Numero 75 Registrazione al tribunale di Roma N° 3/2004 del 14/01/2004

Un amore irlandese

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di Laura Lambiase Profeta

 

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Nel 1970 appare un manifesto sui muri delle città.
Una figura femminile vista di spalle su di una rupe a picco sopra  una spiaggia gialla,
lontano nel cielo un ombrello, strappatole di mano da un forte vento invernale.
Qualcuno è fermo davanti al mare che inizia a infuriarsi. E' solo un'immagine scura.
“A story of love. Ryan's Daughter...filmed by David Lean”. C'è scritto.
Sì, è così “La figlia di Ryan” è una complessa e bellissima storia d'amore.
Dalle prime immagini appare una Irlanda oltraggiosa, impudica, spudorata nella sua straripante bellezza. Nel rossore dell'alba.
Rubedo, nell'alchimia  è il colore che si ottiene nella fase ultima del processo di trasformazione :
lo stadio in cui la materia si ricompone.
Questo film racconta  la ricomposizione di un rapporto d'amore verso la terra, il passato, un possibile futuro, iniziando dal rosso di un'aurora di un giorno del 1916, nel cielo sopra Kirrary, nella penisola di Dingle.
Kirrary  è un polveroso borgo circondato da una parte di mondo senza eguali.
La  spiaggia, il  mare in tempesta, i lussureggianti   boschi, e la splendida invasione di erica: è questo paesaggio il vero protagonista della storia.
Questo nordico giardino dell'Eden,  che circonda un villaggio di piccoli uomini legati alla terra, alla difesa della propria casa e delle proprie idee, è abitato da  Rosy Ryan, anima ribelle che nutre dentro di sé  il seme fertile della conoscenza,  che porta alla libertà.
E' una vecchia storia, è l'inizio  della  storia: scegliere il sapere di fronte alla supina accettazione. Le donne lo fanno.
Rosy, novella Emma Rouault  Bovary, ha la pessima abitudine di farsi domande, di dubitare, di voler sapere.
Emma sposa un medico, Rosy un maestro. La parte migliore della società in cui vivono.
Brave persone piene di mediocrità.
“La conversazione di Carlo era piatta come un marciapiede, e le idee degli uomini comuni vi sfilavano nel loro abito solito senza suscitare emozione, riso  o fantasticherie....
Un uomo non doveva saper tutto, eccellere in molte attività diverse, sapervi iniziare al fuoco della passione, alle raffinatezze della vita, a tutti i misteri?
Ma lui non insegnava niente, non sapeva niente, non desiderava niente.”

Flaubert descrive così l'astio di Emma verso il marito. In lei c'è la sempiterna convinzione che sia l'amore ad aprire le porte della libertà, della consapevolezza, della realizzazione di  sé.
Rosy Ryan, ascoltando padre Collins elencarle i fini  del matrimonio come li ha descritti Dio, gli chiede ansiosa se la soddisfazione della carne la renderà una persona diversa. Lei lo desidera con tutta se stessa.  La risposta è ilare “Bambina che cosa pretendi che ti spuntino le ali?” 
Sì Rosy come Emma  vuol imparare a volare. La sua anima vuole, deve spaziare, andare lontano.   “Io sono sicura che c'è altro al mondo, per forza c'è, ci deve essere”  “Perché  Rosy Ryan vuole così?” “ Sì”.
Perchè ogni essere umano vuole così.
Perché Eva raccolse il frutto, lo morse e scoprì che era buono, che il proprio corpo non era un involucro neutro,  che tutto ciò che contava era fuori quel cancello, verso qualcosa che doveva esserci. Per forza.  Che un giardino è come una prigione se non ti è permesso osare, tentare, vivere.
Il prezzo da pagare è enorme.  Per Emma è stato ingoiare  veleno per topi.
Per Rosy è la degradazione, dalla quale vien fuori l'orgoglio di chi ormai sa, di chi ha avuto ragione dei suoi dubbi, delle stolte convinzioni, delle ipocrite verità della religione.
Madame Bovary muore. “Erano finiti, essa pensava, tutti i tradimenti, finite le bassezze, e le innumerevoli bramosie che la torturavano Ora non odiava nessuno.”
Il maestro Charles Shaughnessy,  marito di Rosy, riscatta la sua serena mediocrità, il suo amore modesto che non dà luce, accompagnando sua moglie lungo la polverosa strada di un villaggio piccolo piccolo, mantenendo inalterato il suo amore.
La critica del tempo non riuscì ad accorgersi di ciò che aveva davanti agli occhi.
Si fermò ad arricciare il naso nei confronti di  David Lean, regista  britannico nato a Croydon, che a suo  parere   denigrava la lotta di liberazione degli irlandesi contro la tirannide inglese.
Non si entusiasmò di fronte alla fotografia, alla musica, alla grandezza degli attori.
Non si accorse della bellezza della scena del ricupero delle armi in un mare tempestoso e nemico.
Non sentì il profumo acuto dei gigli che si agitano al vento, algidi, bianchi, simbolo di innocenza e di verginità per il cattolicesimo e  che fanno da sfondo al nascere dell'amore tra Rosy e il Maggiore Dorian. Non ascolta l'inquietante, dolorosa, insinuante  musica di Jarre.
“La figlia di Ryan” è un capolavoro.
Nei grandi romanzi dell'800, la donna per riscattarsi deve darsi la morte. Riscattarsi dal desiderio di conoscenza, di libertà, di consapevolezza.
Questa volta è l'uomo che  la prende per mano  e la sostiene, comprendendo a pieno la sua curiosa anima turbolenta. Questa volta la donna non è sola. Dal Giardino dell'Eden sono in due ad evadere.

 

 

Osare.
Avere il coraggio di andare contro corrente, di andare oltre, di valicare confini, di non fermarsi alla superficie. Non esiste una cultura alta ed una meno alta esiste solo la noia. Un gesto creativo senza vita, asfittico, pavido, furbo, conveniente è merda.
Laura Lambiase Profeta ha scritto di musica per “Laboratorio Musica” e “l’Unità”; ha descritto Napoli sul “Mattino” e sulla guida “dell’Espresso”; si è divertita su “Cosmopolitan”.
E nata a Pontecagnano molti, molti anni or sono e vive a Napoli tra Paradiso e Provvidenza.