Il tedio e Venezia
di Paola Cortiana
“Gli spodestati, gli sconfitti, i disillusi, feriti, o anche solo i tediati, sembrano aver trovato qui qualcosa che nessun altro luogo saprebbe offrire…”
Nei mesi autunnali Venezia riluce di colori diversi: il primo giorno di settembre puntualmente e in una personalissima interpretazione del concetto di biennalità, solo a lei concessa, apre i battenti la Mostra del Cinema al Lido; per le calli ci si affretta, turisti inconsapevoli del lento andare veneziano, verso i luoghi della Biennale Arte o Architettura; lungo il Canal Grande la città sfila nel colorato e a volte incattivito corteo acqueo della Regata Storica.
E in questo tourbillon di luci ed eventi, dove si nascondono gli spodestati, gli sconfitti, i disillusi, i feriti e i tediati di cui parla Henry James?
Venezia riempie le cronache mondane fin dagli anni ‘50, quando sulla terrazza del cinema Excelsior prendevano avvio le prime edizioni della Mostra del Cinema. E a riguardare le interviste dell’epoca, si intravede un’eleganza altera e sofisticata che ancor oggi si ricerca. Oggi, giunti alla 67esima edizione, si accendono polemiche, provocazioni, cori di giubilo – pochi – o dissenso – molti – ai margini del red carpet: l’incedere dei protagonisti del cinema - italiano, molto italiano quest’anno - rimane però appuntamento temuto e imprescindibile, che ha il sapore e il vago profumo del Lido del secolo scorso.
E le opere cinematografiche? Molti sono i film presentati in Concorso e nelle rassegne parallele Controcampo Italiano, Orizzonti, Settimana della critica: come ogni anno le polemiche attorno alle scelte di Mueller si smorzano per lasciare spazio a giornate ricche di opportunità. Dal durissimo “Venere nera” di Kechiche, al discusso “Vallanzasca – gli angeli del male – di Placido, nelle sale del Lido si susseguono lungometraggi e cortometraggi che offrono suggestioni da tutto il mondo, e che talvolta non trovano la giusta eco nelle pagine di quotidiani o di riviste.
“Film necessari”? “Nessuna sorpresa alla 67esima Edizione”? Difficile - o banalmente semplice? – districarsi tra riflessioni di critici cinematografici, assorbiti, oltre che da proiezioni e interviste, da eventi mondani e feste esclusive.
Prototipo del critico, d’arte questa volta, impegnato senza entusiasmo nelle vicende che fioriscono attorno alla Biennale, è Jeff Atman nel divertententissimo romanzo di Geoff Dyer Amore a Venezia. Morte a Varanasi. Il suo soggiorno veneziano si infiamma dei colori della laguna all’incontro con una donna: il suo pessimismo, la sua Morte a Venezia si trasformano, trovando poi completemento, nella seconda parte del romanzo, in un altro viaggio di lavoro, a Varanasi, città santa indù.
Ed è proprio in questo connubio tra amore e morte, tra erotismo e languore, tra il fiammeggiare del cielo al tramonto e i colori plumbei della laguna, che Venezia si disvela nella sua autenticità: è la Venezia protagonista dei film di Visconti, la città contesa tra la mondanità viziosa di D’Annunzio e i colori smorzati del “cielo gonfio di nuvole” di Thomas Mann. Una città in cui trovano rifugio i tediati e gli Incurabili: Josif Brodskji vi si recava ogni inverno, convinto che fosse l’unico periodo possibile per viverla.
La nebbia, i colori smorzati, il suono dell’acqua, non sono disturbati dalla gente e ci restituscono il fascino della città sospesa tra cielo e acqua. Una città che si specchia, che rimanda alla Russia e all’India, in un gioco silenzioso di luci e ombre, nel lungo e lento connubio tra Eros e Thanatos.
Un luogo in cui perdersi e ritrovarsi, come nel piacevole film di qualche anno fa “Pane e tulipani” o nel più recente “Dieci inverni”, presentato alla Biennale Cinema dello scorso anno.
Film da rivedere, pagine da assaporare, lasciando trascorrere qualche settimana per poi apprezzare Venezia al riparo dal clangore della mondanità, nel dedalo di calli, canali, ponti e campielli: con una sosta all’Arsenale, per ammirare una Biennale Architettura di altissimo livello (visitabile fino al 21 novembre), ma con calma, avvolti dall’acqua della laguna, nella nebbia placida e silenziosa.
Paola Cortiana, è nata a Vicenza nel 1974. Laureata in lettere moderne, insegna in un istituto superiore nella provincia di Padova. Dopo alcuni anni dedicati alla comunicazione sociale e all’organizzazione di eventi, attualmente segue attività e iniziative in campo teatrale e cinematografico, cercando di coniugare cultura, divulgazione ed educazione.