Numero 26

RIFLESSIONI SULLA CONSULENZA DI DIREZIONE

 

 

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Giuseppe Monti

 

COME SCEGLIERE LA CONSULENZA - Settembre 2004

Area transito aeroporto internazionale di Amsterdam, zona fumatori (solo in Italia non esiste una zona fumatori negli aeroporti internazionali). Provenienza da Rio in attesa del volo per Roma. Mi sento chiamare per nome da un signore della mia stessa età con aspetto professionale. Disperata ricerca nella memoria….. si tratta di un ex collega dirigente nell’azienda che ho lasciato da trenta anni. Il nome nemmeno a parlarne. Soliti convenevoli. Ha lasciato l’azienda, finalmente, da tre anni e si è dedicato all’attività di consulente. E’ entusiasta della scelta fatta e me lo spiega con: “L’aspetto migliore di questa professione è che quando hai un problema o anche quando fai un errore, questo non ti tocca per niente. Alla fine non è la tua azienda. Vai via e passi al prossimo lavoro.” Per fortuna (sua) stanno chiamando il mio volo. Ne avrei fatto polpette. Con il suo atteggiamento non ci sarebbero stati molti “prossimi lavori”.

Le riflessioni durante il volo di ritorno a Roma furono tante, ne riporto alcune, sottoforma di appunti.

  1. Quando un imprenditore, un direttore generale, un manager di una organizzazione si rivolge ad un consulente, o meglio ad una società di consulenza, è perché ha un problema che non ritiene di potere, o non vuole, risolvere da solo o con lo staff che ha a disposizione. Oppure quando ha un progetto per cui non ritiene di avere a disposizione nell’organizzazione la conoscenza e/o la competenza necessaria.
  2. Da una consulenza ci si aspetta un risultato misurabile e quindi un ritorno sull’investimento. Ed è compito della consulenza fare in modo che i risultati siano misurabili.
  3. Il costo/investimento della consulenza, non solo in termini monetari, e comunque misurabile in termini monetari, è un importante fattore nella decisione di dare un incarico. Il committente, prima di prendere la sua decisione, avrà calcolato la convenienza di utilizzare le proprie risorse interne ed il costo in apprendimento, distrazione da altri incarichi, tempi eccetera di queste ultime.
  4. Un consulente è qualcuno che fornisce una particolare esperienza, comportamenti, metodologie, competenze, o altri contributi per assistere un cliente a migliorare lo “status quo”. E il suo intervento è centrato sulle necessità specifiche del cliente.
  5. Se la consulenza si limita a mantenere lo “status quo” non compie in pieno il suo lavoro. L’obiettivo deve essere sempre far crescere il valore della committenza. Ed essere in grado di misurare e permettere di misurare la creazione del valore.
  6. Consulenza non è sinonimo di implementazione, consegna ed esecuzione ma questi elementi devono essere inclusi.
  7. C’è sempre un “modo migliore” per fare le cose. E’ compito del consulente identificare e mettere in pratica questo “modo migliore”.
  8. Un consulente, o una società di consulenza, non dovrebbe mai accettare un incarico se non è sicuro di essere in grado di aggiungere valore al committente e di essere in grado di dimostrarlo.
  9. Molti secoli fa qualcuno (Platone?) ha detto che una vita non riesaminata non vale la pena di essere vissuta.
  10. In quarantacinque anni di esperienza, prima come dirigente in una multinazionale, poi come consulente free-lance per diverse multinazionali, infine negli ultimi vent’anni come fondatore ed amministratore attivo di una società di consulenza, non mi riesce di ricordare un incarico non portato a termine con successo. E per successo intendo creazione di valore per il committente.



Altro che “……quando hai un problema o anche quando fai un errore, questo non ti tocca per niente. Alla fine non è la tua azienda. Vai via e passi al prossimo lavoro.”

 

La consulenza come aiuto all’impresa - Novembre 2003

Secondo la Small Business Administration, su dieci persone che decidono di avviare un’attività imprenditoriale, ben otto falliscono nel loro intento entro due anni. Il successo, invece, viene ottenuto da quelle persone che riescono a eliminare i problemi prima che diventino troppo gravi.

Alcuni dei principali trabocchetti nei quali cadono i titolari delle piccole imprese che falliscono sono:

  • La mancanza di programmazione
  • La difficoltà ad adattarsi ai rapidi mutamenti del mercato
  • L’espansione troppo rapida e non programmata
  • La propensione ad accettare consigli da persone inadatte

Nelle economie occidentali il numero delle nuove aziende continua ad essere piuttosto ampio, nonostante la crisi che dura da ormai tre anni, ma le statistiche dimostrano che più del 50% delle nuove piccole aziende chiude entro i cinque anni di attività. Poiché la causa prevalente di queste rovinose cadute è da attribuirsi alla difficoltà di acquisire una preparazione manageriale, il piccolo imprenditore potrebbe ricorrere più spesso a consulenti esterni. A sua disposizione esiste, infatti, un gran numero di specialisti nel settore della gestione aziendale, dell’analisi dei processi, del marketing, della comunicazione e della formazione. Uno studio recentemente svolto negli Stati Uniti dal Business Administration Center ha dimostrato che le piccole aziende che avevano fatto ricorso all’assistenza di un consulente esterno,  sono pervenute a risultati di gestione molto superiori rispetto a quelli ottenuti da altre aziende dello stesso genere in situazioni confrontabili. Dalla ricerca è risultato anche che:

  • Solo un aspirante imprenditore su quattro decide di farsi assistere da un consulente
  • Di quelli che decidono in senso positivo, l’86% è ancora sul mercato allo scadere dei primi due anni.

Nei momenti in cui l’economia non brilla, quando si intravede un periodo di recessione, per gli imprenditori esistono due modi, profondamente differenti, di reagire:

  • Ridurre i costi attraverso tagli ripetuti (nel personale, nelle risorse, nella ricerca dell’innovazione), con la perdita, talvolta irrecuperabile, di competitività e dell’orientamento al mercato
  • Ridurre i costi attraverso una ristrutturazione del modo di lavorare, di produrre nuove idee



La necessità di ridurre i costi è comune a tutte le imprese, ma è il modo in cui si reagisce alla crisi economica che determina il successo futuro di un’azienda.
Per questo è importante approfittare di questi periodi, per innovare i processi aziendali, formare i propri dipendenti e prepararsi al nuovo ciclo di sviluppo economico, potendo vantare un consistente vantaggio competitivo sui competitor. Molte delle piccole e medie imprese rimangono immobili nei momenti di difficoltà, per questo avere il giusto coraggio di investire può portare al successo: occorre prepararsi alle nuove sfide del mercato.