Comunicare secondo natura
la comunicazione one to one
Come dobbiamo comportarci con gli interlocutori silenziosi?
(specialmente con quelli giovani che ci creano inquietudine perché non comprendiamo cosa pensano nel loro tacere...)
Comprendere, ascoltare, guidare i giovani
Renderci conto di aver trasmesso qualcosa a qualcuno (attraverso risultati riconoscibili come frutti maturati anche grazie ai nostri messaggi) rappresenta per ognuno di noi una forte motivazione a crescere nel ruolo di comunicatore. E ai nostri giovani interlocutori in particolare - in famiglia come sul lavoro- auguriamo quei successi che per un giovane oggi sono (paradossalmente) più difficili da raggiungere che in passato (quando si stava peggio).
E' una vecchia storia: non sempre il tenore di vita è sinonimo di felicità interiore.
Sarebbe difficile e sterile polemica elencare qui tutte le cose che i giovani (alcuni ma non pochi, malgrado i tempi difficili) hanno oggi e fare il confronto con il passato. Quella su cui si vuole riflettere qui però è un'altra questione: quali sono i valori che possiamo ancora cercare di trasmettere ai ragazzi che a volte vediamo troppo timidi, un po' diffidenti, gratuitamente spavaldi, superficialmente amichevoli, inconcretamente fantasiosi, un po' scostanti, eccessivamente prudenti, già così megalomani, ingiustificatamente pessimisti, pericolosamente volubili, ingenuamente seguaci, esageratamente sensibili, decisi e ambiziosi oltre i limiti dell'etica? Forse bisognerà soltanto ascoltarli con amore e guidarli con buon senso e coraggio; con buona fiducia e speranza nel futuro.
Sicuramente un onesto mea culpa sul nostro livello di ascolto in riferimento alle loro ansie e paure possiamo farlo. Anche noi spesso soffriamo degli stessi mali. Forse qualche volta ci siamo distratti, non li abbiamo ascoltati bene; ma siamo i loro adulti di riferimento e -in qualche modo- abbiamo contribuito a far si che si formasse in loro quel carattere.
Le ricerche sul genoma hanno confermato che la parte del leone nella formazione del carattere la fa l'ambiente e noi comunicatori adulti siamo l'ambiente primario per i nostri giovani. Quindi al lavoro: attrezziamoci per ascoltarli meglio di quanto abbiamo saputo fare fino a questo momento.
Il silenzio e l'ascolto
Parliamo qui di un tipo di interlocutore che spesso ci mette ansia, specialmente se giovane, perché non riusciamo a capire cosa pensa; parliamo dell'interlocutore silenzioso. Nella vita, davanti alla realtà, ci sono quelli che esplodono e quelli che implodono. Esplodere, in buona sostanza, vuol dire esprimersi con gli altri (a volte, addirittura, con aggressività); implodere vuol dire, in concreto, mandar giù. Una cosa è certa, i nostri giovani interlocutori silenziosi sono quasi sempre degli ottimi ascoltatori, capaci di notare immediatamente qualsiasi debolezza o inconsistenza della nostra esposizione quando decidiamo di parlare con loro per tentare di aiutarli a crescere. Dobbiamo pertanto prepararci.
Che fare in concreto?
Intanto dobbiamo dare loro il tempo di riflettere su quanto diciamo.
Non usciranno dal loro silenzio riflessivo troppo facilmente.
Fare delle pause e guardarli negli occhi con totale accettazione sarà la chiave.
Diamo loro modo di soppesare bene le nostre proposte, in modo da poter decidere con calma.
Siamo positivi e fiduciosi del loro ascolto.
Siamo pazienti, la pazienza è pur sempre la virtù dei forti.
Spieghiamoci chiaramente.
Ascoltiamoli attentamente.
Non sfuggiamo alle rare obiezioni che i i giovani (ma anche i meno giovani) interlocutori silenziosi decidono di sottoporre alla nostra attenzione.
Questo atteggiamento forte e paziente li indurrà ad avere fiducia in quanto diciamo.
Interessiamoli con storie di valore umano.
Quasi sempre i silenziosi sono buoni.
Analogie, testimonianze, storielle e aneddoti hanno alta probabilità di essere graditi; che siamo pertinenti alla situazione però: gli interlocutori silenziosi sono buoni ma non sciocchi.
Chiediamo loro di esprimersi meglio.
Quando il silenzio viene rotto è l'occasione, il nostro interesse per le loro idee li stimolerà a ripetere; mentre spiegano a noi chiariscono meglio anche a loro stessi, e poiché sono intelligenti -ascoltandosi- soppeseranno meglio le loro convinzioni: potrebbero anche cambiarle se sbagliate (solo se le nostre sono sagge e convincenti davvero però).
Se il dialogo è avviato e lo sapremo gestire con pazienza, il silenzio piano piano si romperà; anche se l'interlocutore silenzioso non diventerà mai un chiaccherone.
Troveremo un modo per coprire il golfo di silenzio che ci separava da lui ponendo domande che richiedano un suo impegno: Da quanto tempo? Quali sono gli obiettivi? Quali le maggiori difficoltà? Quali i tempi previsti?
il tutto senza pressione, ma con interesse autentico
valutando insieme a lui il da farsi
magari in silenzio, guardandosi in faccia
un bel tacer non fu mai scritto
...
Franco Marmello: Membro AIF Associazione Italiana Formatori, Responsabile Italia “Bottega del Cambiamento”, Giornalista, scrittore. Il progetto bottega si rivolge all'Uomo Nuovo in Azienda: una risorsa consapevole della complessità organizzativa provocata dal fenomeno del cambiamento, consapevole di dover crescere in modo meno empirico rispetto al passato, sia sul piano professionale che sul piano umano.
www.bottegadelcambiamento.it