Le PMI scoprono il temporary management
di Maurizio Quarta
La formula del “piccolo è bello” sembra oggi in piena crisi, alla luce delle oggettive difficoltà di molte PMI non solo a crescere, ma addirittura a sopravvivere, in settori particolarmente esposti alla globalizzazione e alla concorrenza internazionale.
Alla base esiste soprattutto un problema di capacità e competenze, che richiede l’iniezione di nuova managerialità capace di agire in qualità di facilitatore e acceleratore del processo di cambiamento e di introdurre stabilmente in azienda le capacità critiche richieste.
Un ragionevole punto di equilibrio tra bisogno di managerialità e vincoli economici e culturali può essere rappresentato dal temporary management (TM), ovvero dall’utilizzo di manager a tempo o a contratto, strumento sempre più conosciuto ed utilizzato anche in Italia.
Il TM consente operare con estrema efficacia in quanto:
- si tratta in genere di manager senior, spesso “sovradimensionati” rispetto all’incarico
- opera generalmente su tempi brevi, essendo capace di avere una presa di contatto immediata con il problema
- è una soluzione a costi certi, comunque variabili e in buona parte legati ai risultati e senza alcuna complicazione ed onere legato al termine dell’incarico.
A quale livello è allora più opportuno intervenire? A livello di gestione globale dell’impresa oppure di gestione e ottimizzazione delle singole aree funzionali più critiche per la crescita?
Poiché le PMI sono per lo più imprese imprenditoriali, dove sono presenti l’imprenditore stesso e, in varia misura, altri rappresentanti del nucleo familiare: è oggettivamente difficile che sulle scelte strategiche e sulla gestione generale l’imprenditore accetti di delegare in maniera sostanziale le proprie prerogative ad un manager “di passaggio”. Esiste inoltre una forte unitarietà e promiscuità di gestione tra interessi familiari e interessi dell’azienda, che l’ imprenditore mal gradisce siano conosciuti o addirittura gestiti da manager esterni. Salvo ovviamente che una soluzione di TM venga generata da pressioni esterne all’impresa (es. le banche nel caso di crediti a rischio o di concessione di finanziamenti oltre la norma).
L’ “ottimizzazione funzionale” si rivela quindi essere il tipo di intervento su cui meno pesano i vincoli di natura culturale: infatti nelle PMI le risorse umane “chiave” hanno in genere un’ elevata anzianità aziendale, e, spesso cresciute con l’ azienda stessa, possono mostrarsi e sentirsi inadeguate a gestire situazioni sempre più complesse, finendo col creare situazioni di tensione personale e nell’organizzazione.
In particolare, esistono aree che più di altre possono risentire della tensione da crescita e da “raggiunto livello di incompetenza” e in cui può rivelarsi necessario ricorrere al supporto di un manager che operi da vero e proprio coach del manager presente in azienda (magari ancora da identificare): l’imprenditore, classicamente, tende a vedere e a privilegiare quelle che secondo lui hanno un più immediato impatto sul conto economico (es. la logistica e la gestione integrata della supply chain, l’ espansione di capacità produttiva, la costruzione di una rete vendita efficace, l’ implementazione di sistemi informatici ERP, le strategie di internazionalizzazione), ma non vanno trascurati interventi nell’area delle risorse umane. In realtà, in aziende dai 100-150 dipendenti in su, una situazione mal gestita o gestita parzialmente può comportare inefficienze e costi, non solo occulti, anche significativi (si pensi alla non-gestione della tematica sindacale piuttosto che al tema dell’attrazione e della retention di certe tipologie di risorse).
Ecco che in queste situazioni può essere necessario rafforzare, ma soprattutto creare, specifiche competenze di gestione delle risorse umane per consentire all’azienda di gestire in maniera integrata e coerente una propria fase di sviluppo accelerato.
La necessità di superare una discontinuità significativa contingente, unita all’esigenza di colmare il gap in tempi relativamente brevi, sta convincendo un numero per ora piccolo, ma crescente, di imprenditori a valutare positivamente l’introduzione in azienda di competenze specifiche di alto livello, attraverso una soluzione di temporary management.
Questa soluzione presenta significativi vantaggi rispetto a possibili soluzioni alternative:
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l’ ingresso di un manager permanente di alto livello potrebbe rivelarsi problematico, per l’impatto sulla struttura dei costi fissi di lungo periodo, sull’equità interna dei livelli retributivi, ma anche per le naturali resistenze e la possibile demotivazione del management esistente. D’altra parte, inserire nel momento di “crisi” un manager permanente più junior, potrebbe non essere compatibile con la necessità di colmare il gap in tempi brevi.
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l’utilizzo di un consulente lascerebbe aperto il problema del passaggio dalla definizione della soluzione alla sua reale implementazione, oltre a rendere meno efficace il trasferimento di competenze alle persone dell’azienda.
L’avvio di un progetto di temporary management, oltre al raggiungimento degli obiettivi gestionali concordati con l’imprenditore, può consentire di ottenere i seguenti obiettivi collaterali:
- razionalizzazione degli strumenti di gestione esistenti e introduzione di nuovi processi e metodi di gestione
- garanzia dell’efficacia operativa e della messa a regime
- trasferimento delle competenze per l’ autonoma gestione a regime all’intera struttura e in particolare ad un manager più junior (nel caso da selezionare) che il temporary manager dovrà affiancare ed “allenare”,
il tutto con notevole rapidità nella presa di contatto con il problema e nell’implementazione, dovuta al fatto di essere normalmente “sovradimensionato” rispetto al ruolo/compito.
Perché questo tipo di operazioni abbiano successo sono necessari alcuni accorgimenti:
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massima trasparenza nei confronti del manager oggetto del coaching (messaggio: l’ azienda sta investendo su di te perché ha scelto te, il TM è qui per aiutarti)
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salvaguardia della sua immagine e credibilità interna; a tal fine il TM potrebbe entrare come consigliere della Direzione Generale con responsabilità progettuale su certe aree.
A più riprese anche il legislatore si è posto il problema di creare un contesto facilitante per interventi di TM nelle PMI: nella precedente legislatura era allo studio un disegno di legge che prevedeva un pacchetto di circa novanta milioni per interventi nelle PMI, mentre la Regione Friuli ha varato nel marzo del 2005 una legge che prevede finanziamenti a sostegno di interventi di TM.
D’altra parte, l’imprenditore arriva in maniera sempre più autonoma a valutare costi e benefici di una soluzione di TM per la propria azienda e si rivolge sempre più spesso a degli specialisti per la sua realizzazione.
Il successo di un progetto richiede però il rispetto di alcune condizioni:
- Deleghe e poteri. Inserire un manager senior per gestire e risolvere problematiche di gestione senza fornirlo delle adeguate deleghe operative significa dotarsi di un’arma spuntata e inefficace. Purtroppo capita spesso di sentire: “tanto poi il manager per qualsiasi cosa può chiedere a me...”.
- Contesto organizzativo e comportamenti. Non devono esistere compromessi “organizzativi” per preservare aree di potere di membri della famiglia palesemente non idonei. Allo stesso modo, l’imprenditore non deve delegittimare il manager con atteggiamenti e comportamenti: è al manager che deve indirizzare le persone che prima si rivolgevano a lui, senza la scusa del “ci conosciamo da anni, ci resterebbe male a non poter parlare con me”. Naturale conseguenza è che sia chiaro e noto a tutti cosa fa il manager, senza zone d’ombra.
- Attenzione alle crisi irreversibili. In situazioni di grave crisi (es. aziende con patrimonio netto negativo), un intervento di temporary in una data area avrebbe ben poche speranze di successo: è necessario un intervento più radicale, un vero e proprio turnaround.
Maurizio Quarta Managing Partner Temporary Management & Capital Advisors, Laureato in Bocconi, dopo una ventennale carriera manageriale nel marketing e business development di aziende multinazionali e nella consulenza di direzione (McKinsey), guida oggi Temporary Management & Capital Advisors, tra le più note società del settore e Partner di un gruppo internazionale operante in dodici paesi.
Rappresenta in Italia IIM – Institute of Interim Management, associazione professionale inglese dei temporary manager.
Gestisce con ISTUD, www.temporary-management.com primo sito istituzionale e informativo italiano.
È giornalista pubblicista e suoi articoli sono stati pubblicati sulle principali testate economiche e di management. Per Franco Angeli ha pubblicato “Temporary Management - Ascoltiamo l’Europa” e curato “Game Over – Percorsi professionali per gli over 40” e “Da manager a professionista”.
È Consigliere di AISL – Associazione Italiana per lo Studio del Lavoro.