GENS 2.0(1) ovvero… FENICOTTERI EFFIMERI
Identità, etica e responsabilità nel mondo dematerializzato che… è qui!
Alle soglie del III millennio viviamo in epoca di profonda trasformazione caratterizzata dal passaggio dalla società industriale a quella post-industriale dell’informazione. Tale trasformazione può essere definita come mutamento dal "mondo degli atomi al mondo dei bit". Uno dei risultati di questi cambiamenti è, secondo alcuni, la modificazione del rapporto tra spazio e tempo. Ma sarà proprio vero che Internet e in generale il mondo digitale e le innovazioni tecnologiche degli ultimi decenni modificano qualcosa di relativo allo spazio e al tempo? Vediamo cosa dicono al riguardo(2) Derrik De Kerkhove e Pierre Levy, due filosofi che si occupano di intelligenza digitale e cultura virtuale.
Alla domanda “In che modo Internet ha cambiato il concetto di spazio e di tempo?” ecco come hanno risposto i due ricercatori.
dell'esperienza. Potrei citare l'esempio di una linea ferroviaria. Dal momento in cui passa una linea ferroviaria tra due città, lo spazio si modifica, ed è come se le due città fossero più vicine; non viene modificato il concetto di spazio tra le due città, ma lo spazio come "veicolo". Per "veicolo" intendo l'ultima prossimità reale tra le due città.
[…omissis]
“Lei ha creato il concetto di “intelligenza connettiva” e Pierre Levy quello di “intelligenza collettiva”. Qual è la differenza tra questi due principi?”
(De Kerckohove) Quello di intelligenza collettiva è stato non il primo concetto ma la prima percezione che abbiamo avuto io e Pierre durante uno dei colloqui di Amsterdam. Solo una settimana più tardi Joséphine Grim mi riferì che Levy aveva pubblicato il libro sull'intelligenza collettiva. Abbiamo continuato a citare Levy per mesi perché "l'intelligenza collettiva" era un concetto troppo importante. L'anno seguente praticavo già il metodo dell'intelligenza connettiva ma la chiamavo ancora collettiva citando Levy. Un'artista australiano mi disse che io non esprimevo l'idea di una intelligenza collettiva, perché faceva riferimento, nelle mie riflessioni, a un sistema di connessione aperta. Non si trattava di riferirsi a un contenitore chiuso, ma a una connessione da persona a persona all'interno di una rete molto specifica. Questa connessione con la sua specificità che non sta nel contenitore collettivo di un sapere, di una conoscenza, di uno scambio, mi suggerì di chiamarla "connettiva". L'ho ringraziato perché mi ha reso un grande servizio. Ora posso dire il suo nome: Ross Harly. Ha creato per me questo concetto d'intelligenza connettiva e non ho l'intenzione di monopolizzare né l'invenzione né nient'altro. Questo concetto è formidabile per capire questi processi che la tecnologia digitale ha apportato, e mi ha permesso di scoprire l'intelligenza, o, meglio, l'inconscio connettivo ricco di possibilità. Continuo a prender ispirazione dal lavoro di Levy e cerco di coinvolgerlo alla pratica diretta tramite l'intelligenza connettiva.
Comunicazione interattiva
(Informare non è Comunicare)
Una realtà Aziendale non può che trovare giovamento dall'utilizzo delle tecnologie multimediali applicate alla comunicazione.
Per cercare di chiarire meglio quest'affermazione si farà una lieve digressione a carattere interdisciplinare.
Lo studioso di problemi semantici e linguistici J. Sigmundsson, nel suo trattato "Sistemi e semantica del linguaggio" afferma che comunicare è la facoltà di trasmettere, trasferire ed anche far sentire (o far vedere) all'esterno ciò che è dentro di noi. Egli sottolinea come il concetto di comunicazione implichi necessariamente il fatto che il mondo esterno recepisca e comprenda il messaggio.
La sola ricezione o percezione è da definirsi come semplice informazione!
Sigmundsson distingue una fonte di trasmissione ed un destinatario, i due soggetti attivi della comunicazione. Tra di essi transita il cosiddetto messaggio, il quale, a sua volta, è soggetto al mezzo di trasmissione, al canale di comunicazione ed allo strumento di ricezione.
In questo schematismo, la fonte di trasmissione è il soggetto più importante, giacché è quello che dà origine a tutto il processo.
Il messaggio può essere di varia natura e contenuto, ma è sempre l'insieme di ciò che la fonte di trasmissione si prefigge di far conoscere al destinatario. Il messaggio è l'estrinsecazione della volontà di chi trasmette, attraverso un codice convenzionale noto ad entrambi i soggetti.
I mezzi di trasmissione sono quelli ai quali ci si affida per trasmettere il messaggio dalla fonte al destinatario. Il mezzo di trasmissione usato in una comunicazione può essere unico o composito, in ogni caso vario.
Il canale di comunicazione è in diretta relazione al mezzo trasmissivo utilizzato.
Gli strumenti di ricezione sono quei mezzi che il destinatario ha per raccogliere il messaggio, siano essi propri o artificiali.
Il destinatario, il secondo importante soggetto, è l'entità vivente ed intelligente a cui il messaggio è indirizzato ed è colui il quale ha potenzialmente (o si presuppone che abbia) la facoltà di ricevere, comprendere e valutare.
Il destinatario è l'oggetto della comunicazione, colui che, interpretato e compreso il messaggio, agirà per dimostrare la avvenuta ricezione ed interpretazione-acquisizione dei concetti. Il destinatario è importante anche perché il risultato del processo comunicativo è in corrispondenza diretta a diversi fattori: ricezione completa, condizioni momentanee del destinatario stesso, interesse al messaggio, desiderio di rispondere o comunicare l'avvenuta ricezione.
Come si può intuire da questa breve sintesi, il processo comunicativo espresso dallo studioso svedese è un processo "universale" che può essere applicato nei più svariati contesti.
Nello specifico la digressione(3) che si è appena analizzata permette di trasporre i concetti espressi dal "generico" alla "Comunicazione Aziendale" che qui si vuole descrivere.
I tradizionali mass media offrono, nella quasi totalità dei casi, informazione e non permettono una reale comunicazione.
Le nuove tecnologie multimediali sono indirizzate al soddisfacimento di questo fabbisogno di comunicazione.
Le nuove tecnologie rendono attivi sia il soggetto comunicante che quello ricevente. Il telefonino esemplifica perfettamente questa nuova dimensione. Può essere infatti considerato come il prototipo, in continua evoluzione, di una sorta di Unità Personale di Comunicazione(4), cioè lo strumento minimo per consentire all'utente una connessione con una qualsiasi struttura comunicativa. Una funzione i cui primi passi sono stati teorizzati già diversi anni fa, come ben sapeva già allora uno di noi, che negli anni ’90 insieme e per conto di un Pool di Aziende Pubbliche ideò specifici progetti di sperimentazione attiva.
Nel divenire degli studi l’osservazione comportamentale ed antropologica ha suggerito di integrare le metodiche di comunicazione normalmente utilizzate, proprio grazie all’uso delle potenzialità offerte dalla telefonia mobile wireless.
Si è conseguentemente sviluppato il concetto di “Unità Personale di Comunicazione”.
ampiamente infrastrutture quali Internet e telefonia mobile. A fine 2004 si scriveva(5) che nel nostro Paese i “telefonini” si sono diffusi con un ritmo esponenziale unitamente ai “servizi” aggiuntivi offerti dai vari Gestori; il tutto ha conseguentemente dato un notevole impulso alla creazione di una “comunicazione personale e personalizzabile”. E' stato già nel 1998 che, tramite il Progetto di Comunicazione Globale di See.it, si è sviluppato proprio il concetto di Unità Personale di Comunicazione (Personal Communication Unity) intendendo rappresentare lo strumento tecnologico minimo atto all'interconnessione personale con una struttura comunicativa, sia essa in fonia o in dati. Il “telefonino”, allo stato attuale dell'arte, contiene in sé tutte queste potenzialità.
Per dar corso ad una fase di pre-sperimentazione (1997-1998) si è optato di analizzare un ristretto numero di U.P.C. fra loro interconnessi in “lista di distribuzione”.
Con il termine “lista di distribuzione” si è inteso identificare un insieme di persone (ognuna dotata di proprio telefono cellulare – U.P.C.) accomunate fra loro dal fatto di appartenere ad un “network virtuale” ove un singolo “breve messaggio di testo – sms” viene contemporaneamente distribuito a tutti i membri della lista stessa.
La limitatezza del numero di “caratteri” (max. 160 per singolo sms) e la necessità di implementare servizi più evoluti, ha indotto allo studio del Wireless Mark up Language: si era a metà del 1999. Tramite una sinergia con il Dipartimento di Scienze dell’Informazione dell’Università degli Studi di Milano si è potuto inserire fra le Tesi di Diploma in Informatica una inerente proprio la realizzazione di un “sistema integrato wireless per la gestione di informazioni WAP”.
Grazie a questo Progetto, in sinergia con l’Azienda Ospedaliera Istituto Ortopedico Gaetano Pini di Milano si è realizzato nel 2001 il primo wap server europeo(6) inteso ad “incentivare la creazione della prossima generazione di servizi d'interesse generale di facile impiego, affidabili, economicamente efficaci e interoperabili, in grado di rispondere alle esigenze degli utenti, in particolare per quanto riguarda l'accesso alle informazioni a prescindere dal luogo e dal momento”, in sintonia con le direttive elaborate dall’Unione Europea nel contesto dei propri Piani Strategici 5° Programma Quadro 1999-2003.
In tal modo l’utente ha potuto disporre di molteplici punti di contatto con le strutture erogatrici di Servizi di pubblica utilità, avendo massima flessibilità nella scelta del canale ritenuto più adatto a soddisfare le necessità di una propria corretta informazione.
Ecco cosa scriveva il Corriere della Sera(7) “L' Istituto Ortopedico Gaetano Pini ha realizzato il primo wap server europeo. Con un cellulare wap, compariranno sul visore tutte le informazioni utili: come prenotare una visita, accedere ad un ambulatorio, prendere un bus, sapere gli orari di visita ai degenti.”
Il problema dell’autorevolezza…
Ma nella prospettiva di una comunicazione a due vie in cui il destinatario e il ricevente si possono continuamente scambiare i ruoli, gli utenti non sono solo fruitori di
contenuti, cui hanno accesso in maniera sempre più facile e completa, ma possono anche, a loro volta, generarli. Ciò pone però un problema di autorevolezza. Cosa intendiamo dire con questo?
Come abbiamo scritto in altro studio(8), la nostra civiltà e tutti i suoi attori, sono ormai da secoli abituati a pensare che ciò che rende un uomo credibile ed autorevole, ovvero un leader oppure un autore (e troviamo interessante che questi due concetti trovino tra loro segrete analogie) siano in ultima analisi le 11 virtù etiche aristoteliche, già riprese, all’alba della nostra era, da Dante nel suo Convivio per fondare la “nobiltà” spirituale dell’uomo moderno, come pure, ai tempi moderni, da un importante pensatore di teoria delle organizzazioni come Stephen Covey, per caratterizzare per l’appunto le qualità dei leader.
Quali sono queste virtù? Per comodità del lettore le elenchiamo: fortezza, temperanza, liberalità, magnificenza, magnanimità, senso dell’onore, mansuetudine, affabilità, verità, buon umore e giustizia.
Ora, va detto che con ogni probabilità oggi tutto questo non basta più, per lo meno non nel modo “tradizionale”. Lo si può comprendere a partire dalla considerazione che nel mondo di oggi, tanto pratico che teorico, ovvero tanto nell’azione quanto nel pensiero, non si danno più gerarchie definite una volta per tutte, né si da più un “tutto” (sia attuale che potenziale) a cui riferirsi, ma caso mai, piuttosto una situazione di continua turbolenza. Alludiamo a quanto modellizzano, tra l’altro, le teorie dei sistemi complessi, ovvero, per dirla sinteticamente con un’immagine tratta da una battuta di Gregory Bateson(9): il mondo meccanico e meccanicistico del biliardo con stecche e bocce d’avorio è finito, e oggi siamo nel mondo del golf di Alice, dove le mazze sono fenicotteri e le palle porcospini, dove nulla sta fermo e tutto si muove…
Insomma, per quanto la credibilità, l’autorevolezza, l’autorictas, ovvero l’essere autori(10), siano oggi legati, esattamente come un tempo, a grande potenza di calcolo (cultura, informazione), così come a capacità di connettività (a basi di dati, a altri soggetti) e a partecipazione (a scenari e scelte, valori e strategie comuni) … tuttavia pare che oggi il concetto e il comportamento che corrispondono alla parola “nobiltà” non siano molto stabili e reperibili. Insomma: chi è mai oggi il nobiluomo, colui che ha gentilezza(11) (ovvero le 11 virtù di cui sopra) nel mondo imprevedibile e stralunato della gens(12) 2.0?
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In altri termini l’idea di “totalizzare” o “assolutizzare” le virtù aristoteliche non basta più… perché non è per nulla stabile la loro definizione e riconoscibilità nei diversi contesti. Tali virtù non hanno più un assetto lineare, ma per l’appunto complesso, tant’è vero che di volta in volta abbiamo serissime difficoltà a stabilire se un certo comportamento è stato “virtuoso” oppure, al contrario, “viziato”. E a fronte di questa incertezza applicativa sui principi, infatti, proliferano comportamenti illegali o
irregolari, tant’è che per esempio nei social network sono frequenti falsità e fesserie, notizie inventate di sana pianta e avatar più o meno truffaldini, fake, imbrogli e black hole… per non parlare dell’attendibilità delle notizie “ufficiali”, come appare con estrema chiarezza quando vi sono guerre, catastrofi o attacchi terroristici. Insomma chi e come è, oggi, nel mondo del networking digitale, autorevole e credibile?
Come dice Clay Shirkly, consulente e professore presso l’Interactive Telecommunications Program della NYU “sia l’anonimato sia il numero dei partecipanti al dibattito riducono quella che Robert Axelrod chiama ‘l’ombra del futuro’ – la percezione del fatto che le nostre azioni produrranno delle conseguenze”(13). Insomma, come sostiene anche Shirkly nello stesso articolo da cui abbiamo tratto la citazione, ci vogliono regole che comportino responsabilità. Ma la responsabilità implica identificabilità e stabilità dell’identità.
Verso cosa?
In definitiva tutto si gioca all’insegna dell'incertezza. L’identità progettata, posta nel futuro, l’idea che quello che dico o faccio oggi mi potrà venire imputato domani ci ricorda lo statuto dell’obiettivo nella strategia: è posto come ciò che sappiamo di volere raggiungere ma in realtà lo stratega non sa mai come finirà la sua storia e l’intelligenza strategica cela in sé una sorta di contraddizione – o per meglio dire un paradosso - perché una strategia si formula proprio in quanto l’obiettivo è incerto (e quindi può cambiare). Come dice il filosofo Jacques Derrida “la decisione di scommettere è tale proprio perché non si sa se alla fine la scommessa strategica sarà quella giusta o la migliore”(14).
Per questo crediamo che la questione dell’identità, sia centrale per quanto riguarda il mondo che sta arrivando: non a caso oggi possiamo cambiare sesso… e non sappiamo se per esempio in futuro si potranno avere diverse identità, o cambiarle… (da questo punto di vista fenomeni come Second Life o il successo di un film come Avatar sembrano essere forse timide, grezze, profezie…).
Di chi ci possiamo fidare? E quanto?
In definitiva, anche qui, ovvero al cospetto dell’intreccio tra etica, responsabilità e identità nel mondo del networking digitale (e anche qui, per i collegamenti tra i termini, ci piace rimandare a Foucault(15)) valgono le parole di Edgar Morin: “nulla è promesso in anticipo, nulla è garantito, né da Dio né dalla Storia. Il pensiero è incerto. La conoscenza della società è incertissima. L’azione è incerta (alea, derive, inversioni di senso, reazioni). Ogni cambiamento, ogni rottura del tessuto sociale comporta rischi e possibilità all’inizio ignote. Ciò significa che nel pensiero, nella credenza e nell’azione, dobbiamo sapere vivere nell’incertezza: che non è soltanto tollerare, ma è anche dialogare con e lavorare con l’incertezza”(16).
Ed è quindi sul confine tra virtù/eccesso, verità/errore, identità/alienazione che oggi si produce senso e si accede al mondo. Un mondo incerto, rischioso e pieno di pieghe, di nuovi possibili e opportunità. Un mondo dove il nobile essere umano deve costruirsi, deve immaginare, un nuovo modo di avere un’identità.
Benvenuti in Gens 3.0!
Ecco il Video presentato al WorkShop “Intelligenza Strategica” 2011
Durata: 6 minuti e 53 secondi
dott.sa Giulia Barbieri, Associazione Scientifica Fatateam,
dott. Paolo Cervari, Cervari Consulting,
dr. Adelio Schieroni, Associazione telematica EgoCreaNet,
Vi segnaliamo inoltre:
http://www.agam.info/
AGAM è l'acronimo di Architectural, Graphics, Advertising, Multidisciplinarity. Rappresenta un'idea, una filosofia di lavoro, un momento di condivisione della conoscenza, uno strumento operativo... ed anche uno stile di vita. Dalla costante interazione e sinergia tra Università e mondo civile è nata l'esigenza di rafforzare l'immagine del pool, i concetti di coesione, il coordinamento delle iniziative in atto.
note
1. Relazione di accompagnamento al Video presentato dagli autori al WorkShop: "Intelligenza Strategica: per lo sviluppo della Società della Conoscenza", Settimana Internazionale del Cervello - 19 marzo 2011 Firenze.
Nell'ambito delle celebrazioni del 150° anniversario dell'Unità d'Italia, una giornata di condivisione delle conoscenze sul cambiamento culturale ed economico che la comunicazione digitale induce nella società contemporanea.
Workshop organizzato da LRE Università di Firenze - EgoCreaNet e Nove da Firenze - Giornale on line.
2. Fonte: De Kerkhove e Pierre Levy: intelligenza e cultura virtuale, due filosofi a confronto http://www.repubblica.it/online/internet/mediamente/levy/levy.html - (27 luglio 1998)
3 Convegno CEGOS 1996 - Milano – RELAZIONE ”Come utilizzare Internet per snellire le operazioni di front office” - Fabio Lazzaro, Adelio Schieroni
4. U.P.C. in acronimo italiano, P.C.U. (Personal Communication Unity) in inglese. © See.it
5. Farini 9 – Periodico della Fondazione ATM di Milano, anno 4, n. 6 Novembre – Dicembre 2004; Francesco Caroprese, Adelio Schieroni: “Progetto Integrato di Comunicazione”.
6. "Progetto di Comunicazione Globale - U.P.C. : SEEbyWAP", ideato da See.it in stretta sinergia con il · Laboratorio di Ricerca Educativa, Università degli Studi di Firenze, l’ Associazione telematica EgoCreaNET e l’Associazione scientifica per l’utilizzo interdisciplinare delle tecnologie multimediali Fatateam, Questo Progetto ha visto la partecipazione attiva di Telecom Italia Mobile e di un pool d’Aziende “pubbliche”.
7. Gaetano Pini, cellulare wap per avere tutte le informazioni - Pagina 53 (11 aprile 2001) - Corriere della Sera
8."Gentilezza: Dal clima aziendale al cambiamento" di Paolo Cervari, Adelio Schieroni; 30 Gennaio 2011, Istituto per l'Innovazione d'Impresa – www.innovazioneimpresa.org
9. Non ritroviamo il riferimento, potrebbe essere in Mente e natura. Bateson, Gregory, Mente e natura, Adelphi, Milano, 1984
10. Vorremmo qui rimandare, per il concetto di autore, a quanto ne dice, in un periodo chiaramente precedente al mondo dei social network e dei blog (ma proprio per questo utile per un interessante confronto con l’oggi), Michel Foucalt in “Qu’est ce qu’un auteur?”, in Bullettin de la Société Francaise de philosophie n° 3, luglio-sett. 1969, pagg. 73-104.
11. Gentilezza: dal clima aziendale al cambiamento – P. Cervari, A. Schieroni - 30 gennaio 2011 – Istituto per l’Innovazione d’Impresa - http://www.istitutoinnovazione.org/profiles/blogs/gentilezza-dal-clima-aziendale
12. Parola da cui deriva il termine “gentilezza” e che nell’antica Roma significava più o meno famiglia, discendenza, appartenenza di sangue.
13. Harvard Business Review Italia, Gennaio / Febbraio 2011 pag. 20.
14. J. Derrida, M. Ferraris, Il gusto del segreto, Laterza, Roma-Bari 1997, pagg. 13-14.
15. Cfr. M. Foucault, “Libertà e identità” in Antologia, Feltrinelli, Milano, 2005, pagg. 234-264.
16. E. Morin, Il gioco della verità e dell’errore, Erickson, Trento, 2009, pag. 116.
Giulia Barbieri: Laureata in Linguaggi dei Media presso l'Università Cattolica di Milano, ho collaborato con il laboratorio LICENT (Laboratorio di studio dell'interazione comunicativa e delle nuove tecnologie) nello studio dei processi comunicativi in situazione di interazione faccia a faccia e in ambienti a virtualità variabile.
Mi sono occupata per anni di progettazione di piattaforme e applicativi per il web con un'attenzione particolare ai criteri di usabilità applicati all'interfaccia grafica.
Ho gestito progetti di comunicazione integrata, realizzando grafica ed illustrazioni per il mondo dell'editoria e della pubblicità.
http://www.giuliabarbieri.com/
Paolo Cervari: Laureato in filosofia, ho cominciato come copywriter e quindi ho fatto il giornalista, il romanziere, il consulente in comunicazione e il consulente di staff. Comunicazione, relazioni tra le persone e sviluppo di sé sono sempre state le mie passioni (insieme al free climbing e al taj chi chuan). Da diversi anni lavoro come consulente e formatore in contesti di cambiamento e innovazione. Sono consulente filosofico di Phronesis (Associazione per la consulenza filosofica italiana), Problem Solver and Strategic Coach per l’MRI di Palo Alto (California, USA) e formatore certificato presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo.http://www.cervari-consulting.com/
Adelio Schieroni: "Se dovessi sintetizzare la mia preparazione professionale in un singolo concetto mi definirei "impollinatore di idee" allo scopo, molto spesso appagato, di realizzare progetti sia di ricerca tecnologica e scientifica (Unione Europea, Regione Lombardia, Enti pubblici ed Aziende private) sia di comunicazione.
Membro del Consiglio di Amministrazione di AEM Milano dal dicembre del 1990 per 2 mandati consecutivi.
Per affinità con i discorsi trattati nel testo, cito il fatto che nel 1994 ho ideato e realizzato il primo server sanitario italiano, quello dell'A.O. Istituto Ortopedico Gaetano Pini di Milano; nel 1996 il Progetto di Comunicazione Globale di www.see.it e successivamente il Progetto GMS U.P.C. - Unità Personale di Comunicazione – per un uso multidisciplinare degli apparati di telefonia mobile, in sinergia con il Laboratorio di Ricerca Educativa dell’Università degli Studi di Firenze.