Piccoli piccoli, stretti stretti
di Laura del Vecchio
Piccoli piccoli stretti stretti, tanto vicini l’uno all’altro da non vedere che i propri piedi. E, cosa ancora peggiore, da non sapere altro che ciò che ci viene detto. Quasi si vivesse tutti in un enorme ascensore. Ci tuona sulle teste il temporale della crisi, ma non ci è dato sapere: il Ministro dell’Economia e delle Finanze intervistato su Rai Tre nei trenta minuti che seguono il Tg della domenica, ricordava con nostalgia i comunicati tecnici per pochi addetti ai lavori. Si doleva di questo continuo parlar di crisi ovunque e senza veli e per giunta a una platea inesperta. Suonava quasi come un paterno invito al milione e più di ascoltatori della trasmissione a intonare in coro “Whatever will be will be/ The future’s not ours to see”. Avrà certamente le sue ragioni il Ministro, ma ogni volta che si invoca il silenzio stampa, su un argomento qualsiasi, c’è motivo invece – secondo chi scrive – di tenere alta l’attenzione.
Tanto per uscire un po’ dall’ascensore di cui sopra, mi sono messa a girovagare tra le pagine dei quotidiani stranieri e mi sono tolta lo sfizio di andare sulle pagine on line del Financial Times di cui avevo letto sui giornali nostri il mese scorso. Divertente e disperante. Mi sono anche messa a curiosare tra i canali in chiaro del satellite. Ho avuto la fortuna di capitare su Arte, canale franco-tedesco, nel bel mezzo di un programma sulle istituzioni europee: con semplicità disarmante venivano illustrati i processi decisionali e “les coulisses” tanto della firma di trattati storici che di disaccordi secolari. Inevitabile pensare alla nostra mesta affluenza alle ultime “europee”. Inevitabile allo stato delle cose. Sarebbe bastato qualche programma del genere per avvicinare gli orizzonti e allargare le vedute di molti. Ma del resto non tocca all’Italia la Presidenza: al momento l’Europa dunque non interessa. Così come è sufficiente che non ci siano italiani a bordo per far passare in secondo piano qualsiasi incidente. Sarà anche naturale partecipare meno se una sciagura non colpisce connazionali, ma a me crea sempre molto imbarazzo quando la notizia di tante morti è seguita dalla fatidica rassicurazione. Pure nell’incidente ferroviario che ha segnato la città di Viareggio il lutto sembra essere meno grave perché a morire era povera gente, emigranti per lo più, i soli restati ad abitare le case lungo i binari. Non è razzismo, ma più semplicemente distanza. A mesi dal terremoto dell’Abruzzo, ci suscita quasi più empatia il recente furto nell’appartamento di un personaggio televisivo, il cui viso e la voce sono familiari a tutti, che non la sorte di quelli che un appartamento non ce l’hanno più.
Piccoli piccoli stretti stretti a fare su e giù senza una vera meta, lo sguardo fisso sulla punta lucida delle nostre scarpe. Alziamo la testa solo se a restare chiuso tra le porte è un nostro caro. E nemmeno sempre. Noi e i nostri guai, intimiditi dal tasto di arresto dell’ascensore quasi che a premerlo esplodesse tutto. O almeno così fin da bambini ci hanno dato a intendere. Forse, invece, uno “stop” andrebbe dato, a costo di rischiare di restare tra due piani e doversi aprire a forza un varco con le mani.
Laura del Vecchio: Due lauree, Giurisprudenza con tesi in Economia a Roma e Commercio Internazionale a Le Havre; due specializzazioni, in Economia dei mercati asiatici e in Comunicazione; due esperienze “in azienda” come export manager per Fiat Auto Japan e per Danone; due esperienze “di penna” al quotidiano economico “Nikkei” e all’ISESAO della Bocconi: un “saper scrivere e far di conto” che ha finito per trovare buon uso all’Istituto nazionale per il Commercio Estero. Nata il 13 settembre del 1968: da poco compiuti…. due volte vent’anni.