AGRICOLTURA ED AMBIENTE: SEGNALI INCORAGGIANTI
Vicepresidente Aism, Vicepresidente Fita Confindustria e presidente area comunicazione e marketing per Fita Confindustria, è alla guida del gruppo B&C Ricerche di Marketing
A proposito di svolta agricola, diminuzione dei passaggi dal produttore al consumatore, rispetto dell’ambiente e miglioramento d’immagine, il nuovo viene da un settore insospettato della società Managers di successo, la generazione dei quarantenni che vogliono cambiare stile di vita e che trovano nell’agricoltura e nel rispetto dell’equilibrio ambientale lo strumento per custodire tradizione e patrimonio naturale, per curare e gestire territorio e paesaggi.
Questa è la prima conclusione di una ricerca qualitativa condotta dalla B & C Ricerche di Marketing dalla quale emerge non solo un nuovo modo di fare agricoltura, che vuole trovare spazio nell’equazione tecnologica agricola, ma un cambiamento culturale che persegue non il reddito ad ogni costo, ma un modus vivendi che consenta di conciliare il reddito con uno stile di vita in armonia con natura e società. Si parla di superfici che vanno dai 10 ai 20 ettari in media che consentono una sostenibilità economica ragionevole, con struttura abitativa e diversificazione produttiva.
Segnali di questo tipo sono stati percepiti anche dal settore bancario che potrebbe stimolare iniziative come la descritta.
Il fenomeno sembra non essere presente solo in Italia ma anche in contesti internazionali totalmente differenti. Infatti, in economie di assoluto protagonismo nei mercati agricoli internazionali quali il Canada, si verificano politiche a favore dello sviluppo di progetti agricoli di dimensioni simili a quelle emerse in Italia.
Significa un’evoluzione dell’approccio culturale verso l’agricoltura, con una maggior coscienza ecologica, messa in primo piano.
Abbiamo voluto verificare questi primi segnali, riscontrando conferma di quanto emerso nella ricerca, nei diversi colloqui mantenuti con operatori del settore.
In funzione di questo, sta organizzando un gruppo di lavoro per approfondire le caratteristiche di questo cambiamento. Consistenza del fenomeno, copertura geografica e caratteristiche produttive, criticità, dinamica dei prezzi e competitività, saranno le principali variabili da studiare.
Le api e il controllo dei fitofarmaci
Cresce la preoccupazione degli apicoltori per l’estendersi di un fenomeno al quale ancora non si riesce a trovare soluzione. Le api presentano disturbi di comportamento, che si traducono in disorientamento con conseguente impossibilità di far ritorno all’alveare. Quindi, aumenta la moria di api con gravi danni alla produzione, specie nel Nord (pianura Padana) e in alcune regioni dell’Italia centrale. La causa di questo fenomeno sarebbe il trattamento insetticida delle sementi (insetticidi applicati ai semi) e anche l’irrorazione su vigneti e altre colture (specialmente mais e girasole). In particolare l’insetticida sotto accusa è il genere neonicotinoide, in quanto mostra un’elevata efficacia nel controllare piaghe che pungono-succhiano. Gli apicoltori non hanno dubbi sul rapporto causa/effetto.
E’ difficile stabilire l’entità del danno ma nella Regione Lazio, che rappresenta il 17% della produzione nazionale, le associazioni di apicoltori calcolano una perdita del 40-50% del patrimonio apistico. Simile, se non superiore, è stato lo spopolamento e moria di api nelle pianure del Nord, dove si è verificata una notevole dispersione di sostanze chimiche durante le operazioni di semina del mais.
La B & C, istituto di ricerca di mercato operante da più di 30 anni sul mercato nazionale e internazionale, analizza il tema in stretto contatto con gli operatori del settore, le associazioni di apicoltori e le istituzioni nazionali.
L’importanza della produzione di miele è data non solo per la sua dimensione economica, che in Italia rappresenta un volume d’affari vicino ai € 30 milioni (più di due volte superiori se si considera l’indotto), ma anche per il suo valore dal punto di vista ambientale. Infatti, il ruolo delle api nell’impollinazione è determinante nella produttività di cereali, frutta, ortaggi, ecc. In Usa si considera una incidenza di 1/3 nella produzione agricola totale.
Inoltre, ha una ricaduta positiva sul mantenimento di un tessuto sociale nelle zone marginali ed economicamente svantaggiate del territorio, costituendo uno strumento naturale di monitoraggio ambientale.
A partire da colloqui mantenuti con operatori del settore, si mette in evidenza la necessità d’intervenire per migliorare la concia delle sementi, migliorare le operazioni di semina e realizzare un monitoraggio permanente della gestione ambientale per la produzione di miele.
L’Italia non può trascurare un settore che costituisce un fattore di sviluppo equilibrato del territorio rurale, dove si sono realizzati importanti sforzi di valorizzazione, a tutela della qualità del miele.
Malgrado un potenziale produttivo di 17.000 tonnellate, la produzione di miele in Italia stenta a superare 10-12.000 tonnellate/anno, contro un consumo di circa 20.000 tonnellate/anno. Il vantaggio dell’Italia è quello di poter offrire tipologie di miele differenziate con fattori di specificità organolettica da commercializzare in nicchie di mercato specializzate e più remunerative destinate agli estimatori, in un mercato mondiale con trend crescente, segnala Marcelo Evangelista, responsabile della Divisione Internazionale della B & C. Un mercato mondiale che produce 1,4 milioni di tonnellate/anno, con Cina (270.000 tn), USA (94.000 tn.) e Argentina (89.000 tn) come i principali produttori.
Le autorità nazionali e regionali, cosi come le associazioni di produttori, sono chiamate a rispondere alla sfida, a partire del consolidamento dei vantaggi competitivi che offre il settore abbinando miele e territorio a partire di un’efficiente sistema de gestione ambientale, sviluppo di filiera e valorizzazione del miele. La Regione Lazio si pone in linea con questo obiettivo a partire dei recenti annunci in appoggio del settore.