissione, la variazione e la selezione di un terreno intra e interumano. Essa rivendica una forma di autonomia del pensiero rispetto al pensatore, l’anteriorità dei flussi rispetto alle strutture e si pone – tra l’altro – come una scienza dell’autoemergere del sapere attraverso la sfida tra i livelli più elementari del pensiero.>>

Non siamo quindi nella sfera delle “idee”, ma nella sfera delle “soluzioni”, di quelle particelle elementari - i “memi” - che stanno alla nostra cultura come i “geni” stanno alla nostra fisiologia.

Possiamo quindi considerare la memetica come un sistema di riferimento più ampio in cui inserire la scienza, la filosofia, la sociologia e tutte le discipline che sinora siamo stati abituati a tenere separate, come funzionali all’organizzazione della nostra vita sociale e alla costruzione organica della nostra cultura collettiva.

La memetica ci fornisce una serie di strumenti, unità di misura e approcci utili per descrivere l’evoluzione della specie dal punto di vista culturale; ci spiega come avviene la costruzione del patrimonio di conoscenza, che più o meno consciamente, ci rende diversi e uguali insieme, e contribuisce a chiarire in che modo l’ambiente influisce su tale costruzione.

Avete mai considerato quante volte utilizziamo le parole Innovazione, Cambiamento, Evoluzione?
Sono tutte e tre parole che ci consentono di identificare “soluzioni” per passare da uno stato A ad uno stato B.
Hanno in comune principalmente la stretta dipendenza dalla variabile tempo e per questa ragione sono e restano concetti incompleti, limitati.

Nel termine Innovazione  le soluzioni sono definite dall’uomo che vede se stesso come ‘artefice della soluzione’, esterno quindi al problema e all’ambiente.
Il Cambiamento è un concetto già più ampio, che in generale identifica un passaggio di stato non necessariamente guidato e controllabile dall’uomo.
L’evoluzione è un fenomeno che riguarda l’ambiente naturale e l’insieme degli esseri viventi, per cui l’uomo è semplicemente uno dei tanti elementi del sistema: e non è un caso l’uso del termine evoluzione per spiegare le trasformazioni politiche, sociali ed economiche.

Cambiamento e ancor più Innovazione sono processi di cui l’uomo si sente artefice.
Scoperte, invenzioni, novità: provate a pensare quanto spesso ci affanniamo a proporre una tecnologia come il superamento della tecnologia precedente, a considerare vecchio un metodo perché ne è appena stato inventato un altro: tendiamo a sostituire con nuove versioni della stessa cosa la nostra sete di conoscenza e di evoluzione… ma siamo poi così sicuri che la cultura evolva in questo modo?

Negli anni ’80-‘90 si premoniva che le segretarie dovessero scomparire, grazie alla diffusione massiva del PC e che avremmo consumato meno carta, perché avremmo fatto tutto attraverso la trasmissione via cavo: ed oggi le segretarie sopravvivono (ai loro capi…) e il consumo di carta (più o meno satinata) è aumentato vertiginosamente, nonostante l’avvento dell’e-book e la consapevolezza dello scempio operato quotidianamente sulle risorse forestali.

La cultura evolve per raffinamenti successivi, che aggiungono e non tolgono nulla al patrimonio di conoscenze acquisite: semplificando, si può affermare che si impara dai propri errori tanto quanto dai propri successi e che si costruisce il proprio futuro sulle basi del proprio passato.

Non esiste nessun individuo e nessuna collettività che possa definire il suo ‘istante T0’: c’è sempre stato qualcosa prima, ci sarà sempre qualcosa dopo. Per dirla parafrasando Godel: l’uomo è incompleto perché non ha (e non avrà mai) in sé gli elementi per autodefinirsi.

Jouxtel ci fa notare che <<Ci sono differenti approcci e metodi di lavoro per approcciare la memetica. La scelta dell’approccio dipende esclusivamente dalle preferenze del cervello di chi sta realizzando l’indagine.>>
E quello sperimentale nel campo dell’educazione è personalmente quello che trovo più interessante, perché attraverso la memetica posso pensare di dare un contributo all’evoluzione spontanea della conoscenza. E anche questa è memetica, perché tra i miei memi evidentemente c’è quello del bruco azzurro, che fuma il narghilè e che nonostante misuri circa 15cm si sente, alto, bello e capace di cose grandiose...

Oggi, mentre il mondo è diviso e si pensa a formulare dei piani per una futura ricostruzione, l’educazione viene universalmente considerata uno dei mezzi più efficaci a questa ricostruzione, perché è indubbio che dal punto di vita psichico il genere umano è al di sotto del livello che la  civiltà predica di aver raggiunto.
Anch’io penso che l’umanità sia lontana dal grado di preparazione necessaria per quella evoluzione a cui essa tanto ardentemente aspira: la costruzione cioè di una società pacifica e concorde, e l’eliminazione delle guerre.
Gli uomini non sono ancora in grado di controllare e dirigere gli eventi di cui essi diventano piuttosto le vittime.
Sebbene l’educazione sia riconosciuta come uno dei mezzi atti ad elevare l’umanità, la si considera ancora e soltanto come educazione della mente basata su vecchi concetti, senza pensare di trarne una forza rinnovatrice e costruttrice.
Che la filosofia e la religione debbano portare un immenso contributo al rinnovamento non dubito. Ma quanti filosofi vi sono nel mondo ultra civile d’oggi, e quanti ve ne sono stati prima e ve ne saranno in avvenire? Nobili idee e alti sentimenti sono sempre esistiti e sono stati sempre trasmessi con l’insegnamento, ma le guerre non sono mai cessate.
E se l’educazione dovesse venir sempre concepita secondo gli antichi schemi di trasmissione del sapere non vi sarebbe più nulla da sperare per l’avvenire del mondo. Che cosa conta la trasmissione del sapere se la formazione generale dell’uomo viene trascurata?
(Maria Montessori, The Absorbent Mind, 1949)

 

Per chi volesse approfondire l’argomento memetica suggerisco:
“Il gene egoista”, Richard Dawkins
“Il matematico impertinente”, Piergiorgio Odifreddi
“La memetica”, Pascal Jouxtel
“Sotto il segno di Gödel”, Gabriele Lolli
“Gödel, Escher, Bach,  un'eterna ghirlanda brillante”, Douglas R. Hofstadter
“Cultures and Organizations, Software of the Mind”, Geert Hofstede

 

Nota: Pascal Jouxtel è uno dei massimi esperti di Memetica, è stato presidente della Société Francophone de Mémétique, direttore all’Eurogroup e si occupa di change management.

 

 

Paola De Vecchi Galbiati, Managing Consultant, Disruptive Innovation Expert, Co-Founder at Call to Change. Il mio ruolo principale è quello di "facilitare" la gestione delle imprese attraverso il miglioramento della redditività in accordo con la loro visione strategica. Attraverso la definizione e il controllo costante degli indicatori chiave delle performance le aziende clienti vengono messe in condizioni di definire e misurare le proprie performance, economiche, di processo e relazionali.
Sul piano operativo, le aziende clienti vengono aiutate nell’organizzazione interna ed esterna, con il pieno coinvolgimento del personale, dei processi e delle tecnologie disponibili.
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