Il Sistema di prevenzione applicato alle attività di Mediazione Civile
ai sensi del D.Leg.vo n. 231 del 2001
1. Il Sistema di Prevenzione applicato alle attività di mediazione civile ai sensi del D.Leg.Vo n. 231/01
I reati per i quali sono applicabili le previsioni di cui al D.leg.vo 231/01 sono classificabili in almeno otto aree omogenee, a seconda se la responsabilità possa individuarsi a carico del Mediatore o dell’Organismo, nelle varie attività oggetto di Mediazione eventualmente configurabili quali reato c.d. presupposto.
Il sistema di responsabilità amministrativa degli enti, delineato dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 2311, è stato introdotto nell’ordinamento in attuazione della delega contenuta nell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 3002, con la quale l’Italia ha ratificato e dato esecuzione ad una serie di atti internazionali (convenzioni e protocolli).
Allo scopo è stata introdotta una novità di tutto rilievo nell’ordinamento giuridico italiano, per il tramite del D.Lgs. 231/2001: superando il tradizionale principio di non punibilità dell’ente, infatti, è stato affermato il principio della responsabilità dell’ente, che comporta una sanzione diretta aì carico del soggetto collettivo ove uno o più reati determinati siano commessi, a vantaggio o nell’interesse dell’ente, da persone fisiche legate al medesimo da un rapporto che attribuisce loro una posizione apicale o di assoggettamento alla direzione o vigilanza di un soggetto apicale.
L’importanza della modifica risiede ovviamente nell’interpretazione che il fondamentale e tradizionale principio secondo cui “la responsabilità penale è personale”, sancito dall’articolo 27 della Costituzione, non è stato modificato.
La scelta di politica legislativa effettuata dal legislatore appare motivata da esigenze diverse:
- promuovere il radicamento di cultura di legalità negli enti collettivi (fra i quali sono le imprese): principio della regolarità e legalità dell’operato sociale/collettivo;
- coordinare ed avvicinare, in ambito europeo, le prospettive giuridiche nazionali con quelle, di matrice anglosassone e non, già adottate da numerosi Paesi (U.K., Irlanda, Finlandia, Danimarca, Svezia, Olanda, Francia, Portogallo) che, prima e diversamente (fino al d. lgs. 231/2001) dall’Italia, già ammettevano forme di responsabilità penale degli enti.
L’innovazione introdotta va considerata, fondamentalmente, in rapporto con il già richiamato dettato costituzionale dell’articolo 27 in materia di personalità della responsabilità penale e con la correlata impossibilità, fino alla innovazione apportata dalla legge, di imputare direttamente in capo all’ente il fatto criminoso commesso da un suo soggetto in posizione apicale o da un soggetto sottoposto alla direzione o alla vigilanza di quest’ultimo.
Con l’avvento del D.Lgs. 231/2001, invece, né l’ente né i soggetti che partecipano al governo patrimoniale dell’ente né quanti sono tenuti al controllo della regolarità e legalità dell’operato sociale/collettivo possono più considerarsi o essere considerati estranei ad eventuali procedimenti penali per determinati reati (stabiliti dal D.Lgs. 231/2001) commessi nell’interesse o a vantaggio dell’ente.
Le attività di Mediazione fonte di responsabilità e quindi a “rischio”, a titolo puramente indicativo e non esaustivo possono riguardare:
- l’art. 640 comma 2, n1 c.p. (Truffa commessa ai danni dello Stato o di altro Ente pubblico) svolta dal Mediatore ovvero in concorso con i Responsabili dell’Organismo di Enti di diritto pubblico (Camere di Commercio e Consigli dell’ordine) nei casi di mancata percezione delle indennità di Mediazione nei confronti di persone non avente titolo all’esonero dal pagamento delle spese a carico dello Stato.
- gli art. 318 primo comma c.p. (corruzione per un atto di ufficio), art. 319 c.p. (corruzione per un atto contrario ai doveri d’ ufficio) art. 319 bis c.p. ( corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio) art. 319 ter c.p. (corruzione in atti giudiziari) e art. 320 c.p. (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) nei casi commessi dal Mediatore ovvero in concorso con altri soggetti responsabili, in qualità di corruttori o di istigazione alla corruzione (art. 322, commi 2 e 4 c.p.)
- gli articoli 317 c.p. (concussione), art. 318 primo comma c.p. (corruzione per un atto di ufficio), art. 319 c.p. (corruzione per un atto contrario ai doveri d’ ufficio), art. 319 ter (corruzione in atti giudiziari) e art. 320 c.p. (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio), nei casi commessi dal Mediatore ove considerato Pubblico Ufficiale o Incaricato di Pubblico servizio;
- l’art. 377 bis c.p. (Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria) ) nei casi commessi dal Mediatore ovvero in concorso con altri soggetti responsabili;
- gli art. 589 e 590, 2 e 3 comma c.p. (commesso in violazione di norme sulla tutela della salute e sicurezza dei luoghi di lavoro) svolta dai Responsabili dell’Organismo pubblico o privato;
- gli art. 615 ter c.p., 617 quater e quinquies c.p., 635 bis, ter, quater e quinquies, c.p., 615 quater e quinquies c.p. (c.d. reati informatici) svolta dai Responsabili dell’Organismo pubblico o privato;
- gli art. 491 bis c.p. (falsità in documenti informatici) e 640 bis c.p. (frode informatica del certificatore di firma elettronica) svolta dai Responsabili dell’Organismo pubblico o privato, nella qualità di certificatori di firma elettronica;
- gli art. 648 c.p. (ricettazione), 648 bis c.p. (riciclaggio), 648 ter c.p. (impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita) commessi dal Mediatore, ovvero in concorso con altri soggetti responsabili;
- l’art. 22 D.Leg.vo n. 28/10 (obblighi di segnalazione per la prevenzione del sistema finanziario a scopo di riciclaggio, previsti dal D.Leg.vo n. 231/07) commessi dal Mediatore, ovvero in concorso con i Responsabili dell’Organismo pubblico o privato, ovvero in concorso con altri soggetti responsabili;
- l’art. 25 quater c.p. (delitti con finalità di terrorismo) commessi dal Mediatore ovvero in concorso con altri soggetti responsabili;
- l’art. 22 D.Leg.vo n. 28/10 (obblighi di segnalazione per la prevenzione del sistema finanziario a scopo di finanziamento del terrorismo, previsti dal D.Leg.vo n. 231/07) commessi dal Mediatore ovvero in concorso con i Responsabili dell’Organismo pubblico o privato, ovvero in concorso con altri soggetti responsabili;
- gli artt. 2629 c.c. (operazioni in pregiudizio dei creditori) e 2633 c.c. (indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori) commesso dal Mediatore, ovvero in concorso con altri soggetti responsabili, nei casi di conciliazione, avente ad oggetto la conclusione di uno dei contratti o il compimento, di uno degli atti previsti dall’art. 2643 c.c..
L’articolo 5 del d. lgs. 231/2001 dispone che l’ente è responsabile per i reati come sopraindicati:
commessi nel suo interesse o a suo vantaggio ovvero unicamente nel suo interesse:
A1) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale [articolo 5, comma 1, lettera a)];
A2) da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dell’ente [articolo 5, comma 1, lettera a)].
In sostanza, i soggetti indicati nei due punti precedenti sono i soggetti in rapporto cosiddetto “organico”con l’ente oltre che, normalmente, anche contrattuale e cioè:
- soggetti in posizione cosiddetta apicale (ad esempio, legali rappresentanti, amministratori, direttori generali);
- soggetti titolari di funzioni delegate dai primi;
- soggetti cosiddetti titolari di fatto (con sistematicità).
B) Da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui sopra [articolo 5, comma 1, lettera b)].
Le ulteriori attività del servizio di mediazione, (al di fuori dei casi che configurano gli estremi di un reato penale), sono da riferirsi a responsabilità civili e/o deontologiche (a seconda dell’albo professionale di appartenenza del Mediatore) da cui possono derivare nel primo caso ad un eventuale risarcimento dl danno, nel secondo caso all’irrogazione di eventuali sanzioni disciplinari.
Tali obblighi attengono in generale a tutto lo svolgimento del servizio di Mediazione, nello specifico attengono in particolare agli obblighi derivanti dall’art. 9, 10 e 14 del D.Leg.vo n. 28 del 2010 in ordine alla riservatezza del Mediatore (che si estende anche a coloro che prestano il servizio di Mediazione) all’inutilizzabilità e segretezza delle dichiarazioni o informazioni acquisite del Mediatore e delle parti (salvo consenso) ed infine agli obblighi di imparzialità e di astensione del mediatore in particolare se iscritto all’albo Avvocati.
In quest’ultimo caso, infatti, il Codice Deontologico Forense ha introdotto recentemente l’art. 54 e 55 bis, in ragione degli obblighi deontologici, derivanti dai rapporti di correttezza e lealtà a cui l’avvocato deve ispirarsi nel rispetto delle reciproche funzioni (con arbitri, conciliatori, mediatori e consulenti in mediazione) e delle attività in mediazione nei casi in cui il Mediatore sia iscritto all’albo degli Avvocati.
La deontologia professionale in quanto applicabile e gli standard elevati, ai fini della qualità del servizio, sono peraltro assicurati dal rispetto, da parte dei Mediatori e dall’Organismo di Mediazione, del Codice “Etico” approvato Pro-mediazione (associazione dei Mediatori Professionisti Italiani).
Il Codice di comportamento, con riferimento ai reati considerati, esprime l’insieme dei valori e di principi a cui si ispira l’attività della mediazione, regola i comportamenti uniformandoli a criteri di massima correttezza e trasparenza e costituisce la base su cui far reggere il sistema di controllo preventivo. Detti principi sono inseriti sia all’interno di un “codice generale” sia di “dettaglio” in relazione alle aree giudicate a rischio o alle fattispecie di reato previste dal D.Leg.vo n. 231 del 2001. Infatti tale sistema di controllo preventivo integrato con il sistema di programmazione e controllo di gestione costituisce un valido riferimento della concreta applicazione del Modello di gestione del rischio al fine di rendere operante la scriminante di cui all’art. 6 stesso Decreto.
Il Codice di “Comportamento” ha come principale destinatario il Mediatore civile (in quanto iscritto ad associazione di categoria), ma indirettamente si rivolge anche agli Organismi di Mediazione presso i quali il Mediatore presta la propria attività, potendo quest’ultimo garantire principi e regole condivise per il soddisfacimento di adeguati standard di “qualità” del servizio di Mediazione.
Tale Codice di comportamento è costituito infatti dall’insieme dei princípi generali e delle regole di comportamento idonee a prevenire al massimo le fattispecie di reato per le quali è prevista la responsabilità amministrativa degli enti, ai sensi del D. lgs. 231/2001, Codice che l’ente adotterà formalmente, nell’ambito dello svolgimento della propria attività (tenuto conto della dimensione e caratteristica dell’Organismo), allo scopo di integrare il quadro normativo al quale il soggetto collettivo intende conformarsi, in applicazione degli articoli 6 e 7 del citato Decreto.
Pertanto, il Codice ha il fine di indirizzare in modo etico i comportamenti dell’ente e dei suoi collaboratori: individuare diritti, doveri e responsabilità; prescrivere ed inibire comportamenti; impostare e governare processi di controllo; determinare meccanismi sanzionatori.
Come tale, il Codice deve essere vincolante per tutti quanti operano nell’ente o per l’ente a qualsivoglia titolo ed è correlato ad un sistema disciplinare che ne garantisca la migliore e più attenta applicazione, prevedendo sanzioni proporzionate alla gravità delle eventuali infrazioni.
Il codice di comportamento contiene l’insieme dei doveri e delle responsabilità dell’ente nei confronti delle sue parti interessate (pubblica amministrazione, dipendenti, utenti, avvocati etc.) ed ha lo scopo di raccomandare e/o inibire comportamenti determinati, anche indipendentemente da quanto previsto dalle normative.
Il codice di comportamento costituisce parte essenziale delle obbligazioni contrattuali dei collaboratori dell’Ente ed è realizzato mediante un’apposita documentazione ufficiale e pubblica, che necessita di essere messa in pratica a livello dei comportamenti concreti che il mediatore intraprende nello svolgimento delle sue azioni.
Pertanto, l’etica del professionista della mediazione deve essere riscontrabile, oltre che in teoria (nei documenti formali), anche e specialmente nelle concrete attività delle procedure di Mediazione.
La formalizzazione dei valori di comportamento dell’Ente, ne consente una comunicazione adeguata ai destinatari e ne rende più efficace l’attuazione, nell’ottica di delineare un approccio globale in grado di orientare il modo di essere e di agire dell’organizzazione ai vari livelli di responsabilità e di competenza.
La reputazione, la credibilità e la correttezza reputazionale e professionale dell’ente costituiscono risorse immateriali di grande rilevanza e sono strategiche anche per la partecipazione degli associati, per i rapporti con le parti interessate, per lo sviluppo delle professionalità.
Sotto tale prospettiva, il mediatore deve essere consapevole che il codice etico, adeguatamente realizzato nelle proprie modalità di agire, contribuisca anche al miglioramento dei rapporti, della fiducia e della cooperazione con tutte le parti interessate.
Il codice di comportamento può essere costituito sia da un documento specifico appositamente redatto, sia da altri strumenti istituzionali dell’ente (come, ad esempio, statuti, regolamenti, modelli, procedure, etc.).
Occorre precisare inoltre che la definizione di princípi e valori etici - finalizzati a prevenire i reati per i quali è prevista la responsabilità amministrativa degli enti – è un processo necessario e fondamentale per la corretta messa a punto del M.O.C. (Modello di Organizzazione e controllo), particolarmente nelle sue fasi iniziali e di messa a regime, la necessità di evitare il rischio di possibili e pericolose discrasie fra teoria e pratica (vale a dire di princípi che non si traducano o stentino a tradursi in prassi ed operatività) suggerisce di preferire la predisposizione di un documento dedicato, nel caso coordinando ed integrando anche materiale eventualmente già esistente.
Conclusioni
Il Codice di “Comportamento”, traccia pertanto le linee-guida a cui deve attenersi l’organizzazione del Servizio di Mediazione, dettando i contenuti minimi che il “Modello 231” dovrà contenere, opportunamente adeguato ed implementato sulla singola realtà aziendale, in funzione sia di prevenzione della commissione dei reati, che di controllo e vigilanza.
L’attività di un’associazione di categoria può svolgere pertanto, attraverso il Codice di comportamento, un’opera di mediazione tra il “sistema 231” (previsto dal D.Leg.vo n. 231 del 2001) e la realtà della singola attività del servizio di mediazione, in considerazione delle dimensioni e caratteristiche aziendale ed in particolare del Regolamento di cui l’Organismo di Mediazione si è dotato.
In Allegato il Codice “Etico” per Mediatori Civili Professionisti Italiani, approvato all’unanimità dall’Associazione Pro-Mediazione e presentato al Convegno del 23 febbraio 2012 tenutosi presso la Corte di Appello di Roma dal titolo: “Trasparenza e Deontologia Professionale dell’avvocato e del C.T. in Mediazione”.
CODICE “ETICO” PER MEDIATORI CIVILI PROFESSIONISTI ITALIANI
(Approvato dall’Assemblea dei soci PRO-MEDIAZIONE il 23 febbraio 2012)
PREMESSA
Il seguente testo del Codice “Etico” del Mediatore Civile Professionista (così come definito ed introdotto dal D.Leg.vo n. 28 del 2010, dal D.M. n. 180 del 2010, e successive modifiche ed integrazioni) è stato proposto dal Responsabile Scientifico, Prof. Avv. Paolo Fuoco, a seguito di incarico ricevuto dal Presidente del Consiglio Direttivo dell’Associazione PRO-MEDIAZIONE, Dott.ssa Caterina Rinaldi ed approvato all’unanimità dall’Assemblea degli associati in data 23 febbraio 2012.
Il presente Codice “Etico” è stato concepito per offrire ai Mediatori canoni-guida di comportamento nel procedimento di mediazione e definisce regole di condotta, ispirate a principi etici condivisi con la tradizione deontologica dei Mediatori in ambito internazionale e comunitario, nelle diverse materie civili e commerciali, nonché delle significative esperienze delle diverse figure e categorie professionali, in ossequio ai principi internazionali e comunitari in materia di ADR, in particolare espressi dalla Direttiva 2008/52/Ce del Parlamento e del Consiglio Europeo, all’art. 4, dal titolo:”Qualità della Mediazione”, con specifico riferimento all’elaborazione di codici volontari di condotta.
Le regole “etiche” mirano a garantire, attraverso la loro libera adesione, il corretto svolgimento da parte del Mediatore della sua “missione”, riconosciuta come indispensabile per il buon funzionamento del sistema Giustizia e per l’interesse della collettività; garantiscono altresì la continua e costante promozione della cultura della conciliazione, come previsto dall’art. 2 della Carta Costituzionale Italiana, in tema di solidarietà politica, economica e sociale (cfr. Sentenza Corte Costituzionale n. 276 del 13 luglio del 2000 (1) ) ed il sereno raggiungimento di livelli minimi di standard di “qualità”.
La forza del presente codice risiede nella spontanea adesione di ciascun Mediatore alle regole in esso contenute, che sono ispirate all’attuazione dei valori morali fondamentali, propri dell’ordinamento della categoria dei Mediatori.
La violazione delle seguenti proposizioni non comporta l’applicazione di sanzioni di alcun tipo, salvo il caso di comportamenti gravi tenuti dal Mediatore, tali da comportare l’adozione di provvedimenti conseguenti da parte dell’Organismo, ovvero che siano fonte di risarcimento del danno in sede civile o integranti gli estremi di un reato penale, oltre che di sanzioni disciplinari da comminarsi dai Consigli dell’Ordine o dai Collegi di appartenenza del singolo Mediatore.
L’adesione al presente Codice “Etico” non pregiudica, pertanto, l’applicazione della normativa nazionale o delle regole deontologiche che disciplinano le singole professioni e tantomeno l’applicazione di ulteriori ed eventuali codici volontari, etici o di comportamento, promossi da altri Organismi di mediazione, abilitati dal Ministero di Giustizia, ovvero da altre Associazioni di categoria, operanti nell’ambito della mediazione.
REGOLA 1
VALORI E PRINCIPI FONDAMENTALI
Il Mediatore nello svolgimento della propria attività e di ogni comportamento professionale si ispira a valori di qualità, di trasparenza, di indipendenza e di imparzialità, osservando una linea di condotta incentrata ai più rigorosi canoni di dignità e di decoro, in modo da offrire una immagine di se stesso, tale da essere riconosciuta e apprezzata da tutti come adeguata al prestigio del ruolo esercitato.
REGOLA 2
FORMAZIONE ED AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE
Il Mediatore conserva ed accresce la propria preparazione professionale con assiduo impegno di studio e di ricerca nelle materie e settori in cui svolge la propria attività, si astiene dall’accettare l’incarico o a proseguire le procedure di mediazione quando non si ritiene dotato della preparazione e competenza necessaria ed adeguata al tipo di controversia, oggetto della mediazione.
Il Mediatore segue costantemente un adeguato livello di formazione, l’aggiornamento periodico e partecipa attivamente ai tirocini e sessioni di mediazione, al fine di un proficuo ed utile scambio di esperienza con gli altri Mediatori.
REGOLA 3
INDIPENDENZA, IMPARZIALITA’, TRASPARENZA, RISERVATEZZA E COMPETENZA
Il Mediatore garantisce e difende l’indipendente esercizio del proprio ruolo, in ogni forma di partecipazione, curando una immagine di indipendenza e di imparzialità.
Prima di iniziare il procedimento di mediazione, il Mediatore sottoscrive la dichiarazione di imparzialità, si impegna a far raggiungere un accordo nell’interesse delle parti ed opera per rendere effettivo il valore dell’imparzialità, attivandosi per far superare alle parti i pregiudizi e le cause del conflitto, che possono incidere sulla comprensione e valutazione dei fatti e delle norme.
proseguire il corso della mediazione, quando vi siano circostanze che possano pregiudicare o condizionare, in alcun modo, l’indipendenza e l’imparzialità del mediatore o determinare una situazione di conflitto di interessi con le parti, in violazione delle regole contenute in norme nazionali, nel Regolamento dell’Organismo e nel Codice Deontologico professionale di appartenenza del Mediatore.
Il Mediatore è tenuto alla riservatezza tra le parti e con i terzi, garantisce l’accessibilità da parte dei destinatari alle informazioni riguardanti la propria competenza professionale, ogni aspetto dell’organizzazione, il Regolamento, i costi e le caratteristiche delle procedure di mediazione dell’Organismo di mediazione presso il quale il Mediatore è iscritto.
Il Mediatore garantisce inoltre un Servizio di elevata qualità, attenendosi a modelli standard di qualità nazionali ed internazionali di riferimento e verificando altresì che i livelli di erogazione della sua prestazione professionale, siano adeguati a favorire i più ampi livelli di confronto.
Il Mediatore adotta un comportamento rispettoso verso i colleghi Mediatori.
REGOLA 4
ETICA DELL’INFORMAZIONE, DILIGENZA ED OPEROSITA’
Il Mediatore collabora in un rapporto fiduciario con l’Organismo di Mediazione e svolge altresì la sua attività con neutralità, equidistanza, equiprossimità, serietà, educazione, scrupolo, equilibrio, ponderatezza, cortesia, rispetto, pazienza, rettitudine, autorevolezza, serietà, lealtà, equità, diligenza, efficienza, correttezza, speditezza, dignità, decoro, probità ed operosità nei confronti delle parti e dei loro avvocati e consulenti, nonché nei confronti della Segreteria e del Responsabile dell’Organismo, dimostrando la dovuta attenzione, sensibilità e partecipazione all’interesse pubblico, rendendo edotti i partecipanti alla mediazione dei contenuti del presente Codice “etico” e promuovendo, altresì, la diffusione della cultura della conciliazione.
Il Mediatore prepara le sessioni di mediazione con competenza e professionalità, tenuto conto della questione proposta e dei soggetti coinvolti, accertando che le parti o i loro rappresentanti abbiano i poteri necessari per concludere un eventuale accordo, stabilisce tempi e modi degli incontri in modo adeguato al tipo di controversia ed assicurandosi che la sede di mediazione sia idonea a consentire un ordinato, riservato e sereno svolgimento degli incontri di mediazione ed informando le parti che la mediazione non preclude l’accesso all’organo giurisdizionale.
Il Mediatore opera nel rispetto dei colleghi Mediatori, ascolta attivamente ed adeguatamente le parti, rispetta gli altri e la diversità, la dignità di ogni persona, senza discriminazione e pregiudizio di sesso, di cultura, di ideologia, di razza e di religione.
Il Mediatore consente alle parti di farsi rappresentare o assistere da un legale e si assicura che tutti i partecipanti alla mediazione comprendano con consapevolezza le loro rispettive posizioni nel procedimento di mediazione, e se richiesto, fornendo loro ogni chiarimento sui ruoli di ciascuno, sui costi, sulle procedure e sui vantaggi, sulle finalità e natura della mediazione, in termini di efficienza e di economicità, facendo in modo che le spese siano gratuite per gli indigenti o a costi moderati, rispetto al tipo di controversia, adottando ogni ragionevole sforzo per evitare tattiche dilatorie e pretestuose, nonché informando le parti, e ponendo fine alla mediazione, quando l’accordo è contrario a norme imperative e di ordine pubblico.
Il Mediatore sceglie la forma giuridica più adeguata all’accordo assunto dalle parti, dirigendo quindi la formazione dell’atto nel modo tecnicamente più idoneo per la stabilità del rapporto che ne deriva e per la completa efficacia dell’accordo, controllandone altresì la legalità e la sua rispondenza alla volontà delle parti, mediante la sua lettura prima della sottoscrizione.
Il Mediatore si assicura altresì che le parti intervengano adeguatamente, utilizza un linguaggio comprensibile, evitando di porre domande suggestive e che possano nuocere alla sincerità delle risposte, ascoltando le dichiarazioni di ciascuno ed astenendosi dal manifestare giudizi o pareri, potendo esprimere posizione solo nel caso che si proceda alla redazione della proposta conciliativa, sussistendone i presupposti e formulata in conformità al diritto.
Il Mediatore, consapevole del Servizio da rendere alla collettività e a tutela degli utenti, porta a termine con affidabilità e speditezza gli impegni ricevuti, qualunque sia la tipologia ed il valore della mediazione, osserva gli orari dell’incontro e delle attività del procedimento di mediazione, evitando inutili disagi agli utenti e propri avvocati e consulenti, redigendo con tempestività, sentite le parti, i documenti conclusivi della procedura di mediazione e rendendo altresì edotte le parti delle conseguenze previste, a seguito del comportamento tenuto, da una delle parti, nel corso del procedimento di mediazione, senza giustificato motivo.
Il Mediatore non sollecita il conferimento di incarichi in violazione dei criteri di designazione del Mediatore, promuove la propria attività in modo professionale, veritiero e dignitoso, senza ricercare o attendere riconoscimenti, premi o vantaggi di qualsiasi natura ed accettando compensi solo ed esclusivamente dall’Organismo di mediazione, in relazione all’opera professionale esercitata.
REGOLA 5
INTERPRETAZIONE E INTEGRAZIONE ALLE REGOLE DEL PRESENTE CODICE
Il Comitato scientifico interviene su richiesta del Presidente dell’Associazione, a dirimere dubbi o questioni interpretative, sulla corretta interpretazione del presente Codice “Etico”.
Il Presidente a seguito di richiesta di integrazioni al Codice Etico, sia da parte del Comitato scientifico, sia da parte di qualsiasi associato, sentito il Comitato scientifico, provvede alla sua formulazione ed all’inserimento nell’apposita raccolta del Codice “Etico”, previa approvazione da dalla maggioranza degli associati.
Il Presidente cura la conservazione e la custodia delle regole del presente Codice “Etico” e provvede all’acquisizione ed integrazioni delle nuove regole approvate.
Note
(1) La massima della Sentenza Corte Costituzionale n. 276 del 13 luglio 2000: “La conciliazione tende a soddisfare un interesse generale, perché costituisce non solo un efficace strumento in grado di contenere il proliferare delle controversie giudiziarie, con evidente vantaggio per l’amministrazione della giustizia e quindi della collettività, ma rappresenta anche un veicolo di diffusione di quella cultura della pacificazione, che ha fondamento nell’art. 2 della Carta Costituzionale in relazione agli istituti che riconoscono e garantiscono la solidarietà”.
Paolo Fuoco, Avvocato, Docente a contratto negli A.A. 2010/11 e 2011/12 presso l’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo” facoltà di Giurisprudenza cattedra di Diritto Commerciale. Docente Universitario nell’anno A.A. 2011/12 presso il Master Universitario per diventare Mediatore Familiare presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Urbino “Carlo Bo”.
Cultore della materia di diritto del lavoro presso la facoltà di Economia dell’Università la Sapienza- polo di Latina.
Docente a contratto in Diritto Penale presso il Master in Criminologia A.A. 2011/12 dell’Università Niccolò Cusano.
Fondatore e responsabile scientifico della Medialex (iscritta al n. 152 e al n. 189 rispettivamente Organismo di Mediazione ed Ente di Formazione presso Il Ministero Giustizia), è mediatore civile professionista e mediatore familiare, oltre che Docente Formatore presso diversi Enti di Formazione.
E’ responsabile scientifico della Pro-Mediazione (associazione Mediatori civili professionisti italiani) oltre che Presidente dell’associazione di categoria di Enti e di Mediatori denominata Federmedialex.
E’ stato Giudice onorario presso il Tribunale di Roma dal 1998 al 2005 ed attualmente è Pubblico Ministero Onorario presso la Procura di Roma.