Numero 27

INNOVAZIONE INTELLIGENZA INSIPIENZA

 

 


Prof.Ing.Roberto Vacca

 

PREFAZIONE   II edizione  -  2006
(vedi la Redazione Caos Management n°25)

 

INNOVAZIONE



3 - SATELLITI A UN TANTO AL KILO IL MATTINO - Agosto 2001
Il fisico Dennis Gabor aveva una bella mente: inventò l'olografia usando solo carta e lapis. Eppure si sentiva come lo scemo del villaggio davanti al sommo matematico John von Neumann. Questi, 40 anni fa, predisse che con i supercomputer dell'avvenire si sarebbe previsto il clima futuro con mesi di anticipo. Finora molti di noi pensavano che von Neumann avesse preso un grosso abbaglio - invece, forse, verrà fuori che aveva ragione perché le cose cambiano.

Non è davvero un luogo comune che tutto intorno a noi cambia sempre più velocemente. Dovunque ci giriamo, ne vediamo segni. Non fanno eccezione le imprese spaziali, ma ora la novità non è che un uomo metta piede su un pianeta - è molto più vicina a noi. Si tratta dell'impiego nei satelliti di sistemi microelettromeccanici (la sigla è MEM). Sono circuiti e meccanismi microscopici costituiti da ingranaggi, leve, diaframmi, pompe, tubazioni, sensori e, ad esempio, turbine a gas con il diametro di un centimetro. Effettuano tutte le funzioni di sistemi tradizionali mille volte più grossi e pesanti, ma hanno peso quasi trascurabile. L'applicazione più nota finora era quella dei misuratori di accelerazione che attivano gli airbag nelle automobili.

Nel Gennaio del 2000 l'Università di Stanford, California ha realizzato e messo in orbita OPAL, una piattaforma automatica per il lancio di "picosatelliti": i satelliti che usano questa tecnologia e che pesano meno di un kilogrammo. In conseguenza la spinta necessaria a metterli in orbita è minima. Possono essere messi in gran numero su un'orbita terrestre bassa anche da uno shuttle o da altro veicolo spaziale. Il costo per mettere in orbita bassa un oggetto che pesa un kilogrammo è di 10.000 dollari. Quindi, riducendo drasticamente i pesi, programmi spaziali che costavano miliardi di dollari, si potranno realizzare con poche centinaia di migliaia di dollari. Non ne trarranno vantaggio solo governi e grandi aziende aerospaziali che risparmieranno somme ingenti. La cosa interessante è che si potrà operare su scala molto maggiore con conseguenze che  riguardano tutti noi - l'intera società. Ad esempio, si potrà creare una costellazione di migliaia di satelliti meteorologici che permetteranno di raccogliere una mole di osservazioni finora nemmeno immaginabile e di conoscere molto meglio i meccanismi climatici, di prevedere a lungo termine il clima futuro - dando infine ragione a von Neumann.

Inoltre veicoli MEM potranno essere lanciati da un veicolo spaziale grande e pilotati a circumnavigarlo per riprenderne immagini e trasmetterle a terra o al veicolo stesso. Questa ispezione visiva serve a esaminare eventuali danni o deformazioni subite e, perciò, a rendere più affidabili le imprese spaziali.

I MEM sostituiranno elementi di circuito finora realizzati con transistor. I vantaggi sono notevoli: un interruttore a transistor può essere danneggiato dall'impatto di un solo raggio cosmico, ma un interruttore a MEM esce indenne da una collisione simile e funziona correttamente anche in presenza di radiazioni ionizzanti intense come quelle presenti nelle fasce di Van Allen.

Queste strutture microminiaturizzate possono essere orientate con dispendio minimo di energia per massimizzare la radiazione solare che alimenta i generatori fotovoltaici e per disporre superfici atte a radiare calore nello spazio per regolare la temperatura del sistema.

Sono stati messi in orbita anche alcuni picosatelliti  per ora inattivi. Lo scopo è dimostrare che possono orbitare la terra anche per qualche anno per essere  chiamati improvvisamente a svolgere funzioni utili di ispezione o di rilevamento di dati e informazioni.

Perchè parlo di queste innovazioni ? Ma: per illustrare ai giovani quante cose interessanti ci sono da fare. Ogni innovazione è occasione di mestieri nuovi: imparateli!

 

INTELLIGENZA



3 - COME CAPIAMO I NUMERI - Il Mattino 6 Settembre 2000
"Non esiste un talento innato per la matematica." ha affermato in un convegno romano Stanislas Dehaene, matematico applicato, informatico e psicologo cognitivo. Su questa affermazione sono d'accordo: sostengo da anni che la scarsa abilità matematica della gente è prodotto del cattivo insegnamento e del fatto che nessuno addestra i maestri a insegnare matematica bene. Trovo, invece, poco interessanti altri risultati che Dehaene ha pubblicato con grande battage. Ha scritto:

"Il nostro cervello non funziona come un computer e il mondo fisico non funziona in base alla matematica, che si è evoluta per spiegarlo in modo simile a quello in cui l'occhio si è evoluto per fornirci la vista."

          "I numeri sono come i colori: strutture costruite dal nostro cervello."

 Sono similitudini efficaci, ma vaghe: non sappiamo affatto se l'universo sia isomorfo (abbia, cioè, la stessa struttura - sia formalmente identico) con la matematica (discuto la questione nel mio libro "Anche tu fisico" disponibile on line).

Questi argomenti sono interessanti - vitali. Però rimango deluso quando studiosi innovatori pretendono di offrirci grandi risultati e poi restano in superficie. Ebbi la stessa impressione dal capitolo che Oliver Sachs (quello dell'uomo che scambiava la moglie per un cappello) dedica a due gemelli "idioti sapienti". Erano due ragazzetti deficienti. Stavano insieme per ore: poi uno enunciava un numero enorme con decine di cifre. L'altro ci rimuginava sopra e poi rideva forte: ogni volta era un numero primo - e Sachs non ha minimamente investigato su come facessero!

Così Dehaene sostiene che "la capacità aritmetica è un tratto biologico di base avente un substrato cerebrale specifico in un insieme di reti neuronali localizzate nel cervello di ciascuno di noi, le quali incorporano la conoscenza dei numeri e delle loro relazioni". "Produciamo nelle nostre menti una piramide di costrutti mentali sempre più astratti in base alla nostra abilità di pensare simbolicamente e di rappresentare le quantità in modo non verbale." Anche queste sono asserzioni ragionevoli, ma fanno avanzare poco la nostra conoscenza.

Io credo che l'apprendimento umano sia processo così complicato che ancora un semplice approccio pragmatico è più utile di tante teorie mezze cotte. Dehaene sostiene che i bambini cinesi sono più bravi a contare dei nostri perchè non dicono "undici, dodici, tredici, quattordici...", ma "dieci-uno, dieci-due, dieci-tre. dieci-quattro ..." - proprio come facciamo noi dal 20 in poi. Ma questo vantaggio è nullo rispetto alla fregatura di usare ideogrammi invece dell'alfabeto per cui i cinesi ci mettono 9 anni per imparare a leggere e scrivere, contro le poche settimane di nostri bimbi.

Troviamo consolazione nel fatto indiscusso che non esistono persone costituzionalmente inadatte a capire la matematica. I nostri figli eccellono nel settore se li aiutiamo a trovare buoni maestri. Evitiamo di gloriarci per aver capito noi alcune verità banali.

Ho fatto, allora, qualche ricerca su Web per saperne di più su Dehaene. Chi è interessato può trovare dati abbondanti su www.edge.org . Si tratta di un gruppo di studiosi che propugnano (o rappresentano) una "terza cultura" più avanzata di quella umanistica e anche di quella scientifica tradizionale. Questa terza cultura dà il titolo a un libro di John Brockman (un non scienziato) e vengono citati nomi illustri coagulati nel gruppo, dal premio Nobel Gell-Mann a S. Jay Gould (biologo), R. Dawkins (evoluzionista), P. Davies (cosmologo), R. Schank (intelligenza artificiale), J. Lanier (realtà virtuale) H. Moravec (robotica) e così via. Apparterrebbero a un gruppo (una società?) che si chiama "digerati" e a un "Reality Club". Non mi permetto di dare giudizi su studiosi famosi e profondi. Manifesto sommessamente dubbi sul modo pretenzioso in cui idee forse di grande valore vengono presentate in questi contesti.

 

INSIPIENZA



3 - COME TRATTARE GLI STATI IMPAZZITI - Il Mattino 2 Giugno 2000

Come si possono difendere gli USA da nazioni irrazionali, temerarie che possiedano missili nucleari atti a colpire l'America? Che queste nazioni esistano pare sia ora un articolo di fede per il governo di Clinton e per parecchi repubblicani, anche se vari esperti sono di parere contrario. C'è chi pensa che Corea del Nord, Iran e Irak potrebbero lanciare un attacco atomico contro gli USA al costo di farsi annichilare da una rappresaglia.

Per evitare questi rischi, esperti americani ispezionano da 2 anni un misterioso complesso di tunnel in Corea del Nord. Intanto George Bush ripropone un sistema globale di difesa contro i missili, anche se è dubbio che funzionerebbe. Certo le 3 nazioni citate hanno cercato di procurarsi o produrre armi di distruzione di massa. Dopo la Guerra del Golfo gli ispettori USA scovarono in Irak numerosi apparati per la separazione elettromagnetica di isotopi, necessari per produrre uranio arricchito da usare in bombe atomiche. Nel 1998 la Corea del Nord lanciò un missile sopra il Giappone - ma la Corea è folle? È curioso che gli USA la considerino tale dopo 6 anni che stanno negoziando con quel Governo.

Dunque non è sicuro che esistano nazioni folli. Non sappiamo quanto siano davvero folli quelle che lo sembrano.

Il concetto di Stato pazzo fu definito trent'anni fa dal politologo israeliano Yehezkel Dror nel suo libro "Crazy States". Uno Stato pazzo ha un'ideologia estrema, la afferma in modo ossessivo su vasta scala, si considera superiore a ogni altro Paese e a ogni regola morale e civile, è disposto a usare la forza in guerre aggressive anche a costo di pagare un prezzo altissimo. Infine è uno Stato capace di pianificare e realizzare strategie razionali per raggiungere i suoi scopi. Dror suggeriva gli esempi delle nazioni cristiane che condussero le crociate -- e quello del Nazismo. In una riedizione del 1980 citava come candidati Libia e Iran e, paradossalmente, descriveva uno scenario in cui era il Kuwait, e non l'Irak, a soffrire deliri di potenza e a scatenare una guerra.

Fra gli scenari descritti da Dror, ce n'erano anche due che contemplavano le ipotesi di transizione alla follìa di USA e URSS. La posizione metodologica di base di Dror, però, è quella democratica occidentale. Nel libro criticava vari errori nell'affrontare il problema. Il primo è quello di considerare che le politiche domestiche, quelle politiche e quelle strategiche si svolgano in ogni Paese su piani separati. Invece i 3 tipi di politica si influenzano a vicenda - in modi variabili e imprevedibili. Il secondo errore è quello di ritenere che lo sviluppo socio-economico neutralizzi aggressività e follia (questo accade solo se lo sviluppo è libero, culturale e civile). Il terzo è la fede nell'utilità dei negoziati per evitare il precipitare di crisi.

Dror descriveva le strategia degli stati pazzi: infiltrazione, erosione, provocazione, ricatto. Ma sono più interessanti le strategie suggerite per combattere e neutralizzare la follia.

La più mite (ma non la più energica, nè efficace?) consiste nel fornire informazione corretta e libera allo scopo di far ragionare decisori e opinione pubblica nei Paesi che si trovano in condizioni marginali.

La seconda strategia è quella dell'embargo che privi lo Stato folle delle macchine e delle risorse necessarie a creare armi di massa (dopo la sparizione dell'URSS, però, pare che risorse nucleari notevoli siano reperibili in vari ex satelliti). La terza strategia consiste nel non premiare la follia - esattamente il contrario di quello che fecero i Paesi occidentali a Monaco nel 1938 con l'appeasement che avrebbe dovuto addolcire Hitler.
La quarta è quella di infiltrare il Paese che sta impazzendo, stimolando rivolta e rovesciamento del regime dittatoriale aggressivo. La quinta è la deterrenza e, se non funziona, il ricorso alla forza e all'occupazione militare - come è successo nel 1991 con l'Irak, dopo l'aggressione al Kuwait e senza arrivare all'occupazione e alla rimozione di Saddam.

L'ultima strategia è la capitolazione - presentata come un paradosso.
Sembra interessante valutare queste opzioni. In USA il dibattito su di esse divampa. In Italia non ne parliamo - come parliamo poco e male di insegnamento e di ricerca. Portiamo ritardo. Discutiamo di cose vecchie: riforma elettorale, uguaglianza davanti alla legge, separazione fra chiesa e Stato.

 

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