Numero 72 Registrazione al tribunale di Roma N° 3/2004 del 14/01/2004

La genialità senza voce

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di Laura Lambiase Profeta

 

Non avevo  più riso così da anni. Da quando, sola, mi aggiro per queste stanze.
Ridere da soli ti fa sentire un sopravvissuto, uno sciocco, un demente. E' un abito sottilmente  crudele che veste il corpo della  solitudine. Cerchi di evitarlo dopo che, girandoti verso un possibile interlocutore, ti accorgi che lì accanto  non c'è  più nessuno.
Ho riso, poi riguardandolo ho riso di nuovo...infine mi sono liberata della dignità di donna sola e adulta e ho pianto dal gran ridere.
Questo film è un pezzo di grande genialità, e come tale è un film difficile.
C'è dentro una visione malinconica e nello stesso tempo apocalittica del mondo.
E' un ritratto minuto, accurato, efficace, estroverso nella sua grande interiorità.
Anche il sonoro è estraneo, patologico.
Non c'è un solo momento in cui puoi distrarti.  Perderesti qualcosa  di questo magnifico affresco. Come i grandi dipinti del sei-settecento lo sfondo è importante quanto il soggetto in primo piano.

 

 

C'è un cane disteso al centro della strada  che pazientemente lascia passare le automobili, per poi tornare a dormicchiare proprio  dove splende il suo raggio di sole. 
C'è un atleta che vive un eterno agitar di  braccia e gambe lungo la battigia della bella spiaggia  quasi deserta di  Saint-Marc-sur mer.
C' è una signora che come “regina” passeggia estatica con al seguito suo marito Arturo, a mo' di  cane segugio senza guinzaglio.
C'è  Monsieur Hulot la cui gentilezza d'animo è più dannosa di un ordigno pronto a scoppiare.  
Hulot, apre bocca solo per pronunciare il suo nome. E lo fa esalando un corto respiro molto francese “ulò“
Le sue vacanze sono esilaranti.  Viaggia su di una vecchia Salmson AL3 del '24,  che ondeggia lungo le vie della Bretagna. In un bianco e nero nitido, che è il colore dei ricordi:  il grigio perla del cielo al mattino si trasforma nel grigio topo dei luoghi ombrosi fino all'antracite del tramonto e il nero buio della notte,  illuminato solo da piccole fiammelle. 
La raffinatezza è la sigla nel tappeto. Scene rarefatte in brevissimi episodi compongono questo racconto delicatamente descritto.
E' un fluire lieve.
Non  la marcetta  di Giorno di Festa, del 1947, in cui Tati è il  postino di un villaggio alle prese con un piccolo cambiamento nella consegna delle lettere. Una simulazione dell'efficienza americana,  corsa  in bicicletta con lancio della posta,  che sconvolge il piccolo paese il  giorno di   festa.
Né l'allegro  valzer che sottintende il compiersi di un  plastificato sviluppo tipico degli anni '60  del film Mon Oncle,  “piccola” perla nella storia del cinema d'autore.
E' un lento scorrere di note appena accennate, di silenzi, di sospensioni, di aliti di vento e odore di salsedine
“Le vacanze di Monsieur Hulot” è un film del 1953, girato per larga parte in Bretagna.
Jacques Tati consegna a Hulot  il compito di svelare il dolce piacere di non prendersi sul serio. 
Di  fischiettare per strada anche senza una ragione se non quella di esistere.
Di non correre dietro al  “nulla“ che incombe.
Jacques Tati muore poverissimo il 5 Novembre del 1982 a Parigi.
E' vero!  A differenza della mediocrità,  la genialità non pretende compensi. Basta a se stessa.

 

 

 

Osare.
Avere il coraggio di andare contro corrente, di andare oltre, di valicare confini, di non fermarsi alla superficie. Non esiste una cultura alta ed una meno alta esiste solo la noia. Un gesto creativo senza vita, asfittico, pavido, furbo, conveniente è merda.
Laura Lambiase Profeta ha scritto di musica per “Laboratorio Musica” e “l’Unità”; ha descritto Napoli sul “Mattino” e sulla guida “dell’Espresso”; si è divertita su “Cosmopolitan”.
E nata a Pontecagnano molti, molti anni or sono e vive a Napoli tra Paradiso e Provvidenza.