Numero 48 Registrazione al tribunale di Roma N° 3/2004 del 14/01/2004

Parliamo, ma ci capiamo?

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di Marisol Barbara Herreros

 

“...del bel paese là dove 'l si sona” (Dante Alighieri, Inferno, canto XXXIII, vv. 79-80

L'italiano  è una lingua romanza , diretta erede del fiorentino, ente al gruppo italico della famiglia delle lingue indoeuropee.

L'italiano modello convive anche in Italia con un gran numero di idiomi neo-romanzi e ha delle varianti regionali, per via dell'influenza che su di esso esercitano le lingue regionali.  L'italiano è lingua ufficiale  dell'Italia, di San Marino, della Svizzera (insieme al tedesco, al francese e al romancio), della Città del Vaticano (insieme al latino) e del Sovrano Militare Ordine di Malta. È seconda lingua ufficiale, dopo il croato, nella Regione Istriana (Croazia) e, dopo lo sloveno, nelle città di Pirano, Isola d'Istria e Capodistria in Slovenia.  L'italiano è inoltre diffuso in alcune aree dei paesi mediterranei e nelle comunità di origine italiana nei diversi continenti.

La definizione è copiata testualmente da http://it.wikipedia.org/wiki/Lingua_italiana strumento molto utile per una come me che con le lingue ha a che vedere da sempre. Chiariamo: non so più se parlo una lingua con proprietà di linguaggio. Mi spiego meglio. La mia lingua madre è lo spagnolo, ma non lo spagnolo puro della Spagna, ma da piccola quando mi chiedevano cosa parlavo rispondevo prontamente: castellano.

Il castellano parlato nel mio paese, il Cile, è sempre stato un castellano parlato con un accento soave che si mangia le consonanti e qualche volta anche le vocali finali di una parola, molto simpaticamente involgarito con dei detti che cambiavano e cambiano ancora oggi, d'accordo alle mode, alle forme di vivere, al linguaggio percepito per la strada, nella televisione, al cinema, infine su tutti i mezzi di comunicazione come succede in qualsiasi altro paese.

Avendo lasciato il mio paese da parecchi anni ed obbligata ad imparare altre lingue per necessità, effettivamente, il castellano vero e proprio lo parlo pochissimo. Tanto è che i miei amici cileni, molte volte ridono allegramente perché parlando con loro passo automaticamente dal castellano all'italiano senza rendermene conto. E, non ne parliamo quando scrivo, dubbi a non finire, visto che in Italiano la h all’inizio delle parole non esiste quasi, mentre in castellano ne siamo pieni e gli errori di ortografia abbondano.

Con l'inglese il problema è diverso. In italiano e/o castellano abbiamo bisogno di una costruzione sintattica complessa e di conseguenza lunga. In inglese riusciamo a dire lo stesso concetto e qualche volta  più facilmente con una frase decisamente più corta. Non parliamo del francese e del portoghese perché tutto sommato le problematiche sono simili. 

Tutto questo per dire che credo di essere la persona meno adatta per parlare di linguaggio e soprattutto di linguaggio come strumento di comunicazione tra noi essere umani.

yyNon basta imparare una lingua per conoscerla, per dominarla. Bisogna capire le sue inflessioni, quale linguaggio è più consono secondo le diverse situazioni. Come ci si dirige ad un adulto, ad un anziano, ad un bambino. A un amico, a uno sconosciuto, formalmente o meno. Quali sono le abitudini del paese dove vivi. Cosa è considerato “normale”, “educato”, “volgare”, “divertente”, come vivono la “intelligenza emotiva” e così via.

Vi posso assicurare che in generale si ride delle stesse cose dappertutto, basta pensare al cinema muto. Ma quando l'interazione reale tra le persone diventa più profonda le differenze vengono fuori e non capirsi è un rischio che si corre molto più spesso di quanto si pensi.

Chiaramente, è necessario conoscere l'attualità e conoscerla bene per poter leggere un giornale e capirlo veramente. Senza questa conoscenza è impossibile  capire i giornali, le barzellette e il perché di tante cose.

Il dramma è quando parlando la stessa lingua non ci si capisce ugualmente. 

Purtroppo, sta succedendo sempre di più. E' un problema di educazione, di cultura, di studio, di ignoranza e di arroganza. Secondo il mio punto di vista è più un problema di rispetto per l'altro che un problema di linguaggio.

Le lingue possiamo studiarle ed impararle, possiamo parlare egregiamente o meno bene, ma capirsi tra noi è  determinato fondamentalmente dalla nostra valutazione interna e da come ci rivolgiamo al nostro interlocutore. E' un processo veloce e spontaneo perché nella nostra quotidianità non abbiamo un tempo dedicato a pensare a come rivolgerci a chi ci sta di fronte.  Il come lo facciamo però è il risultato  della  nostra esperienza di vita e dovrebbe essere influenzato dalla nostra stima e considerazione, o da una neutralità dettata dalla mancanza di conoscenza, e sicuramente non deve dipendere esclusivamente dalla circostanza e/o dal ruolo sociale di chi abbiamo difronte.

Credo che il linguaggio, e in questo caso mi riferisco soltanto al linguaggio orale, sia lo strumento che ci permette di comunicare più o meno efficacemente d'accordo alla nostra conoscenza specifica (del vocabolario, della grammatica, della sintassi di una lingua) ma sono convinta che comunicare con qualcuno significhi  mettere in atto un processo di interazione tra soggetti diversi molto più complesso.

Vi segnalo un bellissimo articolo scritto da Cesare Segre nei giorni scorsi sul Corriere della sera.
http://www.corriere.it/cultura/10_gennaio_13/cosi-degrada-la-nostra-lingua-cesare-segre_f86dbfb6-0015-11df-b35f-00144f02aabe.shtml

 

 

Marisol Barbara Herreros: Cilena di nascita nazionalizzata italiana, con più di 30 anni di esperienza in marketing, vendita e relazioni pubbliche. Viaggiato un pò, vissuto stabilmente in Santiago del Cile, Quito, Londra e Roma. Responsabile della Redazione di Caos Management. Direttore di GEManagement Ltd. http://www.linkedin.com/in/barbaraherreros