Numero 32 Registrazione al tribunale di Roma N° 3/2004 del 14/01/2004

Tempo di leggere

di Barbara Herreros

 

Poco tempo fa cominciai ad interessarmi al ruolo dell’intelligenza emotiva e la pubblicità. E’ un tema appassionante e soprattutto vastissimo. Mettere dei limiti è difficilissimo perché il mondo nel quale viviamo è sempre di più un mondo d’immagine, d’icone, di tecnologie innovative e di nuovi mezzi di comunicazione.

Arrivando l’estate periodo nel quale possiamo (si spera!) tutti leggere un pò di più riporto due libri che apparentemente sono agli antipodi. A voi il giudizio!

 

Lovemarks: the future beyond brands

uuKevin Roberts è un signore, inglese, il cui primo vero lavoro fu lavorare con Mary Quant a Londra, come Brand Manager. Da 1989 vive in Nuova Zelandia e dal 1997 è il Chief Executive Officer Worldwide of Saatchi & Saatchi, una delle organizzazioni creative leader mondiali con 7000 impiegati in 83 paesi.

Nel 2006 ha scritto un libro “Lovemarks: the future beyond marks” , tradotto in 16 lingue e venduto 160.000 copie.

Le sue “lovemarks” vogliono essere una risposta alla domanda: cosa viene dopo il brand (marchio)? E la risposta è rivoluzionaria perché il suo punto di partenza sono le emozioni, convinto della costanza della natura dell’essere umano.
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Parla di persone, non di consumatori. E’ convinto che lo spirito della fine del millenio ci sta spostando dal potere d’acquisto attraverso transazione verso relazioni emotive create da coinvolgimento.

Il suo slogan personale è “nothing is impossible”. Il concetto del libro è che le imprese ed i consumatori possono aspirare a qualcosa di più che un mondo pieno di “brands” omogeniche e generiche.

Dove un brand è proprietà di una corporation il punto di partenza delle “Lovemarks” sono la vita ed il punto di vista del consumatore. Se fai sparire una “marca” (brand) il consumatore troverà qualcosa per rimpiazzarla. Se fai sparire la sua personale “lovemark” ti troverai con la protesta per la sua assenza.

I tre elementi chiave per la creazione di una “lovemark” sono Mistero, Sensualità ed Intimità.

Crede che il nostro futuro si trova nelle connesioni emotive costruite con rispetto, sicurezza e diffuse con amore.

Un capitolo è stato aggiunto al libro “Diamonds in the mine” dove si esplora la esperienza di fare shopping visto dalla perspettiva delle lovemarks e mostra come alcuni rivenditori stiano creando “il Teatro dei Sogni” per guadagnare fedeltà al di là della ragione.

http://www.saatchikevin.com/Lovemarks_The_Future_Beyond_Brands/

 

 

Sindrome Ossessiva da Brand: L’illusione del business e il business dell’illusione

uuLucas Conley ha iniziato la sua carriera scrivendo per The Atlantic Monthly. Oggi collabora con USA Fast Company, The Boston Globe e ESPN: The Magazine. E ha scritto come primo libro: “OBD: Obsessive Branding Disorder The Business of Illusion and the Illusion of Business” tradotto come “Sindrome Ossessiva da Brand : L'illusione del business e il business dell'illusione” pubblicato da Nuovi Mondi, pp. 183, in uscita in Italia ed in USA.

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http://www.nuovimondi.info/modules.php?op
=modload&name=News&file=article&sid=2262

 

“DAGLI OSPEDALI ALL’ISTRUZIONE, DAL SESSO ALLA PSICHIATRIA E PERFINO AI CIMITERI; SIAMO MARCHIATI, IN SENSO PIUTTOSTO LETTERALE, DALLA CULLA ALLA TOMBA”

Un’indagine brillante e incisiva su un fenomeno che da anni affligge e rimodella la cultura e l’economia in modo radicale: la Sindrome Ossessiva da Brand. La società è letteralmente e ossessivamente schiava del brand. Ogni giorno, ogni persona, viene martellata da migliaia di marchi che influiscono sulle emozioni, sui gusti, sulla cultura.

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Il viaggio di Conley parte da Cincinnati, la Mecca del brand nonché sede di una delle aziende che ha maggiormente studiato, creato e sfruttato l’impatto di moltissimi marchi americani e internazionali: la Procter & Gamble. Da qui si snoda un’analisi attraverso i processi e le tecniche che conducono alla definizione di un marchio.

Il branding ha oltrepassato i limiti dei suoi esordi: oggi i brand devono avere un odore, un gusto e un suono. Voci, comportamenti e “processi” devono essere marcati.

Oggi qualunque cosa abbia già una marca è vulnerabile agli attacchi della concorrenza e qualunque cosa ne sia priva è un’opportunità. Acqua, terra e cemento oggi arrivano con un marchio. Avete bisogno di tirare un po’ il fiato? L’ossigeno di marca esiste giá. Stanchi? Decine di imprenditori, nelle cliniche, negli alberghi e nei “nap center”, offrono il loro marchio esclusivo di sonno e relax.

Ciò che un tempo era costituito da prodotti e servizi oggi è sempre di più fatto di beni intangibili e nebulosi. Ciò che un tempo era un marchio, oggi è Il Marchio.

Questa settimana potete trovare un’articolo scritto da Larà Crinò sulla pagina della cultura di “Il Venerdì” di Repubblica numero 1062 del 25 luglio 2008. Il titolo dell’articolo è “Brand, Se la passione per le marche diventa una vera ossessione”.