Il nucleare tra-passato e il futuro
Con un salto dell’immaginazione, oggi, è possibile affermare che c’è più energia potenziale nella totalità degli asset immateriali, ovvero nella totalità della conoscenza accumulata, che in quella di mille future centrali nucleari; ciò appare ancora più vero, se si considera che la stessa ricerca nel campo dell’energia nucleare sicura è parte di tali asset; ma, in proposito, gli esperti parlano di soluzioni efficaci soltanto fra trent’anni, quando il nucleare sarà probabilmente superato.
Chi oggi sostiene il nucleare, in realtà, coltiva l’illusione di procrastinare a tempo indeterminato l’attuale modello economico dissipativo/distruttivo, che in campo energetico significa sostenere un sistema di produzione di energia concentrato vs un sistema di produzione di energia diffuso, ovvero in rete. In sostanza è possibile, senza esagerare, affermare che il nucleare rimane la risorsa estrema dei difensori dello status quo e di chi ha una concezione unilaterale e deterministica dello sviluppo economico.
Qui, non si tratta di opporsi alla scelta nucleare con prese di posizioni ideologiche, né di indulgere alle teorie della decrescita, che pure meriterebbero grande attenzione; ma di osservare le cose da un nuovo punto di vista, nel tentativo di scorgere territori sconosciuti e auspicare una nuova rivoluzione copernicana.
Se si fa riferimento al lungo periodo, più che soffermarsi alla pur interessante disputa filosofica sul dominio della tecnica e del suo definitivo trionfo, conviene, piuttosto, guardare all’affermarsi del Social Intellect, cioè a quella dimensione del potenziale cognitivo umano che riassume il carattere sociale della conoscenza, che rende possibile il libero sviluppo dell’individuo e pone l’uomo e la potenza infinita del suo intelletto al centro di conquiste conoscitive imprevedibili; un processo, questo, che va oltre la causalità lineare verso la dimensione della complessità.
capitale intangibile (Istruzione, formazione, R&S) è divenuto, in quell’anno, equivalente allo stock di capitale fisico. Alle soglie degli anni ‘2000, il rapporto tra il capitale intangibile e il capitale fisico, nell’arco di un trentennio è più che raddoppiato ed oggi è ancora più preponderante. Per non limitarsi a fare i ragionieri della conoscenza, da questa constatazione si devono trarre le necessarie conclusioni. Senza operare grandi forzature, si può affermare che sempre più nuova conoscenza è incorporata nell’organizzazione e nella gestione di tutte le forme di produzione; vale a dire che una nuova forma di energia, la conoscenza, diverrà sempre più il motore principale di ogni possibile sviluppo economico.
Allora, non appare esagerato sottolineare che the combination of technological expertise and social intellect(2) sarà alla base dello sviluppo di nuovi modelli organizzativi e produttivi sempre più efficienti.
Se le cose stanno così, è prevedibile che, in un tempo non lontano, tale tendenza libererà l’umanità anche dal problema energetico. L’energia, è chiaro, continuerà ad essere utile e necessaria; ma in un mondo che si va riorganizzando diversamente, essa non potrà continuare ad avere il peso e l’importanza che ha avuto nel corso dell’era industriale moderna.
L’imperativo, oggi, è sottrarre all’opzione nucleare la sua presunta centralità in campo energetico, rigettando il principio deterministico su cui essa si basa e guardare a possibili fonti energetiche più adatte al nuovo scenario. Non si tratta di insistere soltanto sulle fonti energetiche rinnovabili, ma di allargare la visuale e ricercare nuovi modelli economici basati su tecnologie di produzione e consumo eco-compatibili fino a spingersi ad intravvedere la concreta possibilità di nuovi rapporti di produzione dove, tra l’altro, prevalga l’etica, la responsabilità sociale d’impresa e non più il profitto per il profitto.
Allora, il no al nucleare deve essere un no assoluto e universale. E’ inutile attestarsi, su una linea di difesa, solo in parte condivisibile, che si riferisce alla particolarità e pericolosità delle condizioni sociali e naturali esistenti che rendono difficilmente praticabile la scelta nucleare ovunque e a maggior ragione in Italia; qui, oggi, una politica in stato confusionale, senza una vision e con l’aggravante della mancanza di un piano energetico nazionale, pone in maniera irresponsabile la scelta nucleare come condicio sine qua non dello sviluppo economico.
E’ possibile che nel mondo qualche altra decina di centrali nucleari saranno costruite, ma ciò fa solo ravvisare propaggini del vecchio mondo che resiste e ritarda l’avvento di quello nuovo; quest’ultimo si spera, in presenza di forme inedite di civilizzazione, non più inscrivibile nell’idea delle magnifiche sorti e progressive.
Note
- Dominique Foray L’economia della conoscenza, Il Mulino Bologna 2006.
- Op. cit.
Pasquale Buongiovanni: Sono un Consulente Aziendale esperto nello sviluppo e implementazione dei Sistemi Qualità. Opero anche nel campo dell'Alta Formazione (Economia e Organizzazione Aziendale).
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