I dubbi e la scelta
Dopo molti anni vissuti in Europa Spencer Brydon prese la decisione di tornare nella sua città natale. Aveva rinunciato ad essa per allontanarsi dalla grossolanità della ricchezza, dagli orrori, le volgarità e il senso del brutto a cui era sottoposto ora per ora nella sua New York. Che cosa sarebbe diventato, si chiedeva, se avesse scelto di restare. Questa domanda si insinua come un male oscuro nel suo cervello fino a determinarlo a scoprire la persona che sarebbe stata se avesse accettato la gretta realtà della propria ricchezza. Persegue questo scopo caparbiamente. E infine, da un angolo buio della sua casa avita nel centro di New York, vede chi l’avrebbe abitata.
“..la testa brizzolata…le mani bianche…la strana modernità del suo vestito da sera, l’occhialino pendente da una catenella, la sciarpa di seta lucida, il lino bianco della camicia, i bottoni di perla, la custodia d’oro dell’orologio e le scarpe lustre”. Un uomo evidentemente molto agiato che ricorda il “Kapitalist” di Grosz: grasso, flaccido, grossolano.”
Quell’essere non gli somigliava affatto e, come alternativa, era solamente mostruosa….Lo sconosciuto, malvagio, odioso, insolente e volgare, si avanzava come per aggredirlo…”
Così Henry James ne”L’angolo ameno”, attraverso il suo personaggio, descrive la ragionevolezza della sua scelta di fuggire via dagli Stati Uniti: se fosse rimasto sarebbe divenuto il simbolo di ciò che più detestava.
Dopo aver visto “The King’s speech”, mi è scoppiato nella testa il verbo “scegliere”, to choose, e la voglia di confrontare il concetto altissimo che questa parola evoca, i cattolici lo chiamano libero arbitrio, con un altro film ed un altro personaggio della storia del pianeta Terra. Re Giorgio VI versus Furtwangler.
Non è un discorso facile: parliamo di due personaggi reali, vissuti nella stessa epoca, che hanno guardato in faccia la propria coscienza e hanno dovuto prendere una decisione.
Scegliere è la sola cosa che ci differenzia dalle scimmie.
Principe Alberto, duca di York è il figlio cadetto di Re Giorgio V d’Inghilterra, non è destinato a regnare, non dovrà farlo perché c’è suo fratello primogenito Eduardo, principe di Galles. E’ il destino dei cadetti, se non la loro fortuna. Alberto è un uomo schivo, introverso e devastato da una balbuzie paralizzante. Veste con gioia, immagino, l’abito del duca. Ma suo fratello Eduardo si innamora. E non di una ragazza della nobiltà inglese bensì di una sgallettata signora americana pluridivorziata e per giunta nazista, con un nome improponibile ai nostri giorni: Wallis Simpson. No, non Lisa, la sorella di Bart, quella che suona il sassofono. Piuttosto la madre Marge, data la pettinatura.
La Simpson, così veniva chiamata negli anni ’50 dai miei zii, che si chiedevano increduli come fosse possibile che una donna di cotal “rara bruttezza” potesse far rinunciare a un trono.
Alberto deve fare una scelta che non può declinare. O fare il Re o mandare tutto a puttane, permettendo che il fratello cambi le regole o tenga la Wallis come amante. Ce la mette tutta il piccolo incazzoso Alberto e viene incoronato col nome di Re Giorgio VI.
Supera con grazia rabbia e impotenza. Vince le avversità, divenendo un regnante coraggioso, liberale, saggio e molto amato. Termina la fiaba, come ogni altra, con un auspicio di felicità per tutti e la ripresa economica per l’UK.
Non è così per uno dei geni musicali della prima metà del Novecento: Wilhelm Furtwangler.
Nel film del 2001 “A torto o a ragione”, il maggiore Steve Albert è incaricato dalla Commissione americana per i crimini di guerra nazisti dell’istruttoria del musicista, direttore della Filarmonica di Berlino, per valutare quanta parte egli abbia avuto nella costruzione e nel mantenimento del partito nazista. E’ uno scontro impari: l’americano infuriato e determinato a distruggere un mito e il tedesco sconfortato e impaurito, deciso a difendersi assolvendosi da qualsiasi atto men che umano. La musica è la sua sola padrona, l’arte è arte dovunque si esprima, e l’artista non deve avere una sua visione politica della vita. E’ solo spirito e talento: non può essere distratto da fenomeni di ordinaria crudeltà.
Per questi motivi Furtwangler non sceglie di fuggire da una Germania ormai in mano ad un criminale, non si rifiuta di suonare al suo genetliaco, non smette mai di essere considerato il più grande musicista, sublime esecutore di Beethoven, del Terzo Reich. Gemma brillante da ostentare come simbolo e icona di un paese dedito all’arte e alla cultura. Questa è la sua scelta. Non basta nettarsene le mani.
Nella favola lui è il servo dell’orco, il famiglio della Strega, uno dei quaranta ladroni. Nella favola è un comune anatroccolo non il Cigno. Non il Principe Azzurro.
“Two roads diverged in a wood and I _ I took the one less travelled by, and that has made all the difference” E’ Robert Frost a scriverlo: Due strade divergevano in un bosco ed io _ Io scelsi quella meno battuta , e questo fece tutta la differenza.
Osare.
Avere il coraggio di andare contro corrente, di andare oltre, di valicare confini, di non fermarsi alla superficie. Non esiste una cultura alta ed una meno alta esiste solo la noia. Un gesto creativo senza vita, asfittico, pavido, furbo, conveniente è merda.
Laura Lambiase Profeta ha scritto di musica per “Laboratorio Musica” e “l’Unità”; ha descritto Napoli sul “Mattino” e sulla guida “dell’Espresso”; si è divertita su “Cosmopolitan”.