L’auto(im)mobile e Marchionne
“Se mettiamo una rana in una pentola d’acqua bollente, il suo istinto la fa saltare subito fuori poiché avverte il pericolo. Ma se la mettiamo in una pentola d’acqua tiepida, ed aumentiamo la temperatura lentamente fino all’ebollizione rimane lì ed alla fine muore bollita”.
L’apologo descrive quello che sta succedendo al mercato dell’auto, almeno nei paesi più avanzati e nelle città più densamente abitate. Ci si sta abituando lentamente ad una velocità di percorrenza sempre più bassa. E questo non solo in città affollate ma anche spesso sulle autostrade. A tutti sarà capitato di dover attendere tempi lunghi prima di poter uscire da un parcheggio o dal box per potere inserirsi nel lento flusso di macchine.
Prima o poi succederà che dopo aver avviato il motore non riusciremo a muoverci neppure di un metro fuori dal box o dal parcheggio. A questo punto la rana sarà bollita.
Ma di questo abbiamo già detto (v.car sharing).
Ci sono però altri fattori che dovrebbero essere presi in considerazione quando trattiamo il mercato dell’auto, prima che l’acqua raggiunga la temperatura di ebollizione.
Prima di tutto dovremo stabilire cosa acquista il mercato. Certamente non un insieme di pezzi meccanici: un motore, una carrozzeria, delle ruote, un cambio. Oltretutto si tratta di una tecnologia vecchia di almeno cent’anni. Acquistiamo quindi un servizio, la soddisfazione di bisogni e desideri: la possibilità (sempre più illusoria) di poterci trasferire in maniera indipendente, il poter mostrare la nostra opulenza, facendo il giro intorno alla fontana nella piazza principale del paese (quelli che comprano la Ferrari).
Altro fattore è il rapporto costi/benefici. E’ ormai dimostrato che l’uso privato di un’autovettura si limita in media al cinque per cento della vita dell’autovettura stessa; vale a dire più o meno un’ora al giorno in media. Questo vuol dire che teniamo la nostra auto immobile per 23 ore su 24, percorrendo più o meno una ventina di chilometri al giorno in media. Un semplice calcolo, che tenga conto del costo di acquisto, tassa di circolazione, ammortamento, gomme, manutenzione, assicurazione eccetera, dimostra che il costo a chilometro è assolutamente esorbitante. Senza considerare il costo del carburante sprecato col motore acceso mentre si è in coda.
Prima che la rana muoia bollita sarebbe quindi necessario guardare avanti e, da parte delle imprese produttrici, rivoluzionare la strategia, modificare la curva del valore (v. SOB).
In ogni caso il problema è complesso e sicuramente resistente a soluzioni semplici. Non si tratta quindi, come eravamo abituati a fare nel secolo scorso, di scomporlo in piccole parti, studiarle, applicare il diagramma causa/effetto, la lisca di pesce, il teorema di Pareto 20/80 eccetera. Si tratta invece di applicare il pensiero sistemico, guardare al problema complesso concentrandosi sulle relazioni tra gli elementi piuttosto che sui singoli elementi presi separatamente (v. Pensiero Sistemico).
La sola speranza è che in questo momento da qualche parte ci sia qualcuno che stia pensando alla soluzione del problema della mobilità individuale affrontandolo in maniera olistica (produzione, economia di scala, delocalizzazione eccetera). Questo qualcuno, per quello che sappiamo, non è certamente il Dottor Marchionne.
Sui media, e particolarmente su vari blog, si è aperto una grande discussione sull’operato del manager italo-canadese. Il dibattito si svolge principalmente sulla sua scarsa attitudine alla comunicazione. E questo è, a mio parere, un grande limite.
Alcuni anni fa uno studio di Harvard dimostrò che in media il valore di una impresa è costituito per l’ottanta per cento dal valore degli asset intangibili, costituito per la massima parte dalla motivazione, competenza, conoscenza e coinvolgimento del personale a tutti i livelli. Per quello che si nota sembrerebbe che questo sia stato completamente trascurato.
E’ banale dire che una buona strategia per diventare una execution di successo ha bisogno di essere portata avanti da un gruppo di persone competenti e coinvolte.
Dovere primario di ogni leader è provvedere a che ogni membro del proprio team porti a compimento la propria parte del piano aziendale, al fine di assicurare l’intero successo aziendale. Il coinvolgimento attivo di tutte le parti è fondamentale e il dialogo, franco e realistico deve costituire il cuore di questa filosofia.
In sintesi non è sufficiente tendere alla riduzione dei costi attraverso delocalizzazione, economia di scala e aumento della produttività. Sarà invece necessario seguire un ragionamento moderno basato sul fatto che se voglio migliorare il mio rendimento economico/finanziario dovrò servire meglio il mio mercato rispetto ai miei concorrenti, anzi l’ideale è riuscire a proporre al mercato una unique proposition, creando così un nuovo mercato, ma per ottenere questo risultato avrò bisogno di ricerca e sviluppo portati avanti da un team capace, competente ed altamente coinvolto.
Trascurare questi principi vuol dire non essere un buon manager, un buon leader, un buon imprenditore.
Giuseppe Monti, CMC (Certified Management Consultant): Esperienza consolidata (+ di 40 anni) in Formazione Manageriale, Marketing Internazionale, Internazionalizzazione, Business Plan, Marketing Strategico, Organizzazione, pianificazione ed implementazione di Balanced Scorecard, di BCP Business Continuity Management, di ISO 9001, 14001 e SA8000, Lean Organization per aziende Piccole, Medie e Grandi. Direttore di Caos Management. Public Profile.
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