Cose dell’altro mondo
di Laura del Vecchio
All’indomani dello sconquasso dei mercati finanziari, tutti auspicavano un ritorno alle regole. Tale fu lo smarrimento che lo Stato venne chiamato a intervenire perfino dai liberali statunitensi più convinti. Fu speso denaro pubblico per salvare le banche e questo permise al Governo americano di mettere bocca sulla distribuzione dei dividendi e l’entità dei premi di produttività. L’amministrazione Obama, forte anche di questo nuovo ruolo di deus ex machina, riuscì a condurre in porto la spinosa questione della riforma sanitaria di fatto riconoscendo anche ai meno abbienti il diritto alla salute. Così hanno incominciato a essere scritte le invocate regole di un nuovo capitalismo più rispettoso della legalità e della persona. Recentemente l’obbligo di risarcimento imposto alla British Petroleum ha confermato questa tendenza e ha sancito, da un lato, il principio di responsabilità nella gestione di un’azienda e, dall’altro, il diritto di tutela in capo a quanti avevano visto la propria vita distrutta dalla marea nera. Sulla stessa linea si dipana il dibattito intorno alla costruzione di un centro islamico nelle vicinanze di ground zero: ribadire i diritti fondamentali della convivenza, quali la libertà di culto, passati in second’ordine nell’emergenza.
Anche da noi finanzieri e imprenditori si univano al coro invocando regole, ma di fatto pensavano sempre e solo a doveri per gli altri. Ben presto incominciarono a premere per vedere confermate le posizioni di privilegio che secondo loro ci avevano protetto dalla crisi. Di certo le protezioni intorno al nostro sistema bancario aveva attutito l’onda d’urto, ma vero anche che in un organismo anziano, dal metabolismo lento, un cancro ci mette più tempo a propagarsi che in un corpo giovane. Nel giro di poco, nemmeno più si parlava di regole. Anzi, l’esatto contrario: veniva proposta una “libertà” di impresa che di fatto ne avrebbe deresponsabilizzato l’esercizio. Così come era stato depenalizzato il falso in bilancio, ammesso il condono fiscale, veniva ora chiesto di poter agire in barba a tutte le norme di sicurezza, ai limiti della salute pubblica. Il tutto prendendo a picconate l’ultimo baluardo normativo in vigore: la Costituzione.
Sempre su questa linea la Fiat chiedeva ai lavoratori di Melfi di rinunciare con un Referendum a diritti conquistati con fatica attraverso decenni di lotte operaie. Condannata tra l’altro per condotta antisindacale, la Direzione della Casa torinese reintegrava i lavoratori ma chiedeva loro di astenersi dal lavorare. Scindendo la prestazione dalla retribuzione confermava lo smantellamento delle basi stesse del rapporto di lavoro e del diritto privato: il sinallagma dare/avere che pone sullo stesso piano giuridico le parti contraenti di un contratto. Con la presa di posizione a favore della Presidente di Confindustria questa linea di pensiero si diffondeva quindi a tutti i settori.
In breve, su pretesto di mettersi al passo con il resto del mondo – quello in via di sviluppo forse- si è dunque chiesto ai sindacati di fare un passo indietro e ai lavoratori di abdicare ai diritti fondamentali che li rendono tali. Al Governo il compito di legalizzare questa nuova forma di schiavitù nel miraggio di intascare il facile guadagno che solo può derivare dal furto, di diritti appunto.
Tutto ciò accade da noi quando nel resto del mondo – quello moderno e industrializzato - fa l’unanimità la ricerca di un modello di sviluppo più a dimensione d’uomo, tanto che il Pontefice nella propria Enciclica e un teorico marxista come David Harvey, in un ciclo di video lezioni dal titolo “Reading Marx’s Capital” sono arrivati a sostenere la stessa cosa:
“E’ richiesta una nuova e approfondita riflessione sul senso dell'economia e dei suoi fini, nonché una revisione profonda e lungimirante del modello di sviluppo, per correggerne le disfunzioni e le distorsioni. Lo esige, in realtà, lo stato di salute ecologica del pianeta; soprattutto lo richiede la crisi culturale e morale dell'uomo, i cui sintomi da tempo sono evidenti in ogni parte del mondo” [Benedetto XVI , Caritas in Veritate]
”It is time to look beyond capitalism towards a new social order that would allow us to live within a system that really could be responsible, just, and humane” [David Harvey, Reading Marx’s Capital]
Non sono cose dell’altro mondo, ma di questo. Non sarebbe male rendersene conto.
Laura del Vecchio: Due lauree, Giurisprudenza con tesi in Economia a Roma e Commercio Internazionale a Le Havre; due specializzazioni, in Economia dei mercati asiatici e in Comunicazione; due esperienze “in azienda” come export manager per Fiat Auto Japan e per Danone; due esperienze “di penna” al quotidiano economico “Nikkei” e all’ISESAO della Bocconi: un “saper scrivere e far di conto” che ha finito per trovare buon uso all’Istituto nazionale per il Commercio Estero. Nata il 13 settembre del 1968: da poco compiuti…. due volte vent’anni