Numero 30 Registrazione al tribunale di Roma N° 3/2004 del 14/01/2004

Arti amputati ricrescono: fantasia/realtà

di Roberto Vacca

 

Ogni tanto descrivo eventi fantascientifici che poi si verificano davvero. Nel 1979 immaginai la diffusione di e-mail (e i russi l’usavano per eliminare il potere sovietico). Nel 1975 raccontai di un ricatto all’OPEC: “Se non pagate somme enormi sveliamo che a oltre 10 km di profondità il petrolio è ovunque” (e pare che sia vero). Nel 1972 in un racconto (ottenibile su www.printandread.com) Philip Quartara riusciva a modulare raggi X per fornire informazioni progettuali alle cellule superficiali del troncone di una zampa di topo, di cui aveva amputato la parte distale – e la zampa ricresceva identica a com’era prima. Avrebbe potuto far ricrescere gli arti amputati ad esseri umani, ma associazioni professionali e comitati di bio-etica glielo impedivano. Così apriva un Istituto di Cosmesi Scientifica. Con una sola applicazione garantiva ai calvi la ricrescita dei capelli e alle donne sprovviste, lo sviluppo istantaneo di seni floridi e sodi.

Se si amputa la zampa di una salamandra anche più di una volta questa ricresce sempre esattamente come era. Anche le code tagliate di lucertole e alligatori ricrescono. I girini di rana hanno la stessa proprietà, ma la perdono da adulti. Perché gli esseri umani non possono fare lo stesso? Le cicatrici che chiudono le nostre ferite o le nostre amputazioni sono costituite da cellule epidermiche e da fibroblasti (cellule di tessuto connettivo scoperte nel 1968 da M. De Oliveira) che producono un eccesso di collageno, formano una rete non organizzata di materiale extracellulare e bloccano ogni possibile processo rigenerativo.

Ora K. Muneoka ed M. Han di Tulane University e D.M. Gardiner dell’Università della California a Irvine (v. Scientific American, Aprile 2008) hanno avuto un grosso finanziamento dalla DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency) per studiare la possibilità di rigenerare arti umani.
Nelle salamandre le cellule epidermiche coprono con un sottile strato la ferita di un’amputazione, dopo di che i fibroblasti migrano (come nell’uomo) sul posto, ma in conseguenza di segnali nervosi si produce una de-differenziazione delle cellule. Esse, cioè, regrediscono dalla forma specializzata che avevano raggiunto a uno stato primitivo, embrionico (simile a quello delle cellule staminali) e possono così moltiplicarsi e servire da progenitori a vari tipi di tessuto: muscolare, vascolare e osseo. Questa formazione, detta blastema o cappuccio epiteliale apicale, si sviluppa a ricostituire l’arto e le dita con cui termina: ossa, muscoli, vasi, tessuto connettivo e pelle.
La funzione essenziale degli impulsi nervosi è stata scoperta notando che le ferite sulla pelle del fianco di salamandre normalmente rimarginano producendo cicatrici come nell’uomo: se, però, viene deviato un nervo presso la ferita, si produce un blastema rudimentale anche se non riesce a produrre un nuovo arto sopranumerario. Se, infine, si impianta nella ferita un frammento di pelle di un arto dell’animale, inizia a crescere dal fianco un arto quasi normale. Sembra, quindi, che quest’ultimo impianto contenga e sia capace di trasmettere informazioni progettuali che governano la rigenerazione.
Tali informazioni devono essere contenute nei tessuti lasciati da una amputazione in modo che la ricrescita “sappia” quali parti dell’arto sono rimaste e come debbano essere completate.

La speranza di ottenere nei mammiferi (e nell’uomo) la stessa rigenerazione che avviene nelle salamandre è alimentata dalla osservazione che le ferite sulla pelle dei feti umani si rimarginano senza produrre cicatrici.
Negli esseri umani, inoltre, si rigenerano almeno i polpastrelli delle dita, completi di impronte digitali, forma e sensibilità.
Dunque i fibroblasti umani adulti conservano una certa memoria del sistema di coordinate spaziali necessario per definire la posizione delle singole parti nel progetto generale del corpo.

Il prossimo traguardo sarà quello di rigenerare in un mammifero un dito completo: processo molto difficile perché implica la ricostituzione di giunture che sono le strutture scheletriche più complesse del corpo. Andranno studiati e chiariti molti meccanismi ancora sconosciuti, fra cui le funzioni di geni e quelle dei fattori di crescita dei fibroblasti. Secondo gli esperti i primi successi si potranno ottenere fra qualche decennio, dopo aver capito processi vitali di biologia molecolare e dei meccanismi informatici che li governano.