Pensieri sparsi
di Laura Del Vecchio
Mi è stato chiesto: “Il bello è nelle cose o in chi osserva?” Ho esitato il tempo di un sospiro e poi senza esitazione ho risposto:”Secondo me il bello è nelle cose; chi osserva può vederlo o non vederlo”.
Questa convinzione non è senza conseguenze. Innanzi limita il relativismo e impone delle regole alla propria coscienza. In secondo luogo apre la via all’azione: per poter cogliere la bellezza nelle cose ci si deve dotare dei “ricettori” giusti. E qui interviene il sapere. C’è chi ha detto che conoscenza non è avere tutte le risposte ma sapere dove andare a cercarle (Beniamino Placido, recentemente scomparso).
Ciò implica uno stato di coscienza “vigile” , rilassato e aperto al mondo e agli altri. Informarsi, confrontarsi, condividere: moltiplicare i “ricettori”. Tutte azioni che consentono una migliore comprensione del quotidiano e anche una migliore fruizione dell’ambiente. Lo scopo è sciogliere i nodi che costantemente serriamo per bisogno di controllo su quello che riteniamo nostro.
Il nostro avere, il nostro fare, il nostro sapere. Ogni chiusura lentamente uccide per asfissia.
Il primo sintomo è appunto la vista appannata che impedisce di decifrare il proprio sentire. In questo stato di cecità prende il sopravvento la paura. Si instaura il sospetto. Fa presa la demagogia.
Nelle relazioni, siano esse di lavoro o personali, non si vede attraverso la superficie. Emblematica la corsa agli scanner più impudichi con il pretesto della sicurezza negli aeroporti, metafora di una società che non si fida più dei propri occhi. Riscuote successo negli Stati Uniti una serie televisiva in cui il protagonista sa decifrare le espressioni facciali e il tono della voce per smascherare la menzogna dietro le parole (Lie to me).
I contadini o chi va con regolarità in montagna e per mare, istintivamente e molto naturalmente riesce a leggere le espressioni del cielo e a capire l’intenzione delle nuvole che si addensano. Una sintonia con quanto ci circonda che si è persa e di cui si sente il bisogno.
Abbiamo staccato la spina nell’illusione di proteggerci ottenendo però solo sofferenza. Non è un caso se in Avatar i personaggi sono dotati di una sorta di presa scart organica con la quale entrano in comunicazione con gli altri esseri del loro mondo.
Il bisogno di conoscere esiste nell’uomo da sempre, ma altrettanto antico è il controllo sul sapere. Pandora apre il vaso. Google mette fine alla censura sul proprio portale cinese. Rifiuterà di filtrare le informazioni anche se gli costerà l’espulsione dal mercato cinese.
Ogni nascita, ogni progresso impone di rompere un guscio. Accendere la coscienza ha sicuramente un costo. Aprirsi all’altro un rischio. Faticoso ma anche benefico. Riscoprire il gusto del bello e il piacere del saper fare dà soddisfazione.
Bisogna però darsi il tempo di imparare.
In economia significa ricostruire il sistema secondo principi di artigianalità. Lo segnala Richard Sennet consulente di Obama nel suo The Craftman, ma da sempre lo ricorda anche la saggezza popolare quando invita a dare tempo al tempo.
Viviamo in un sistema senza frizione in cui siamo abituati a forzare per far entrare le marce sordi al grattare rumoroso del cambio.
Laura del Vecchio: Due lauree, Giurisprudenza con tesi in Economia a Roma e Commercio Internazionale a Le Havre; due specializzazioni, in Economia dei mercati asiatici e in Comunicazione; due esperienze “in azienda” come export manager per Fiat Auto Japan e per Danone; due esperienze “di penna” al quotidiano economico “Nikkei” e all’ISESAO della Bocconi: un “saper scrivere e far di conto” che ha finito per trovare buon uso all’Istituto nazionale per il Commercio Estero. Nata il 13 settembre del 1968: da poco compiuti…. due volte vent’anni