Numero 52 Registrazione al tribunale di Roma N° 3/2004 del 14/01/2004

Kant e la customer experience

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di Luca Massacesi e Armando Castaldo

 


“Il cliente è l’elemento centrale del marketing: senza cliente non esisterebbero né azienda né marketing. Eppure se si sfoglia qualsiasi libro sull’argomento (customer experience) ci si può facilmente accorgere che gli strumenti e le metodologie con cui operare in tal senso praticamente non esistono”
Bernd Schmitt


yyLa customer experience sembra essere oggi la strategia migliore da implementare nelle aziende.

Rappresenta il punto d’arrivo di un lungo processo di cambiamento delle tecniche di management, iniziato negli anni Novanta, durante il quale si è verificato un passaggio dalla focalizzazione sul prodotto all’orientamento verso il consumatore. Una vera e propria rivoluzione copernicana in cui al centro della relazione tra l’azienda e il cliente è posta l’esperienza di quest’ultimo. Nel marketing esperienziale diventa centrale l’esperienza in sé: non il prodotto, ma l’esperienza collegata all’uso di quel prodotto. L’implementazione della customer experience in un’azienda prevede l’applicazione di procedure specifiche e richiede cambiamenti sostanziali nei comportamenti del personale. Guardare ai momenti d’interazione con l’azienda utilizzando il “punto di vista del cliente”, mappare i vari processi del suo “viaggio”, “ascoltare la sua voce” attraverso indagini telefoniche specifiche sono le azioni che permettono di mettersi nei panni del cliente. Tutte azioni che richiedono cambiamenti sostanziali anche in un’azienda con già sviluppata una mentalità orientata al cliente, sensibile alle sue richieste e all’esigenze espresse. Occuparsi di customer experience vuol dire occuparsi della forma mentis delle persone che lavorano in un’azienda.

«Come mai quest’anno la customer experience è stato il tema da approfondire più richiesto per i nostri eventi di marketing? E ancora perché il novanta per cento dei senior executives di aziende leader in Usa hanno risposto ad un importante sondaggio indicando la customer experience come prioritaria nelle loro strategie 2010?»
Questi interrogativi se li è posti la Business International, la società di informazione, formazione e consulenza che oltre alla Tavola rotonda con il Governo italiano e alle attività di benchmarking organizza ogni anno duecento eventi in diversi settori del mercato e in diverse aree specialistiche.
E ce li siamo posti anche noi!

 

La rivoluzione copernicana: il cambio di prospettiva
Da anni stiamo assistendo ad un’inversione di rotta per quel che riguarda le relazioni esistenti tra le imprese ed i propri clienti. Si è verificato un passaggio dalla focalizzazione sul prodotto, all’orientamento verso il consumatore. Si tratta di una vera e propria rivoluzione copernicana nel mondo del business. La centralità del cliente è ormai un aspetto consolidato nella cultura del marketing. Eppure, ad oggi, il marketing tradizionale ancora soffre della mancanza di una metodologia che davvero prenda sul serio il cliente. Una risposta a questa carenza sembra esserci: stiamo parlando della customer experience. (secondo Bernd Schmitt(1)). Schmitt teorizza un nuovo paradigma, quello dell’esperienza.
Nel marketing esperienziale diventa centrale l’esperienza in sé. Non il prodotto, uno shampoo per esempio, ma l’esperienza di lavarsi i capelli con quello shampoo: di sentirne l’odore, di far passare le dita tra i capelli appena lavati. Il valore è, secondo Schmitt, l’esperienza complessiva del cliente. Alcuni studi empirici mostrano, infatti, che gli annunci pubblicitari, i punti vendita e i siti web quando sono esperienziali determinano impressioni più forti, atteggiamenti più positivi e generano maggiori “intenzioni” d’acquisto.

La diffusione della customer experience è l’effetto di un cambiamento iniziato una quindicina di anni fa che si sta registrando nel mondo aziendale. Customer care, customer loyalty, customer satisfaction, customer relationship, customer service e varie strategie analoghe da anni vengono applicate nelle varie imprese, talvolta l’una evoluzione dell’altra. Tutti modelli che hanno l’obiettivo di mettere al centro della relazione il cliente.
La customer experience sembra essere il punto d’arrivo di questo lungo processo di cambiamento.
Nella customer experience infatti viene posta attenzione a tutti gli elementi che concorrono a formare in lui il processo decisionale, l’acquisto e l’uso continuato nel tempo di un certo prodotto o dei prodotti e dei servizi di una certa azienda.

Parafrasando il filosofo tedesco Immanuel Kant (1724-1804), abbiamo assistito e stiamo assistendo ad una vera e propria rivoluzione copernicana per quel che riguarda il rapporto azienda-cliente. Laddove Kant, rivoluzionando il modello conoscitivo della filosofia precedente, ribaltava i rapporti di conoscenza tra soggetto e oggetto, allo stesso modo la customer experience non pone al centro della relazione il prodotto o il servizio offerto dall’impresa, com’era consueto fare, ma l’esperienza del cliente.
Kant riprese il concetto di rivoluzione copernicana per applicarlo al suo ribaltamento della prospettiva filosofica. Contrariamente al senso comune del suo periodo, secondo cui l’uomo doveva adattare i propri schemi mentali (le categorie aristoteliche) agli oggetti da conoscere, Kant si propose di dimostrare che la nostra ragione gioca un ruolo fortemente attivo nel metodo conoscitivo; le proposizioni scientifiche in grado di ampliare il nostro sapere sul mondo, cioè, non si limitano a recepire passivamente dei dati, ma sono di natura critica e deduttiva. Sono i nostri schemi mentali che determinano il modo in cui un oggetto viene percepito. Come Copernico aveva messo il Sole, e non la Terra, al centro dell’universo, così Kant intendeva collocare il soggetto umano al centro del processo conoscitivo(2).

Analogamente, potremmo azzardare, la customer experience compie la stessa operazione riguardo al rapporto tra il cliente e l’impresa, in quanto il cliente diventa l’elemento centrale, di interesse e di studio della relazione.

 

La customer experience
Che cos’è allora la customer experience?

I più sbrigativi la definirebbero come “il servizio clienti“, la funzione aziendale che, unendo pazienza e diplomazia, è deputata ad ascoltare e leggere lamentele e, raramente, suggerimenti dei clienti cercando di rispondere a tutti accontentandone il maggior numero possibile.

Niente di più sbagliato, come approccio e come definizione.
In realtà il servizio clienti non è che uno degli elementi che contribuiscono a creare la customer experience che possiamo definire come il grado di percezione che i clienti hanno delle loro interazioni con un’organizzazione, quindi come una situazione in cui sono i clienti il vero punto forte della relazione con un’azienda in quanto detentori della componente emozionale(3).

Lavorare sulla customer experience significa far sì che il cliente, in tutte le interazioni con l’azienda, ne esca con una sensazione di soddisfazione; abbia la consapevolezza di aver raggiunto i propri obiettivi e in ultima analisi attribuisca valore a quella interazione(4).  Per questo motivo la customer experience non può essere introdotta in un’azienda se non con un intervento trasversale che coinvolge tutte le componenti e tutti i servizi dell’azienda stessa.
Puf! Piacevole, utile e facile, queste devono essere le conclusioni che ciascun cliente ha quando entra in contatto con un’azienda. Il rapporto deve risultare, per il cliente, piacevole, utile e facile.

Adottare una strategia customer experience consente di comprendere le esigenze reali del cliente perché implica che l’azienda ragioni con la sua testa. L’azienda deve conoscere bene il contenuto esperienziale del suo potenziale cliente. L’adozione dunque di un comportamento customer experience comporta lo sviluppo propedeutico di un altro concetto fondamentale: l’ascolto.

 

La voce del cliente
Nel percorso verso la realizzazione di una “customer experience positiva e differenziante” (Luzi), l’ascolto del cliente della voce del cliente è indispensabile per un’azienda. Questa deve dotarsi di strumenti che le permettano di essere “connessa” al cliente, di mantenere cioè nel tempo la capacità di ascoltare la voce del cliente(5) e capire a cosa questi attribuisce valore. Si parte quindi dal cliente con l’obiettivo di arrivare di nuovo a lui con una performance estremamente soddisfacente.

 

Il “viaggio del cliente”
La customer experience si occupa dell’intero “viaggio del cliente” o, come usando le parole di Cristiana Luzi(6) “il ciclo di vita del cliente” con un’azienda. Momento fondamentale di questa strategia è anche quello di guardare all’esperienza del cliente nelle varie fasi del processo, utilizzando “il punto di vista” dello stesso. Solo in questo modo, rivivendo tutti i passaggi della relazione con il cliente, tutti i momenti di interazione con il cliente, l’azienda può avere una reale percezione del servizio offerto.
Non sempre la percezione che le imprese hanno sul grado di soddisfazione raggiunto dai consumatori corrisponde con quello reale. Recenti indagini dimostrano che la maggior parte delle imprese studiate, ritengono di avere fornito ai clienti un’esperienza “superiore”, ma la maggior parte dei clienti non concorda.

 

Il passaparola
Per un solido processo d’ascolto del cliente è necessario capire realmente chi questi è realmente, ovvero chi decide e chi influenza l’acquisto e provare ad utilizzare tutte le fonti di rilevazione della voce “spontanea” dello stesso.

Questa considerazione ci porta a parlare dell’accresciuta importanza del passaparola. Per passaparola s’intende in genere una comunicazione orale face-to-face ma, con l’evoluzione dei mass media, vengono incluse nella definizione di passaparola anche le conversazioni telefoniche, i messaggi di testo inviati tramite sms o il web, i post nei blog, nelle community, i messaggi istantanei e le e-mail o qualsiasi altro messaggio che permetta un’interazione tra persone (wikipedia). Con l’esplosione di internet, il passaparola (in inglese word of mouth) sta acquisendo un’importanza sempre maggiore. Laddove ieri ogni cliente scontento sarebbe riuscito a trasmettere questa sua negatività a una decina di amici oggi, con internet e, in modo particolare con i social network (basti pensare a facebook) riesce a comunicarlo a centinaia “amici”. Il passaparola è dunque sempre più un elemento imprescindibile per ogni azienda: “è il fattore di marketing più importante al mondo”(7). Lo diceva Gordon Weaver nel 1984, quando la rete contò il collegamento del millesimo computer. Analizzare l’esperienza del cliente vuol dire anche misurarla. Uno degli strumenti

usati per misurare la valutazione del cliente, cioè il suo grado di soddisfazione riguardo la sua relazione con un’impresa è il Net promoter score (Nps).

 

Il Net promoter score
Il Nps indica la propensione dei clienti a farsi promotori attivi dell’azienda. È un modello di misurazione della fedeltà del cliente sviluppato e registrato dalla Fred Reichhheld, Bain & company e dalla Satmetrix nel 2003. Utilizza poche semplici domande, aumentando tasso di risposta e significatività, riduce i tempi di elaborazione ed analisi, permettendo che il feedback arrivi al personale di contatto nei tempi utili per agire. L’indice Nps infatti misura la differenza tra il numero di persone che hanno un giudizio positivo di una marca (promotori) e il numero di quelle che hanno un giudizio negativo (detrattori).
Le domande poste ai clienti per effettuare questo sondaggio sono semplici ed immediate:

  1. con che probabilità raccomanderebbe la nostra società a un amico o collega? (il cliente può rispondere a questa domanda utilizzando una scala da uno a dieci)
  2. può gentilmente indicare il motivo principale per cui ha indicato questa valutazione?
  3. qual è il miglioramento più importante che le nostra società dovrebbe apportare per mantenere un punteggio compreso tra nove e dieci?

Questa metodologia permette di misurare la probabilità della raccomandazione futura, provando ad anticipare gli effetti del conseguente passaparola. È uno strumento utilizzato oggi da molte aziende per valutare la propria performance e quindi migliorarla laddove i risultati del test lo richiedano. Quindi il Nps sembra essere qualcosa di più che un freddo strumento di calcolo.

 

Customer experience in Ethos
L’otto marzo di quest’anno Ethos, un gruppo leader nel mercato assicurativo della persona, specializzata nel studiare e proporre sul mercato polizze collettive costruite su misura per liberi professionisti e medici ha avviato un progetto di customer experience con l’obiettivo di far crescere in tutta l’azienda la mentalità orientata al cliente, rendendola ancor più, ma soprattutto in modo capillare, sensibile alle sue esigenze e al suo punto di vista.
I risultati e il resoconto dell’andamento di questo progetto saranno il centro del prossimo intervento che, sempre su questa testata, proporremo il prossimo mese, individuando gli interventi metodologici replicabili da altre organizzazioni e che hanno portato ai migliori risultati.

 

Note

1. B. Schmitt è professore di International Business alla Columbia Business School e autore di libri, come “Customer Experience Management”(2003) e “Experiential Marketing” (in italiano è disponibile “Marketing esperienziale”, scritto in collaborazione con Mauro Ferraresi, Franco Angeli).
2. Kant, Prefazione alla critica della ragion pura (1787), Laterza, Roma-Bari 2000).
3. Socialmedia marketing.it (Enzo Santagata)
4. Cristiana Luzi
5. Voc: la “voce del cliente”, che il cliente invia sul prodotto o sul servizio ed in generale sull’esperienza con l’azienda
6. Cristiana Luzi, program manager del progetto “La voce del cliente” in Ethos.
7. Gordon Weaver della Paramount Pictures, citazione tratta dal Wall Street Journal, 1984.

 

 

 

Luca Massacesi Giornalista e urbanista, si occupa, da una ventina d’anni, di strategie di comunicazione e politiche di comportamenti e di gestione del cambiamento nelle strutture sociali. È allievo di Fabrizio Giovenale, Giorgio Nebbia, Federico Spantigati e Italo Capizzi. Nel 1990, ha costituito Aaland l’arcipelago della comunicazione, del quale è presidente. E’ consulente senior di Community of management consultants e vicepresidente nazionale di Labsus il laboratorio per la sussidiarietà orizzontale Dal 1998 ad oggi ha progettato e diretto oltre una ventina di siti e portali. Ha pubblicato oltre 50 saggi o pubblicazioni sui temi dell’organizzazione sociale, della comunicazione, dell’interesse generale, della formazione, dell’evoluzione dei media, dei processi inclusivi. E’ iscritto all’ordine dei giornalisti, all’Apco (consulenti di direzione), all’Aif (formatori), alla Ferpi (relazioni pubbliche). E’ il direttore di Officine Einstein.

Armando Castaldo Laureando in filosofia, che sta lavorando alla tesi, su un tema attinente il comportamento umano. Ho studiato la concezione del corpo di Hobbes, confrontandola con quella di Cartesio, ed ha, in particolare, approfondito quella di Feuerbach. In particolare, è interessato a trovare una connessione tra le teorie filosofiche (sul comportamento umano) e la pratica della comunicazione (che si pone l’obiettivo di influenzare il comportamento degli uomini; e a come queste possono essere messe al servizio di un’azienda, essere cioè applicate a fini produttivi. Collabora con OfficineEinstein e segue il progetto della customer experience in Ethos, azienda per la quale OfficineEinstein, cura la comunicazione.