Capitalismo solidale
di Laura del Vecchio
Nell’ingorgo generale di una crisi economica mondiale dalla quale nessuno sembra sapere come uscire, incominciano a farsi largo valori in passato considerati incompatibili con la logica del profitto. C’è addirittura chi ha avanzato la proposta di un’imposta sul modello della francese ISF : impôt de solidarité sur la fortune. Quella italiana, se ho capito bene, sarebbe stata una tantum: come se si potesse essere un po’ solidali e solo per un po’. Si può essere d’accordo o meno sull’efficacia economica di questo tipo di imposta ma non si può negare che di solidarietà si comincia a parlare e non solo come di un “male” necessario.
L'ultimo giorno di lavori del Forum Sociale di Belem di quest’anno è stato dedicato all'economia solidale, non solo come antidoto alla crisi economica globale, ma anche come tassello per la costruzione di un nuovo mondo possibile. Se nel cuore nel Paese considerato la patria del capitalismo, lo Stato interviene a sostegno del sistema finanziario e creditizio e con pari impegno interviene anche a sostegno dei redditi bassi, della sanità e dell'istruzione, con aiuti alle persone e alle amministrazioni, c’è da sospettare che l’idea di un capitalismo solidale non sia poi così astrusa.
Che la Chiesa stessa sia scesa in campo non sorprende, ma che lo abbia fatto addirittura stipulando un accordo con l’ABI per mettere a disposizione delle fasce economicamente più deboli piccoli prestiti di “primo soccorso” fa pensare.
C’è da chiedersi se si tratti solo di una solidarietà dell’emergenza o se finisca con l’essere integrata nel tessuto sociale, a irrobustire una trama che è sempre più lisa. A livello individuale, forme di “mutuo soccorso” non sono una novità: da tempo, ad esempio, esistono gruppi di acquisto in cui l’unione ma soprattutto la “condivisione” generano un beneficio per i singoli. A livello di Stati e di Sistemi sembra ormai condivisa l’idea che la strategia del “ciascuno per sé” – e quindi del protezionismo - non porti nessun vantaggio. Resta però il timore che il fallimento sia dietro l’angolo, che proprio non ci si riesca a restare solidali. Il rischio risiederebbe proprio in quella scarsità di mezzi e di risorse che se da un lato invita a includere i meno favoriti dall’altro induce a escludere i più, a chiudere le frontiere a uomini e cose.
Mi piace pensare che nel panorama degli orizzonti possibili per uscire dal caos generale, non sia da escludere quello di imbastire una società più regolata, rispettosa dell’altro e dunque fiduciosa e solidale.
Laura del Vecchio: Due lauree, Giurisprudenza con tesi in Economia a Roma e Commercio Internazionale a Le Havre; due specializzazioni, in Economia dei mercati asiatici e in Comunicazione; due esperienze “in azienda” come export manager per Fiat Auto Japan e per Danone; due esperienze “di penna” al quotidiano economico “Nikkei” e all’ISESAO della Bocconi: un “saper scrivere e far di conto” che ha finito per trovare buon uso all’Istituto nazionale per il Commercio Estero: attuale “ghost writer” del Presidente dell’ICE. Nata il 13 settembre del 1968: da poco compiuti…. due volte vent’anni.