Qual piuma al vento
Sono a New York da quasi un anno, ma ancora mi stupisco dell'anticipo con cui qualsiasi evento, serio o leggero, viene pianificato. Probabilmente la ragione risiede proprio nel fatto che qui nulla si improvvisa, ma tutto si organizza. Ancora più sorprendente è il ritmo rapido con cui comunque si lavora. L'ampio margine di tempo diventa presto stretto, subito colmato da alacri preparativi. Se qui esiste il detto "Better done that perfect" significa che esiste un diffuso perfezionismo che la saggezza popolare cerca di mitigare. Non si spiega solo con l'indiscutibile attenzione ai dettagli: ha a che fare piuttosto con una sorta di piacere anticipato e di un incremento di valore che il tempo conferisce all'evento atteso. Lo stesso vale per il talento che qui viene considerato un dono che si costruisce nel tempo. La squadra di hockey dei New York Rangers non esita a presentare i propri giocatori all'inizio delle partite attraverso foto che li ritraggono bambini, anche se goffi nelle divise troppo grandi. Nessuno ride alle immagini di quegli inizi incerti, ma piuttosto ammira la devota costanza che ha trasformato quei giocatori in erba, negli atleti di oggi.
Nel giro di pochi giorni gli adolescenti americani si sono trovati a fare file interminabili per comprare l'ipad 3 e per vedere l'attesissimo film The Hugter Games, trasposizione cinematografica del primo di una trilogia che ha battuto perfino le vendite della Saga di Twilight. Se poi quegli stessi ragazzi hanno avuto la sventura di partecipare con la banda della scuola alla parata per St. Patrick's Day, hanno viaggiato di notte e sono probabilmente rimasti allineati per ore prima di poter sfilare. Eppure non ho mai registrato nervosismo tra la gente in coda. A un italiano che prende la fila come un'offesa personale, tanta mansuetudine risulta incomprensibile. Eppure dopo poco ci si abitua tanto da arrivare perfino al punto di evitare qualsiasi evento o locale che non richieda una seria fila. Il venerdì, a fine apertura, per due ore, l'ingresso al MOMA (Museum of Modern Art) è libero. La coda fa il giro dell'isolato: si arriva per tempo, magari in compagnia e si aspetta con pazienza la distribuzione dei biglietti gratuiti, peraltro velocissima. Parlando di biglietti, quelli per il concerto di Madonna di settembre sono andati venduti a febbraio scorso. Nei sette mesi che separano dall'evento, i detentori del biglietto dovranno scegliere se ricevere una copia gratuita del nuovo CD o se scaricarlo in formato digitale. In entrambi i casi dovranno prenotarsi. Una volta in possesso del nuovo album, impareranno i testi delle canzoni per poterle cantare il giorno del concerto insieme al loro idolo. L'esempio più calzante di tanta attesa e preparazione è il processo che porterà al nuovo Presidente degli Stati Uniti. Le Primarie vanno avanti da mesi e siamo ancora a mesi di distanza dalle elezioni. Ma anche il sistema scolastico la dice lunga: la semplice iscrizione all'Università va prevista con quasi un anno di anticipo perché qualsiasi facoltà impone un test di ingresso (GRE) e una serie di adempimenti che naturalmente vanno preparati per tempo. Nei criteri di valutazione di ciascuna candidatura, viene addirittura tenuto conto di quando è stata presentata: una domanda depositata nei termini, ma a ridosso della scadenza ha meno probabilità di essere accettata.
Per qualcuno abituato a un’Italia che smonta e rimonta i suoi pezzi, alterna Governi, cambia le leggi e la Costituzione nello spazio di un’indigestione, tanto dispiego di tempo può sembrare superfluo. Eppure quando l’ampio anticipo diventa un valore morale oltre che un modo di fare, decidere diventa l’esercizio di un diritto. Quando invece la scelta è solo imposta dall’urgenza o dall’emozione, subentra una pericolosa pigrizia: ogni tempestiva decisione è evitata per la responsabilità che comporta. Che da noi la saggezza popolare ammonisca sul fatto che la fretta porta cattivo consiglio, la dice lunga sull’abitudine molto italiana di agire solo quando non è più possibile rimandare, all’ultimo momento e senza elementi. Non sappiamo decidere perché non ci siamo dati il tempo di riflettere e di prepararci a una scelta che poi di fatto non è più nostra ma solo imposta. Sempre e solo funzione delle circostanze, le nostre scelte cambiano con quelle: qual piuma al vento, l’Italia muta d’accento e di pensier.
Laura Del Vecchio: Due lauree, Giurisprudenza con tesi in Economia a Roma e Commercio Internazionale a Le Havre; due specializzazioni, in Economia dei mercati asiatici e in Comunicazione; due esperienze “in azienda” come export manager per Fiat Auto Japan e per Danone; due esperienze “di penna” al quotidiano economico “Nikkei” e all’ISESAO della Bocconi: un “saper scrivere e far di conto” che ha finito per trovare buon uso all’Istituto nazionale per il Commercio Estero. Nata il 13 settembre del 1968: da poco compiuti…. due volte vent’anni