Pulizie di Pasqua
Poiché aprile non è solo dolce dormire, ma anche rimboccarsi le maniche e fare ordine, mi chiedo se non sia il caso di approfittare di questo inizio di Primavera per fare delle pulizie di Pasqua un po’ fuori dal normale: nella nostra testa. Il sistema in cui viviamo è tale che tutti prima o poi inciampiamo nelle scorie emotive che quotidianamente produciamo e che giorno dopo giorno si accumulano negli angoli della nostra vita: frustrate critiche e lamentele, per lo più.
Ci sono momenti in cui lo sfogo aiuta, ma è vero anche che assuefa. Il borbottare continuo non porta a nulla. E’ un dissipare indignazione necessaria invece per agire. Dove al contrario il danno è meno grave, lagnarsene ne ingigantisce il potere. Insomma, guarire per smettere di curare. Se un rimbrotto ogni tanto lenisce il senso di frustrazione, il lamento inconcludente ci fa cadere nella convinzione che quello sia lo stato naturale delle cose. Mi piacerebbe invece potere immaginare un vivere sociale fatto di conflitto ma anche del suo opposto: di armonia.
Scalciare a destra e manca ci isola in un’illusoria salvezza individuale: solo temporanea e senza scampo. Sarebbe forse opportuno immaginare forme di civile convivenza in cui l’altro non sia solo un disturbo o uno svantaggio. Ma neppure solo una risorsa o uno strumento. Convivere senza incombere o soccombere.
Impossibile? In fondo le utopie sono belle perché irrealizzabili, irrealizzabili perché grandiose. E se elevassimo la soglia delle nostre aspirazioni? Il peggior nemico del cambiamento è l’abitudine al rimpianto. Basta poco: alzare lo sguardo dal nostro piccolo dramma quotidiano e vedere che è solo una questione di metodo. Non esiste ostacolo insormontabile che non sia almeno aggirabile. Al Gore intervistato di recente sulla sua Current TV, ci ricorda che non è determinante cosa ci accade ma come reagiamo.
Resilience è del resto il termine più in voga in questi ultimi tempi: originariamente indica la capacità di un materiale di assorbire l’energia deformante di una compressione o di una trazione per poi restituirla quando questa viene meno. In natura l’esempio migliore di un materiale di questo genere è la cartilagine. In senso lato indica la capacità di ripresa dopo un trauma psicologico importante. Quando il caos impera, sapersi tirare fuori da un groviglio di eventi sfavorevoli senza riportarne ferite mortali diventa un talento prezioso. Vano, oggi giorno, sperare di avere il totale controllo sulla propria vita: più utile sapersi organizzare con un bagaglio leggero per viaggiare agili tra le vicissitudini. Poche cose, essenziali, ben disposte e pronte all’uso: questa la regola per il fante dei tempi moderni che voglia riportare a casa la pelle. Bisogna perciò liberarsi di tutto quello che appesantisce e rallenta. Fare quindi un miglior uso delle risorse emotive e non solo finanziarie. Solo così, tra l’altro, sarà possibile accumulare un di più di energie da donare, se necessario, a chi ci chiede una mano.
Quello che vale per il singolo vale per l’intera comunità e lo Stato in testa. Una società più solidale è possibile, ma non può prescindere da un riordino generale che liberi energie e faccia spazio a un vivere meno stretto. Di solito riordinare o meno non è una questione di scelta ma di necessità. Io penso che in questo aprile di fine decennio sia venuto il momento di mettere mano allo spazzolone imponendosi soprattutto un po’ di rigore per non tornare a sporcare dove si è appena passato.
Laura del Vecchio: Due lauree, Giurisprudenza con tesi in Economia a Roma e Commercio Internazionale a Le Havre; due specializzazioni, in Economia dei mercati asiatici e in Comunicazione; due esperienze “in azienda” come export manager per Fiat Auto Japan e per Danone; due esperienze “di penna” al quotidiano economico “Nikkei” e all’ISESAO della Bocconi: un “saper scrivere e far di conto” che ha finito per trovare buon uso all’Istituto nazionale per il Commercio Estero. Nata il 13 settembre del 1968: da poco compiuti…. due volte vent’anni