La consulenza tecnica
La consulenza tecnica è un mezzo istruttorio largamente usato nella mediazione esplica in esso tutte le proprie potenzialità grazie alla sua flessibilità di impiego.
Essa assume spesso un carattere che travalica quello degli altri mezzi di prova e che a volte ci fa dubitare se si è in presenza di un arbitrato o di un istituto ad esso affine, tanto che la dottrina ha posto in discussione la natura stessa della consulenza tecnica.
Sergio La China ha affermato a: "In realtà, nell'esperienza concreta e dei processi e degli arbitrati, il consulente tecnico d'ufficio - c.t.u. -è un vero e proprio istruttore delegato; non solo e non tanto fornisce, con la sua specifica preparazione tecnica nel settore donde nasce la controversia, risposta ai quesiti propostigli dal giudicante, per orientarne (non mai determinarne!) il giudizio, ma prima ed in larga misura ricerca ed acquisisce, previa autorizzazione degli arbitri nominanti (che di solito è data fin dall'inizio ed amplissima), informazioni, dati, documentazione su tutti i profili del fatto controverso sottoposti al suo esame tecnico, con una libertà d'azione ben maggiore di quella e del giudice e dello stesso arbitro."[1]
Il d. lgs. 40/06 ha inciso profondamente anche sulla disciplina della consulenza tecnica, la cui esperibilità nella vigenza del codice ante riforma, dato che in esso non vi era menzione al riguardo, era demandata alla interpretazione dottrinale.
In particolare, E. F. Ricci, partendo dall'art. 816, 4° comma, c.p.c. vecchio testo, ragionava che, se ad un arbitro potevano essere delegati singoli atti istruttori, ma non la decisione sull'ammissibilità e[2] la rilevanza stesse dei mezzi di prova, certamente al consulente tecnico non si poteva concedere un'ampiezza di poteri maggiore di quella propria dell'arbitro delegato. Non si poteva quindi riconoscere al perito il potere di effettuare indagini o di assumere informazioni da lui ritenute necessarie, svilendo ed in parte vanificando così la sua parziale autonomia ed il suo ruolo, facendone mero esecutore materiale dei compiti assegnati dagli arbitri.
Oggi la consulenza tecnica è espressamente disciplinata all'art. 816 ter, 5° comma c.p.c, il quale dispone: "Gli arbitri (e in quanto pertinente i mediatori) possono farsi assistere da uno o più consulenti tecnici. Possono essere nominati consulenti tecnici sia persone fisiche, sia enti". La previsione della possibilità di nomina di un ente per l'espletamento delle operazioni peritali mette in crisi la finora comunemente condivisa opinione, confermata dalla giurisprudenza.
Si ritiene tuttavia che, data la necessità di individuare il titolare dell'incarico, sia necessaria l'assunzione dell'incarico da parte di un singolo all'interno dell'ente nominato.
Nella medesima ordinanza di nomina, con la quale il consulente viene incaricato, l'arbitro, o il mediatore formula (eventualmente dopo aver consultato le parti), i quesiti ai quali il consulente deve rispondere ed assegna inoltre il termine per il deposito della relazione.
Terminate le operazioni peritali, il consulente deposita, entro il termine stabilito dagli arbitri, la relazione peritale, inclusiva delle indagini svolte, dei fatti accertati, della valutazione tecnica, delle conclusioni e delle risposte a tutti i quesiti posti dagli arbitri.
I CTU possono essere ricusati in presenza di tutti quegli impedimenti, previsti dall'art. 51, in virtù dei quali il giudice ha l'obbligo di astenersi.
Alle operazioni peritali possono presenziare, oltre all'arbitro, anche le parti personalmente ed i consulenti tecnici di parte, i quali possono anche presentare al CTU osservazioni ed istanze. Consulente tecnico è a tal fine tenuto a comunicare data, ora e luogo dell'inizio delle operazioni peritali, pena la violazione del contraddittorio e conseguente nullità del lodo ex art. 829, n. 9.
Alla medesima conseguenza bisogna giungere nel caso in cui il CTU si avvalga di un documento senza dare alle parti la possibilità di esaminarlo.
Ad un tanto si deve arrivare se si considera la dizione dell'art. 829 n. 9 che sanziona la mancanza dell'osservanza del principio del contraddittorio nel procedimento arbitrale con la impugnazione per nullità del lodo, indicando così che il principio deve essere osservato nella sua interezza anche per quanto riguarda le operazioni peritali.
La valutazione della consulenza tecnica da parte dell'arbitro è libera.
Il consulente non è tenuto a giurare, ma come già in tale sede osservato nulla vieta che egli giuri spontaneamente, fermo restando che tale giuramento è privo di efficacia giuridica e che il suo valore è limitato al significato etico che esso comporta.
L'oggetto e l'ampiezza dei compiti delegati al consulente sono determinati dalle questioni formulate dagli arbitri di regola all'atto di nomina. Data la complessità delle questioni e della loro formulazione, è buona norma richiedere la collaborazione delle parti e del c.t.u. stesso nella stesura.
La richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione
In seguito alla recente riforma è stata introdotta all'art. 816ter u.c. c.p.c. la possibilità per gli arbitri di richiedere "alla pubblica amministrazione le informazioni scritte relative ad atti e documenti dell'amministrazione stessa, che è necessario acquisire al giudizio".
Si tratta di un autonomo potere dell'arbitro che, insieme alla testimonianza assunta dal giudice statale, concorre a rendere così più efficacie l'istituto dell'arbitrato.
Un'ulteriore considerazione ci sovviene dal fatto che il legislatore abbia sentito la necessità di inserire espressamente nel codice la possibilità per gli arbitri di richiedere informazioni alla pubblica amministrazione.
Se tale esigenza è sorta, significa che non si è ritenuta applicabile all'arbitrato la disciplina prevista per il giudice ordinario dall'art. 213 c.p.c. - una freccia in più all'arco di chi sostiene l'autonomia dell'arbitrato, per cui la disciplina prevista per il procedimento ordinario vada applicata all'arbitrato con parsimonia e non oltre lo strettamente necessario.
[1] La China Sergio, L'arbitrato - Il sistema e l'esperienza, Giuffrè, Milano, 2° ed., 2004, pagg. 122 - 123.
[2] Ricci F. Edoardo, La prova nell'arbitrato rituale, Giuffrè, Milano, 1974, pagg. 62 e ss.
Vincenzo Porcasi: commercialista. Laureato in Giurisprudenza e in Scienze Politiche, specializzato in questioni di internazionalizzazione di impresa, organizzazione aziendale, Marketing globale e territoriale. Autore di numerosi saggi monografici e articoli, commissionati, fra l’altro dal C.N.R.-Consiglio Nazionale delle Ricerche e dal Ministero del Lavoro. Incarichi di docenza con l’Università “LUISS”, con l’Università di Cassino, con l’Università di Urbino, con l’Università di Bologna, con la Sapienza di Roma, con l’Università di Trieste, e con quella di Palermo nonché dell’UNISU di Roma. E’ ispettore per il Ministero dello Sviluppo economico. Già GOA presso il Tribunale di Gorizia, nonché già Giudice Tributario presso la Commissione Regionale dell’Emilia Romagna.