Numero 35 Registrazione al tribunale di Roma N° 3/2004 del 14/01/2004

Le regole servono

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di Laura del Vecchio

 

Sono tutti d'accordo. Da giorni non si fa che parlare di questo. Nel caos dei mercati si invocano nuove regole per la finanza. Ma non solo. Mai come in questi tempi si discute di regole: della politica, dell'economia, della convivenza civile. Non c'è trasmissione televisiva, anche leggera, che non ci intrattenga con le regole di un'alimentazione sana. Fino ad oggi veniva però considerato normale cercare di eludere un controllo, di contravvenire a un divieto. Ma i recenti tumulti di piazza stanno segnando un cambiamento di rotta nell’abitudinaria fuga dalle regole. I giovani chiedono certezza, regole chiare e condivise. La fiducia – in qualsiasi ambito – nasce dalla coerenza tra il dire e il fare. E invece nella giungla del “si salvi chi può”, perfino le banche non si fidano più delle banche: ci si sbrana tra simili. Nasce quindi il bisogno di trovare un sistema – di regole appunto - vincolante. Regole di condotta, codice deontologico, codice di autoregolamentazione: non si sente parlare di altro.

ttA quarant’anni dal ’68, paradossalmente, è dalla piazza che arriva un richiamo all’ordine. I giovani, soprattutto, sono quelli che più soffrono delle aspettative disattese e giustamente chiedono regole certe. Ma non sono i soli. Galleggiamo tutti in una pozza di insalubre paura. Paura di essere truffati o peggio ignorati. Fino a poco tempo fa la soluzione sembrava poter essere individuale, “ognuno per sé”. Ma s’è visto che non basta. L’intera umanità dolente ha bisogno di regole. Regole semplici e inalterabili. Prevedibili. Condivise. Io stessa ricordo di avere guardato con incredulo e divertito stupore il pedone giapponese che alle due di notte non attraversava – benché la strada fosse deserta - perché il semaforo era rosso. Ma ripensandoci, è giusto. Se è rosso è rosso. Che "rosso di sera" resti solo presagio di cieli sereni e non giustificazione per contravvenire a un divieto. Tanto è invalsa l’abitudine di venir meno alla parola data, che si invocano regole “vere” in contrapposizione a quelle di facciata. Perché le regole ci sono ma “per finta”: servono per continuare ad agire secondo convenienza. Mi chiedo cosa servirà ancora per capire quanto questo atteggiamento sia fallimentare. Quando lavoravo al Nikkei, se mi capitava di restare a casa perché malata non dovevo portare in ufficio nessun certificato. Semplicemente avvertivo: “Sto male, oggi non vengo”. Punto. Quando dovevo allontanarmi dall’ufficio per andare ad una riunione fuori, lo scrivevo su una lavagna. Quello era il mio “lascia passare”. Peccato che in questo clima di lavoro io mi ammalassi molto poco. E invece noi mettiamo i tornelli e imponiamo l’obbligo di certificato medico dal primo giorno. E’ come aggiungere a “vietato” fila ininterrotte di “severamente”. A cosa serve? Forse la chiave è altrove. Perché invece non dare fiducia e sanzionare con durezza solo ciò che lo necessita? Perché non coltivare il senso di responsabilità e di appartenenza?

Ironia della sorte erano proprio gli anni a cavallo della famosa crisi del ’29 – tra il 1924 e 1932 – quelli in cui Elton Mayo provava a vedere cosa succedesse dando retta ai lavoratori: guarda caso la produttività saliva. Le regole che servono oggi non sono forse regole di convivenza pacifica piuttosto che norme di ingaggio? Il premio Nobel della pace Martti Ahtisari intervistato ha dichiarato che non esiste conflitto che non si possa risolvere. Serve solo la volontà di sedersi intorno a un tavolo e fissare poche semplici regole. Nulla di nuovo - è dai tempi di Mosè che ci si prova – ma vale la pena non demordere.

 

Laura del Vecchio: Due lauree, Giurisprudenza con tesi in Economia a Roma e Commercio Internazionale a Le Havre; due specializzazioni, in Economia dei mercati asiatici e in Comunicazione; due esperienze “in azienda” come export manager per Fiat Auto Japan e per Danone; due esperienze “di penna” al quotidiano economico “Nikkei” e all’ISESAO della Bocconi: un “saper scrivere e far di conto” che ha finito per trovare buon uso all’Istituto nazionale per il Commercio Estero: attuale “ghost writer” del Presidente dell’ICE. Nata il 13 settembre del 1968: da poco compiuti…. due volte vent’anni.