Lavoratori della conoscenza
Il trasferimento di conoscenze tra uomini si è sviluppato in modo significativo quando l’invenzione della stampa a caratteri mobili dovuta a Gutenberg implementò per la prima volta il modello di comunicazione “one-to-many”.
Per la prima volta un autore poteva descrivere le proprie conoscenze attraverso una lingua naturale e fare in modo che, contemporaneamente e indipendentemente dal luogo, molte altre persone potessero usufruire del suo “sapere”. Il trasferimento di conoscenze poteva realizzarsi però solo a patto che coloro i quali desideravano apprendere conoscessero la lingua dell’autore ed avessero alcune nozioni di base. Infatti questo permetteva di poter leggere il testo, comprenderne il significato e memorizzare le nozioni.
La diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione ha amplificato notevolmente l’efficacia di questo modello di comunicazione, offrendo la possibilità agli autori di aprirsi a un pubblico sempre maggiore e dando la possibilità ai lettori di ottenere una quantità di contenuti informativi prima inimmaginabile.
Tuttavia l’impiego di queste tecnologie non ha sostanzialmente cambiato il paradigma: per acquisire nuove conoscenze è necessario procedere come nel passato, cioè leggere, comprendere e memorizzare. L’avvento dei calcolatori ha solo reso disponibili le formidabili potenzialità offerte dalla dematerializzazione dei supporti.
Di conseguenza può essere affermato che l’umanità si trova in una Società dell’Informazione già dai tempi di Gutenberg ed ora, grazie ai calcolatori, ne sta apprezzando appieno tutte le potenzialità. Ma ne sta contemporaneamente scoprendo anche tutti i limiti. Infatti l’impiego delle ICT per automatizzare i processi legati al trasferimento di conoscenze umane presenta alcune limitazioni.
Per esempio, l’esperienza quotidiana ci insegna che l’impiego di applicazioni software per la ricerca di dati permettono di cercare solo ciò che già si conosce. Infatti, per cercare qualcosa tramite un motore di ricerca è necessario conoscere almeno un sottoinsieme di termini che in una certa lingua naturale vengono impiegati per descrivere quell’argomento. In caso contrario, non è possibile nemmeno inserire una keyword nella finestra di ricerca poiché non si dispone del relativo lessico in quanto non si è già a conoscenza di quell’argomento.
Ciò ha una ricaduta immediata sul metodo di apprendimento di nuove conoscenze e in particolare sui sistemi informatizzati per l’apprendimento.
In conseguenza a questo limite logico, l’impiego delle ICT non permette di realizzare sistemi per la formazione in cui si possa fare a meno di un docente in grado di fornire le informazioni di base (letteratura consigliata, informazioni di contesto, ecc.) indispensabili al discente per proseguire in autonomia nel processo di apprendimento.
Anzi, paradossalmente, l’impiego pervasivo delle tecnologie ICT nell’ambito dell’automazione dei processi informativi e formativi, necessita dell’azione di “tutoraggio”. Infatti l’enorme quantità d’informazione a cui si è sottoposti, porta a dover discriminare quello che è utile da ciò che non lo è, da quello che è verificato da ciò che è verosimile. In sostanza, le ICT producono “rumore” informativo.
Per far fronte a questo problema è necessario un dispendio di energie e di tempo enorme a patto che non si abbia la possibilità di accedere ai consigli di un esperto: il tutor, appunto.
Quindi, la sola enorme disponibilità di contenuti informativi non può innescare in modo automatico l’aumento di conoscenze nelle persone poiché le tecnologie non aiutano a risolvere il problema già sollevato da Goethe al rientro dal suo viaggio in Italia quando diceva che: “...si vede solo quello che già si conosce e si capisce”.
In questo contesto l’affermazione che vuole le tecnologie ICT driver di una nuova “economia della conoscenza”, ovvero una nuova forma di economia in cui la crescita verrebbe sostenuta da lavoratori più istruiti, divenuti più capaci proprio in virtù della grande disponibilità di strumenti e contenuti informativi e formativi, è un palese controsenso.
Per “creare” questo nuovo tipo di lavoratori non è solamente sufficiente risolvere il problema del “rumore” attraverso l’impiego di sistemi informatici più o meno complessi, ma è indispensabile cambiare il paradigma. Non più sistemi che restituiscono informazioni “vere” secondo un modello statistico, ma che offrono direttamente nuovo “sapere” secondo un modello deterministico. E questo può avvenire solo creando nuovi sistemi formativi completamente automatici, capaci cioè di trattare conoscenze e non solo dati.
In questo scenario il sistema formativo implementa in modo automatico le funzioni del tutor che è sostituito da un “automa” dotato di capacità logiche e di ragionamento automatico. Usando una metafora, l’”automa” svolge le funzioni di un bibliotecario che, possedendo conoscenze e competenze pregresse, interagisce con il lettore offrendogli informazioni pertinenti e coerenti, ovvero conoscenza che egli non può possedere a priori. Ed è proprio questo che permette di superare i limiti del modello di trasferimento delle conoscenze tra uomini tipico della Società dell’Informazione.
In questo caso infatti, i sistemi formativi non metterebbero a disposizione solamente dati e informazioni ma direttamente nuovo “sapere” di “saggi” cioè persone già in possesso delle conoscenze, per realizzare un vero processo automatizzato di apprendimento in cui il trasferimento di conoscenza da uomo a uomo verrebbe mediato dal computer. E questo è il nuovo paradigma su cui si baserà la futura Società della Conoscenza.
Per consentire ai calcolatori di offrire questo nuovo tipo di servizi è necessario però inserire al loro interno la conoscenza in una forma adatta ad essere trattata in modo automatico.
Ciò non può avvenire se la conoscenza è descritta in un testo attraverso i costrutti grammaticali di una lingua naturale, anche se il testo è contenuto in un file o in un tag o in una cella di memoria, poiché questo è il modo tradizionale per trasferire conoscenze da uomo a uomo. In questo caso infatti il calcolatore aiuta esclusivamente a tenere ordinati gli oggetti, così come in una buona biblioteca avviene grazie a scaffali, schedari e sistemi informatici.
Si tratta invece di descrivere conoscenze mediante la logica e formalizzarle attraverso un apposito linguaggio per computer. Il risultato è un file, per lo più incomprensibile all’uomo, ma il cui contenuto è computabile, indipendente dalla lingua e autonomamente utilizzabile dai calcolatori. La collezione di questi file costituisce un nuovo tipo di knowledge base trattabile autonomamente dal computer, “decidible knowledge base”, cioè su cui è possibile attivare processi inferenziali.
Iniziare a collezionare conoscenze umane all’interno dei calcolatori secondo questo modello tecnologico significa quindi avviarsi verso la Società della Conoscenza. Ma per fare questo colui che possiede un “sapere” deve avere le competenze adatte per inserire le conoscenze all’interno dei calcolatori: deve conoscere la logica e saper utilizzare alcune tecnologie basate sulla logica.
Per esempio, un archeologo che volesse trasferire le proprie conoscenze relative a un reperto proveniente da uno scavo, ora realizza delle schede descrittive usando p.e. l’inglese. Ciò viene effettuato affinché altri uomini possano assimilare il “sapere” dell’archeologo mediante il processo naturale di apprendimento basato sulla lettura, comprensione e memorizzazione.
In questo nuovo scenario, l’archeologo deve realizzare un’ulteriore scheda: un “documento” in formato elettronico non diretto ad altri esseri umani ma al calcolatore stesso, che descriva attraverso la logica ciò che egli sa del reperto. Ma questo vale anche per un qualsiasi altro depositario di conoscenze umanistiche, o scientifiche, o tecniche.
Nasce quindi l’esigenza di imparare ad impiegare la logica e queste nuove tecnologie per descrivere e memorizzare conoscenze all’interno dei calcolatori. Ogni “saggio” depositario di una qualche conoscenza, avrà quindi bisogno di acquisire le competenze necessarie per applicare questo metodo nel proprio campo del “sapere”.
La nascita della Società della Conoscenza passa quindi per la necessità di formare i depositari di un “sapere” sui temi della descrizione di conoscenze attraverso la logica e del conseguente impiego delle tecnologie per la loro formalizzazione. Passa cioè per la creazione di una nuova categoria di “docenti”, cioè persone in grado di inserire le proprie conoscenze all’interno dei calcolatori.
Solo la disponibilità di conoscenze dei “saggi” all’interno dei calcolatori porterà alla costruzione di sistemi formativi automatizzati veramente efficaci, capaci di trasferire in modo semplice, rapido e coerente “sapere” utile ai lavoratori per accrescere le proprie competenze.
E solo allora potrà emergere una nuova forma di economia non più basata solamente sul capitale e sulla proprietà intellettuale ma, e principalmente, sul capitale intellettuale posseduto dai lavoratori.
Una nuova forma di economia basata sulle conoscenze dei lavoratori: i nuovi lavoratori della conoscenza.
Luca Severini, è la persona che ha coniato il termine “epistematica”. Nel dizionario italiano esiste il termine “epistematico” [deduttivo] impiegato come aggettivo maschile. Il sostantivo femminile “epistematica” è una nuova voce composta dai termini "epistème" [conoscenza] e "informatica" [trattamento automatico dell'informazione], che assume per analogia il significato di "trattamento automatico della conoscenza". L'Epistematica studia, crea e applica tecnologie che permettono ai calcolatori elettronici di simulare comportamenti intelligenti mediante processi inferenziali effettuati su apposite basi dati arricchite semanticamente, dette basi di conoscenza. Vedi anche http://it.wikipedia.org/wiki/Epistematico Luca Severini è il fondatore della società che prende come denominazione il termine da lui coniato. Epistematica Srl è l’impresa che per prima in Italia si è specializzata nell’applicazione delle tecnologie semantiche per la formalizzazione e il trattamento automatico di conoscenze.
l.severini@epistem