Gorge Merrill mi toccò il sedere
(…con delicatezza, immediatamente al di sopra delle natiche")
“Nella sua forma originale, che oggi conserva quasi inalterata, Maurice risale al 1913.”
Edward Morgan Foster completa il suo libro nel 1914. Non lo passa alle stampe.
Maurice verrà stampato postumo nel 1971 dopo la morte dell’autore avvenuta nel 1970.
“Fu la conseguenza diretta di una mia visita ad Edward Carpenter, che abitava a Milthorpe.
Carpenter godeva di un prestigio che non potremmo comprendere ai giorni nostri. Era un ribelle appropriato al suo tempo. Era sentimentale, e un po’ sacramentale, poiché in gioventù aveva fatto il prete. Era un socialista che ignorava l’industrialismo, un fautore della vita semplice che viveva di rendita, un poeta nella scia di Walt Whitman, la cui nobiltà eccedeva la forza e, infine, un credente nell’amore dei Compagni, che talvolta chiamava uraniani.
Fu questo suo ultimo aspetto che mi attirò nella mia solitudine: per un certo tempo mi parve che Carpenter possedesse la chiave d’ogni afflizione.“
C’è una stanza, i colori sono vividi, volgari. Sul letto disfatto lenzuola verde sporco.
Il ragazzo entra di spalle e una voce gli ordina sommessamente di sedersi sul letto e cominciare a spogliarsi. E’ in piedi, si toglie la maglietta bianca, si slaccia i bottoni del pantalone mostrando una mutanda bianca, non uno slip o un boxer, ma una mutanda bianca di cotone di tipo ordinario. Si siede per estrarre i pantaloni dalle gambe, prima una, poi l’altra.. i piedi sono nudi. Ha un viso da guerriero azteco. Con un bellissimo naso da rapace.
La voce lo incita passo passo ad accarezzarsi, a toccarsi, a godere del suo corpo. Il ragazzo-uccello esegue, prima senza una vera eccitazione, e poi più coinvolto. La voce incalza, suggerisce, nega. E’ la voce che determina i gesti. E’ la voce di un doppiatore che imita il respirare pesante di un uomo in amore che gestisce e fa esplodere il piacere nell’altro. “E adesso chiedimi di fotterti”.
Incalza la voce, sono lì accanto a te “Devi chiedermi di fotterti” “Dimmi quando stai per venire”.
“Mi senti dentro di te?”
Il ragazzo-avvoltoio riposa e una mano gli consegna un pacchetto di banconote, che lo ripaga dell’orgasmo appena consumato..
E’ un film in cui Pedro Almodovar inscena il set di un regista omosessuale che dirige un attore che si masturba.
Piuttosto sconvolgente l’incipit di “La legge del desiderio”. Così realistico e sensualmente erotico. E’ un colpo al basso ventre, che termina con uno sberleffo : le voci del regista e quella del ragazzo sono doppiate da due attori che si lamentano e arrivano all’orgasmo, leggendo un copione l’uno accanto all’altro, in piedi davanti ad un leggio.
“Dovette essere nel corso della mia seconda o terza visita al santuario che scoccò la scintilla, e lui e il suo camerata Geoge Merrill si fusero per produrre su di me una impressione profonda e per toccare una molla creativa.
Geoge Merrill mi toccò inoltre il sedere…con delicatezza, immediatamente al disopra delle natiche. Credo che lo toccasse quasi a tutti. Fu una sensazione inconsueta e la ricordo ancora come ricordo la posizione di un dente perduto da un pezzo : psicologica oltreché fisica.
Sembrò che mi schizzasse su dalle reni fin dentro alle idee, senza coinvolgere i miei pensieri.”
Almodovar mette in scena un melodramma, è il suo modo di vedere il mondo, è il suo punto di vista, un’educazione cattolica che fa i conti con un peccato capitale: l’amore di un uomo verso un altro uomo.
E’ il desiderio di appropriarsi del proprio corpo e di goderne, che deve essere vissuto senza scrupoli, senza regole se non il richiamo della propria passione.
Antonio Banderas innamorato del regista, uccide per amore il suo antagonista. Il suo istinto amoroso è quello di un animale ingabbiato, divenuto perverso per abbandono.
La scena finale del film si apre su di una “Deposizione del Cristo”, un bellissimo abbraccio disperato del regista che depone sulle sue gambe, tra le sue braccia il corpo morente di Banderas, colpito dai gendarmi. Dietro di loro un altarino dedicato alla Madonna, con lumini in fiamme, ex voto e immagini di vecchie foto consunte.
La remissione dei peccati è l’unica via di uscita per la salvezza.
Almodovar non fa sconti : il solo modo per liberarsi delle atmosfere cupe e dei deliranti e innaturali amori è la ferocia della morte.
La lettura di Maurice mi sconvolse. Un sogno rivelatore. Un’illuminazione. E proprio come un sogno e una illuminazione per molto tempo non capii che cosa mi avesse svelato.
“Il lieto fine s’imponeva perentoriamente: in caso contrario non mi sarei preso il disturbo di scrivere. Avevo stabilito che, almeno nella narrativa, a due uomini sia lecito innamorarsi e restar tali per quella durata perpetua che la narrativa consente, e in questo senso Maurice ed Alec vagano ancora oggi nella macchia. Dedicai il romanzo “a un Anno più Felice” e non del tutto inutilmente. La felicità è la sua nota fondamentale.
Se il finale fosse triste, con un giovanetto penzoloni da un cappio o con un patto reciproco di suicidio, tutto andrebbe bene…..Ma gli amanti la fanno franca e di conseguenza raccomandano il crimine. Il signor Borenius è troppo incompetente per acciuffarli, e l’unica ammenda che la società imponga loro è un esilio in cui sono ben lieti di riparare”.
Mi furono svelate le varie tonalità di verde, i rari fiori primaverili, i raggi attraverso la boscaglia, il potere sempiterno di una macchia che nasconda segreti di felicità conquistate.
Laura Lambiase Profeta : Osare.
Avere il coraggio di andare contro corrente, di andare oltre, di valicare confini, di non fermarsi alla superficie. Non esiste una cultura alta ed una meno alta esiste solo la noia. Un gesto creativo senza vita, asfittico, pavido, furbo, conveniente è merda.
Laura Lambiase Profeta ha scritto di musica per "Laboratorio Musica" e "l'Unità"; ha descritto Napoli sul "Mattino" e sulla guida "dell'Espresso"; si è divertita su "Cosmopolitan".
E nata a Pontecagnano molti, molti anni or sono e vive a Napoli tra Paradiso e Provvidenza.