Appunti su taluni aspetti della politica economica italiana
3° Parte
Vincenzo Porcasi
LO STATO IMPRENDITORE
Con il progredire dell´organizzazione del paese l´intervento dello Stato si estende in misura crescente ai servizi di interesse generale: ferrovie, poste, telegrafi. La crisi degli anni ´20 e ´30 vede nascere lo Stato - Imprenditore in cui la gestione pubblica delle attività economiche inizia a seguire i principi dell´economia di mercato, a differenza dell´intervento pubblico del passato, presente soprattutto nei monopoli fiscali. Con Giovanni Giolitti, affiancato dall´esperta collaborazione di Alberto Beneduce - che sarà in seguito l´autorità suprema dell´economia italiana - nasce l´Istituto Nazionale delle Assicurazioni.
Nel 1926, le industrie gestite dalla liquidazione della Banca Italiana di Sconto vengono trasferite alla Banca d´Italia e si costituisce l´AGIP, Impresa Petrolifera Statale. Quando le Banche si trovano in pesanti difficoltà a causa della grande depressione e della politica dell´assistenza all´industria da esse tradizionalmente esercitato, lo Stato interviene nella produzione con una dimensione a carattere nazionale. Con il R.dl. del 13 novembre 1931, numero 1398 viene costituito l´IMI (Istituto Mobiliare Italiano), Ente di diritto pubblico, che aveva lo scopo di assumere partecipazioni azionarie in imprese private italiane e di concedere mutui di durata non superiore a 10 anni, finanziandosi attraverso l´emissione di obbligazioni. Così di fatto avviandosi il modello italiano di gestione pubblica delle attività produttive, al fine di mantenere elevato il grado di occupazione e quindi di stemperare il conflitto sociale attraverso l´azionariato pubblico che obbedisce a ragioni politiche e non capitalistiche.
Giànegli anni precedenti la grande crisi, i tre istituti che saranno designati in seguito col nome "Benedice": Consorzio di credito per le opere pubbliche - CREDIOP, Istituto di Credito per le Imprese di Pubblica Utilità - ICIPU, Istituto per il Credito Navale, emettono obbligazioni, sotto il controllo del tesoro ma se svolgono attivitàspecifiche rivolte ai settori di interessegenerale o a industrie, concessioni di servizi l´IMI di più è destinato ad affiancare l´industria nel suo complesso, senza limitazione. Si deve tuttavia ricondurre a Beneduce il merito di aver lanciato le obbligazioni in Italia. La crisi delle banche e l´intervento del governo pongono in primo piano la figura di Alberto Beneduce, "dittatore economico" del paese.
Durante il lungo periodo in cui domina la politica economica italiana non manca mai nei passaggi obbligati dell´alta finanza e in ogni grande operazione di interesse generale. Pur allontanatosi dai maggiori esponenti della sinistra democratica, suoi compagni di lotta politica, dispersi dal fascismo trionfante, si reinserisce nella gestione della politica economia senza abiurare la sua precedente milizia politica, né richiede l´iscrizione al partito fascista.
E´criticato dalla vecchia guardia fascista per il numero di cariche che accentra: deputato e sottosegretario di stato nel 1922, organizzatore dell´Istituto Nazionale delle Assicurazioni nel 1912, e, dell´Opera Nazionale per i Combattenti, collabora con Bonaldo Stringher, al potenziamento dell´Istituto Nazionale per i cambi con l´estero (INCE) e nel 1927 alla stabilizzazione della lira.
Presidente del Consorzio di Credito per le opere pubbliche, dell´Istituto di Credito Navale, dell´Istituto per la Ricostruzione Industriale - IRI, della Società Italiana per le Strade Ferrate Meridionali, vice presidente della Banca dei Regolamenti internazionali di Basilea. Ma, Mussolini gli conferma la sua fiducia. Il successo di Beneduce è criticato ampiamente anche dai suoi antichi compagni di fede, esuli a Parigi.
"La libertà" del 16 febbraio 1933 commenta aspramente "Beneduce non ama compromettere l´avvenire dopo aver tradito il passato. A tutti coloro che si recano a Parigi e che devono vedere i suoi antichi padroni, l´Onorevole dice in prudente segreto, ma perchè la cosa sia risaputa, che egli non è fascista, che egli rimane fedele ai suoi vecchi ideali democratici e che serve il fascismo solo per moderarlo ed evitare persecuzioni. Nessuno gli crede"[3]. Intanto le banche costituite da componenti cattoliche sono le strutture più deboli del sistema bancario e la loro situazione insostenibile ancora prima della crisi di Wall Street.
Nella primavera del 1929 Pio XI fa sapere a Mussolini che desidera aiutare l´azione del governo diretta al salvataggio di quegli istituti nei quali "contro i divieti della Santa Sede", sono implicati soggetti cattolici. Mussolini approfitta di tale comunicazione per addossare la colpa di tali disastri a Don Luigi Sturzo, ex segretario del Partito Popolare. Con sarcasmo, il 18 dicembre 1930 dichiara in Senato: "nel 1919, un prete siciliano, si pose in capo di conquistare l´Italia. Ci fu difatti un periodo in cui faceva e disfaceva i ministeri, poneva il veto come un antico tribuno della plebe... aveva creato, e, diciamolo pure, potenziato, una infinita serie di istituti di credito che andava dalle piccole banche rurali ai grandi istituti nazionali. Di questa vasta ambiziosa impresa, non restano che delle rovine, che io vado raccogliendo... quell´ospedale bancario che si chiama l´Istituto di Liquidazione che noi pensavamo di chiudere il 31 dicembre 1930... dovrà rimanere aperto per un certo numero di anni".
Nel 1932, anno tristissimo dal punto di vista dell´economia, cadono le illusioni sulla spinta anticongiunturale dell´attività dell´IMI a sostegno delle industrie. Pesano sull´economia internazionale e di riflesso su quella nazionale, le difficoltà alla perdurante caduta dei prezzi all´ingrosso, come quelle conseguenti all´inflazione, che affligge la quasi totalità dei paesi. La Borsa Valori registra rinnovate falcidie, tanto che negli ultimi mesi del 1932 il complesso degli indici economici evidenzia una situazione sotto molti aspetti paurosa. Nella terribile congiuntura Mussolini ritiene urgente riorganizzare il finanziamento industriale. Distingue i crediti a breve termine, a medio, a lungo e indica per i primi le Banche di Credito Ordinario, per i secondi l´IMI, per gli altri l´IRI. L´opposizione tenace di Beneduce alla Banca Mista e le critiche degli economisti liberisti hanno un´eco nel disegno del capo del governo, così che la separazione Banca - Industria diviene definitiva.
E´ la soluzione che piace a Beneduce e che consentirà al Sistema bancario di uscire indenne da una seconda guerra mondiale che pur devastando il paese nella sua totalità, lascia le banche pingui di plusvalenze e pronte a finanziarie il settore edile nella ricostruzione post -bellica.
Tale settore trainante che trasforma i paesi in un cantiere, assicura tuttavia il mancato confronto rivoluzionario. Nasce con il Rdl. il 23 gennaio 1933
l´Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI) che assume il controllo di numerose aziende che operano in svariati settori: siderurgico, meccanico, elettrico, cantieristico, minerario, chimico. Il provvedimento articola il nuovo istituto in due sezioni: la sezione finanziamenti industriali e la sezione smobilizzi industriali.
Alla prima compete il finanziamento a lungo termine di aziende industriali, alla seconda l´assistenza finanziarie a banche immobilizzate e la gestione di valori immobiliari di crediti di cui lo Stato è titolare a seguito di salvataggi e risanamenti bancari.
Nel 1933 quando vengono sciolte le holdings di comodo, l´IRI si ritrova proprietario del 94% delle azioni della Banca Commerciale Italiana e del 78% delle azioni del Credito Italiano. La massiccia presenza statale nell´economia genera i dibattiti teorici, nell´immediato dopoguerra, tra liberismo e interventismo. L´IRI da istituto provvisorio diviene Ente Permanente nel 1937, tale da raffigurare la presenza dello stato nell´economia italiana proporzionalmente più ampia di quella di ogni altro stato europeo. Diversamente che la Germania la pianificazione dall´alto consente all´industria italiana di mantenere una certa produttività e competitività che porta ad un´articolata presenza sul mercato internazionale con prodotti che negli ´50 e ´60 contribuiscono ad aggiustare efficacemente la pesante eredità lasciata dalla guerra sulla bilancia dei pagamenti.
L´azione illuminata di Beneduce si incontra poi con quella dei governatori Menichella e Carli che da un punto di vista liberista assistono il governo nella ricerca di adeguate soluzioni finanziarie ai conflitti sociali latenti. Intanto la Chiesa, in particolare l´Oratorio Salesiano, affronta il problema delle grandi organizzazioni post - belliche in un contesto privo di servizi, realizzando così dei laboratori sociali fino al ´68 quando esplode la contestazione giovanile e si pone il problema della critica sociale al sistema esterna al cd. sinistra, introducendo il fenomeno terroristico nel paese.
Intanto, il senso giuridico di Pio XII lo induce a privilegiare il regolamento delle relazioni internazionali sul diritto e non sulla forza e a riporre grande fiducia nei concordati, quali baluardi contro le sopraffazioni delle dittature anticristiane. Già nella sua prima enciclica, pubblicata il 20 ottobre 1939 si dice nell´ "hora tenebrarum" - Hitler ha già invaso la Polonia - traspare la condanna del fascismo, del nazismo e del bolscevismo attraverso la riprovazione della statolatria.
Pio XII si muove con prudenza, ma non evita di ripete le sue proposte di pace per un nuovo ordine fondato sulla giustizia. Gli sforzi di pacificazione e tutti i tentativi per salvaguardare la pace si rivelano inutili e orami convinto dell´impossibilità di frenare l´espansionismo hitleriano, aumenta gli sforzi per indurre Mussolini a non scendere in campo. Mussolini risponde: "comprendo il Vostro desiderio e sia dato all´Italia di evitare la guerra. Questo è accaduto fino ad oggi, ma non potrei in alcun modo garantire che ciò possa durare fino alla fine".
Nella drammatica situazione bellica che sconvolge il mondo, per mettere ordine nelle finanze vaticane Pio XII da vita ad una banca del Vaticano, l´Istituto per le Opere di Religione, lo IOR, che ha il compito di provvedere all´amministrazione dei capitali destinati ad opere di religione o di carità cristiana. D´altra parte molti antifascisti considerano il Vaticano come punto di riferimento. Anche la Principessa Maria Josè, nonostante sia spiata dalla polizia, riesce a tenersi in contatto con il Vaticano e con gli ambienti antifascisti per una soluzione che, attraverso la mediazione del papa, separi l´Italia da Hitler. La decisione prsa nel gennaio 1942 a Casablanca da Roosvelt, Churchill e De Gaulle - che capeggia la Francia libera -, di non porre fine alla guerra è per Pio XII motivo di delusione e di amarezza.
Monsignor Tardini, segretario della Congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari, riceve sollecitazioni per un intervento pubblico del pontefice è lui stesso convito dell´utilità di una prova forte, fa presente che, "la fame, la miseria, la desolazione sviluppano germi di comunismo in Italia e che tutti gli anti clericali e molti antifascisti accusano la Santa Sede di aver sostenuto il fascismo". Roma e i suoi quartieri anarchici intanto subiscono l´attacco delle fortezze volanti americane liberatrici che vogliono mettere fuorigioco il sistema ferroviario italiano e il Papa si reca a San Lorenzo, luogo del bombardamento accolto da una folla atterrita.
[3] Ernesto Cianci, Nascita dello Stato imprenditore in Italia, Mursia
editore, Milano, 1977, pag. 119.