ROMANTIROIR
di Raffaele Rizzo
(Entra lo scrittore patafisico. Porta con sé, ostentandolo, un grosso libro. Sfoglia qualche pagina e mostra che nel romanzo è celato un piccolo cassetto di legno. Lo tira fuori e ne estrae un foglietto: questo, che lo scrittore patafisico sta già leggendo per voi).
”E sì, io scrittore patafisico, in realtà sono uno stipettaio patafisico. Io ho un cassetto nel romanzo! Sono dunque maestro d’ascia della falegnameria d’autore”.
L’ho costruito mettendo insieme legni e legnetti presi da casa, da esperienze lignee paterne e materne, da trucioli, schegge e segature raccolti dalla strada e recuperati da odorose falegnamerie e segherie che frequentavo, e ancora frequento. Quelle segherie, dove le macchine all’opera, pare che ripetano all’infinito la lettera zeta.
Ne desideravo la pubblicazione: questo era, nel sogno, il mio cassetto; ma soltanto oggi si avvera l’epifanico evento.
Ho solo invertito i termini della regola, amante come sono, dell’eccezione. Ed ecco (li mostra), nel punto dove la creatività crea se stessa, il romanzo e il suo cassetto.
Ah, il mio cassetto, col fondo in bella carta fiorentina!
Ho scoperto che tanti hanno un sogno nel cassetto, e non sono mai riusciti a concretizzarlo. Ma fra tanti romanzieri e sognatori, io, unico, ho realizzato il mio progetto alternativo: ho un cassetto nel romanzo; sono un cassettiere.
A sera apro il libro e, tiratone fuori il mio cassetto, me lo porto fin nel letto. Come si può notare si tratta di un oggetto piccolo, un cassetto breve; un’opera d’avanguardia che fa riferimento alla corrente nouveau tiroir. L’incipit – che è il pomello d’apertura – è in bell’ottone antico e dà subito l’idea dell’intera fattura. Io giudico, al cinquanta per cento, dal pomello, la bellezza di un cassetto. Se l’incipit mi cattura, do tutta la mia disponibilità al prosieguo dell’attenzione.
Da osservare la sua lucida impiallacciatura e le sue splendide code di rondine!
L’odore della colla! I piccoli nodi marroncini sul legno compensato con le testine luccicanti dei chiodini infissi qua e là!
Il palpitare del suo legno mi fa avvertire brividi materici di stampo collodiano.
Si distingue ancora una macchia di caffè; di quella volta che appoggiai la tazzina per rispondere al telefono. Era l’editore che, dopo la seconda stuccatura delle bozze, mi chiedeva il visto s’inchiodi.
Per quanto abbia tentato, la spugna detersiva non ha compiuto il suo mandato: anzi ha allargato aloni e sberleffi maculanti.
Dotati di un buon olfatto si può avvertire ancora l’odore misto di resinacolladipescecaffèdetersivo.
Alla vista, nessun tarlo, né alcuna visibile vena che possa ricordare una ruvida corteccia madre!
È dunque con esso, come dicevo, che la sera me ne vado a letto, dove spesso, al mattino, mi ritrovo con la luce accesa e il cassetto sul naso.
Alla parete di fronte, in noce scuro e coi lucenti pomelli ben allineati, a far mostra di aver teneramente custodito il mio sonno, la vecchia romanziera!
maggio ’08
Raffaele Rizzo: vive e lavora a Napoli. Scrive per il teatro. Più recentemente, nel 2005, vince il concorso nazionale di microdrammaturgia di Porto San Giorgio con “L’ultima automobile”, rappresentata a quel festival. Vince anche la quarta edizione con “Quando le sedie di plastica bianca guardano le superstrade”. È stato presente, negli ultimi quattro anni, alla rassegna Museum teatro Napoli, organizzata da Libera Scena Ensemble, con suoi testi dei quali ha curato anche la regia. A maggio 2008 è invitato con il suo “Leggenda e cunto del libero merlo” al Festival Imaginarius di teatro di strada di S.M. La Feira, Portogallo. Si vanta di essere membro dell’Institutum Pataphysicum Phartenopeium col grado di Coordinatore Severissimo di Patapruriti oratori. Alcuni suoi lavori, in forma di teatro breve, animano serate patafisiche di quell’Institutum. Ha scritto “Le cipolle fanno ridere”: un bel libro di Calembours e manipolazioni linguistiche, molto apprezzato da nullafacenti e fannulloni (escluso forse Piccola Bruna).