Una partita a scacchi giocata con la Morte
Lento scorrere del tempo, come lenti movimenti di una partita a scacchi. Gli occhi di Block di ritorno dalle Crociate, durate dieci anni, sono oramai incapaci di stupore, alieni alla gratitudine, incuranti del piacere del ritorno.
Il suo paese è devastato dagli orrori della pestilenza; atterrito da intoccabili donne possedute dal demonio; lacerato da mostruose processioni di flagellanti dai corpi martoriati.
Antonius Block, cavaliere svedese del XIV secolo, novello Odisseo, riconosce la sua terra ma non ha più la capacità umana della comprensione. Il suo cuore “è vuoto e il vuoto è uno specchio che mi guarda: vi vedo la mia immagine riflessa e provo disgusto e paura”.
Sulla spiaggia al crepuscolo, il suo scudiero addormentato, il cavallo scalpitante sulla riva del mare, in alto fermo nel cielo plumbeo un enorme uccello, il Cavaliere incontra la Morte che lo fissa e lo invita a seguirlo. Block non muove un muscolo, non è atterrito, è pronto ma ha ancora bisogno di tempo, di una piccola dilazione: “Tu giochi a scacchi, non è vero?” Sa che la partita non avrà un premio finale perché è essa stessa il premio: prendere tempo.
Come Amleto, dubita, si interroga, chiede e le sue domande non ottengono risposta. “Nessuno ti risponderà” gli confessa la Morte.
Non sarà la Filosofia né la Scienza a salvarlo dal nulla, ma qualcos’altro che darà scacco al suo antagonista.
Nel suo andare incontra una coppia di saltimbanchi. Lei è bella e allegra, lui semplice e sensitivo, hanno un bimbetto che indossa solo una camicina, che gattona nell’erba e ride e gioca col padre.
Un pomeriggio lieve e pensoso trova il Cavaliere insieme alla madre, lei gli offre delle fragole selvatiche colte sulla collina “ Sentite come profumano, non ne ho mai viste di così grosse” e una ciotola di latte appena munto.
Block, con il volto bellissimo di Max von Sydow (Ridley Scott ha certamente pensato a lui per il suo replicante in Blade Runner) prende la ciotola e un pugno di fragole e si sente finalmente pacificato. Il suo cuore sgombro si riempie di bellezza e di malinconia. Le lunghe mani strette intorno alla grande ciotola bruna “Lo ricorderò questo momento: il silenzio del crepuscolo, il profumo delle fragole, la ciotola del latte e i vostri volti su cui discende la sera. Porterò con me questo ricordo delicatamente come se fosse una ciotola di latte appena munto che non si vuol versare”. La risposta alle sue domande è quella. Il vuoto viene riempito solo dalla bellezza, dalla vita stessa. Decide allora di perdere la partita.
Ho cercato di rendere poeticamente un’ opera d’arte grandissima. Il piacere di svelare i volti, il lucido bianco e nero, i personaggi shakespeariani, il Castello di Block in cui irrompe La Maschera della Morte Rossa ( Edgar Allan Poe), la processione su per la collina al tramonto con la Morte in testa ( La Parabola dei Ciechi di Bruegel), la capacità di Bergman di scalfire, scalpellare, incidere la coscienza di chi lo guarda tanto da chiedersi: “E’ sempre e solo compito dell’uomo di cultura riconoscere e apprezzare l’ingegno, il talento, la grandiosità vitale del genio?”
Osare.
Avere il coraggio di andare contro corrente, di andare oltre, di valicare confini, di non fermarsi alla superficie. Non esiste una cultura alta ed una meno alta esiste solo la noia. Un gesto creativo senza vita, asfittico, pavido, furbo, conveniente è merda.
laura Lambiase Profeta ha scritto di musica per “Laboratorio Musica” e “l’Unità”; ha descritto Napoli sul “Mattino” e sulla guida “dell’Espresso”; si è divertita su “Cosmopolitan”.
E' nata a Pontecagnano molti, molti anni or sono e vive a Napoli tra Paradiso e Provvidenza.