Numero 73 Registrazione al tribunale di Roma N° 3/2004 del 14/01/2004

L'arbitraggio

di Vincenzo Porcasi

 

E’ un istituto mediante il quale si prefigge di determinare un elemento di un rapporto giuridico ancora incompleto.

La dottrina qualifica come esempi di arbitraggio l'incarico mediante il quale le parti incaricano un terzo di determinare le quote spettanti al momento dello scioglimento della comunione, oppure la somma da corrispondere come assegno vitalizio, ecc.

Salvatore Satta definisce l'arbitraggio come il patto con il quale le parti rimettono ad un terzo la determinazione di un elemento di un contratto e si obbligano a considerarla come determinazione propria.

Il fondamento normativo di tale istituto si trova all'art. 1349 cc, il quale prevede due tipi di arbitraggio: il primo di equità, il secondo di mero arbitrio. La differenza fra i due sta nella disciplina che ne governa le impugnazioni. Mentre nell'arbitraggio di equità le parti potranno rivolgersi al giudice in caso di determinazione erronea, manifestamente iniqua o viziata, nell'arbitraggio di mero arbitrio tale possibilità è concessa solamente in caso di dolo.

A differenza dell'arbitro, l'arbitratore non può essere nominato dal tribunale in sostituzione della nomina di parte (naturalmente solo qualora la parte si rifiuti di nominarlo personalmente).

 

La perizia nella conciliazione

La perizia arbitrale è un fenomeno al quale prassi e dottrina spesso si riferiscono anche con terminologia differente (perizia contrattuale, perizia stragiudiziale, arbitraggio tecnico o arbitrato parziale).

Bove, nella sua monografia dedicata all'istituto, afferma che esso ricorre in due gruppi di ipotesi:

•   la prima comprende tutti i casi in cui, sulla base di qualsiasi contratto, le parti affidino la verificazione della corrispondenza fra prestazione stipulata e prestazione realmente effettuata ad un terzo, obbligandosi a considerare la sua pronuncia come vincolante ed escludendo la giurisdizione ordinaria, fatte salve le pretese che eventualmente scaturiscano dalla pronuncia;

•    la seconda si riferisce al campo delle assicurazioni, dove spesso (soprattutto nelle polizze per danni e per infortuni) viene, conferito ai periti il compito dell'accertamento di una serie di elementi quali l'esistenza e l'entità del danno, il nesso causale tra sinistro e danno, accertamento e grado dell'invalidità, ecc.

•    L'accertamento dei periti ha carattere vincolante ed esclude la giurisdizione statale, salve le pretese nascenti dagli accertamenti.


Ma questi sono solamente i filoni principali lungo i quali si sviluppa la perizia arbitrale, al fianco dei quali vi sono molteplici fattispecie minori. Bove tuttavia riesce a stilare una lista degli elementi che caratterizzano la fattispecie che però non aiuta a distinguere questo istituto dall'arbitrato. Qualche elemento in più ce lo fornisce la comparazione della perizia arbitrale con l'arbitrato libero (o irrituale) e l'arbitraggio, dalla quale possiamo desumere che sia l'arbitrato libero che la perizia arbitrale presuppongono che sia in corso una controversia.


Nella perizia arbitrale le parti si affidano ad un terzo, scelto per ragioni
di fiducia, per vedere accertati, in modo vincolante, uno o più elementi del rapporto giuridico preesistente. Tali elementi possono essere sia di ordine puramente sostanziale, sia anche di ordine giuridico. Le parti escludono con il patto peritale la giurisdizione del giudice ordinario sulla questione sottoposta al perito e chiedono che sia proprio il perito scelto (dove un ruolo importante è posto sull’intuitus personae, solitamente a causa delle conoscenze di ordine tecnico che il perito ha) ad integrare in maniera vincolante il rapporto. La perizia arbitrale, così come si è sviluppata nella pratica commerciale, non ha avuto alcun esplicito riconoscimento giuridico nelle leggi che invece hanno disciplinato due istituti limitrofi, l'arbitraggio (di sicura natura sostanziale) e l'arbitrato (di natura processuale).

Nella dottrina di ambito germanico, particolarmente ricca sull'argomento, si fronteggiano due teorie opposte, l'una sostenitrice della natura sostanziale dell'istituto della perizia arbitrale, l'altra che invece ne afferma la natura processuale. Al riguardo, nessuna certezza vige né nella dottrina di ambito tedesco né in quella italiana, dove altri istituti sconosciuti alla dottrina tedesca, come l'arbitrato irrituale, concorrono a confondere le opinioni sul tema. Per risolvere il problema si deve avere di riguardo la volontà delle parti che con la perizia arbitrale non mirano ad integrare con l'aiuto del terzo una fattispecie contrattuale incompleta, ma a risolvere una controversia su uno o più specifici punti del rapporto contrattuale sottostante. Si può perciò ammettere la natura processuale dell'istituto.

La dottrina italiana si è espressa in vario modo sulla natura della perizia arbitrale; l'opinione più recente vede tuttavia nella perizia arbitrale un arbitrato parziale che si differenzia dall'arbitrato ordinario per l'ampiezza dell'oggetto dell'indagine dell'arbitro. In particolare, l'arbitro deve esprimersi sull'esistenza o sul modo di essere di un dato rapporto giuridico, al perito è invece demandata più limitatamente la soluzione di una o più questioni rilevanti per l'esistenza o il modo di essere di esso. Traendo spunto da questa riflessione Bove sostiene l'applicabilità dei principi che governano l'arbitrato alla perizia arbitrale. In questo modo riesce più agevole giustificare l'effetto esclusivo della giurisdizione statale e quello che fonda l'efficacia vincolante della pronuncia peritale per le parti, effetti che sono entrambi propri anche dell'arbitrato. Questa ipotesi è stata confermata anche dalla giurisprudenza che si è spesso espressa in maniera conforme.


La perizia arbitrale quindi null'altro è se non un arbitrato il cui oggetto è più limitato rispetto al giudizio ordinario ed all'arbitrato vero e proprio, vertendo solo su determinati punti che rilevano sul rapporto contrattuale sottostante. Bove si spinge fino al punto da affermare che "non c'è differenza di sostanza tra la perizia arbitrale e l'arbitrato, ma solo una differenza quantitativa”.

 

 

Vincenzo Porcasi: commercialista, anni 65. Laureato in Giurisprudenza e in Scienze Politiche, specializzato in questioni di internazionalizzazione di impresa, organizzazione aziendale, Marketing globale e territoriale. Autore di numerosi saggi monografici e articoli, commissionati, fra l’altro dal C.N.R.-Consiglio Nazionale delle Ricerche e dal Ministero del Lavoro. Incarichi di docenza con l’Università “LUISS”, con l’Università di Cassino, con l’Università di Urbino, con l’Università di Bologna, con la Sapienza di Roma, con l’Università di Trieste, e con quella di Palermo nonché dell’UNISU di Roma. E’ ispettore per il Ministero dello Sviluppo economico. Già GOA presso il Tribunale di Gorizia, nonché già Giudice Tributario presso la Commissione Regionale dell’Emilia Romagna.