Poche note
di Giuseppe Monti
Ventidue persone in mutande su un prato verde, ogni settimana, semplicemente, cercano di mandare una sfera di cuoio in una rete sostenuta da tre assi di legno. Milioni di persone ne scrivono sulla stampa, ne parlano al bar o dovunque si incontrino. Ogni tanto, sulla base delle critiche scritte, sulla base degli umori dei parlanti e, spesso, sulla base delle performance ottenute qualcuno dei mutandati viene cambiato.
Nella politica italiana i giocatori non cambiano mai. Possono fare qualsiasi cosa amorale od immorale. Possono vendersi per una pensione, un privilegio, un vitalizio o per tre milioni di euro. Sono sempre lì seduti, non troppo spesso per carità, sui loro scranni in parlamento. A pigiare bottoni al comando del gruppetto di turno per commettere le più grandi nefandezze a danno dei più deboli. E' molto banale, e me ne scuso, dire che un tempo non era così, almeno in generale. La classe politica e dirigenziale del paese veniva selezionata al meglio possibile. Esistevano le scuole di partito, le parrocchie, le federazioni giovanili. Bisognava studiare, la storia prima di tutto, e non solo quella del partito. Bisognava dimostrare un impegno concreto, partecipare attivamente alla assemblee, fare volantinaggio fuori le fabbriche e propaganda per la strada. E questa era una importante scuola.
Oggi il percorso è molto più breve. Non parliamo, per amor di patria, di bell'aspetto o di igiene dentale o di becero istinto servile ed opportunistico. E neppure di capacità di sfornare infinite frasi banali e semplificatorie di, al massimo, centoquaranta caratteri. Parliamo invece di laureati in costose università, magari alla bocconi, che hanno studiato su libri scritti da vecchi soloni e copiati da altri vecchi soloni. Parliamo di dirigenti di banca che non hanno mai visto uno sportello in vita loro. Di manager di multinazionali che oltre la lingua italiana, spesso sgrammaticata, conoscono solo il dialetto della propria contrada.
Tutti questi, giocatori ed allenatori, che hanno e stanno contribuendo con la loro insipienza, ignoranza e malafede a rendere il paese più bello del mondo (e non sembri retorico detto da chi ha vissuto e lavorato in tanti altri paesi) uno dei più invivibili e miserabili.
A questi personaggi, a quelli un po' più evoluti, e ce ne sono ancora per fortuna, voglio suggerire di leggere ed approfondire uno degli ultimi saggi di Paul Krugman. Mi riferisco a “Fuori da questa crisi, adesso!” Il Premio Nobel per l'Economia scrive in maniera semplice e comprensibile anche a chi non si è mai avvicinato a questa materia.
Fin dalle prime pagine è possibile comprendere che il disastro in Europa è stato provocato dall'austerità. E Krugman inventa una nuova parola: gli AUSTERICI.
La recessione ha avuto origine negli USA nel 2008 ed ha poi contagiato tutto il mondo. In Europa ha suscitato una reazione, “improvvisa” dice Krugman, di taglio di costi ed investimenti con conseguenze nell'area del welfare, nell'aumento della disoccupazione, nella scuola, nella ricerca, difesa del territorio ed ambiente. Questa reazione è la conseguenza della paura atavica, specialmente in Germania per ragioni storiche, dell'aumento dell'inflazione. Secondo Krugman permettere all'inflazione di raggiungere il 4,5% sarebbe un fatto positivo. Tutto documentato.
Giuseppe Monti: CMC (Certified Management Consultant): Esperienza consolidata (+ di 40 anni) in Formazione Manageriale, Marketing Internazionale, Internazionalizzazione, Business Plan, Marketing Strategico, Organizzazione, pianificazione ed implementazione di Balanced Scorecard, di BCP Business Continuity Management, di ISO 9001, 14001 e SA8000, Lean Organization per aziende Piccole, Medie e Grandi. Direttore di Caos Management. Vice Presidente Associazione Culturale Progetto Innesto. Public Profile.
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