Consumismo democratico
di Laura del Vecchio
“La nostra visione strategica, creare una vita quotidiana migliore per la maggioranza delle persone”. Non è l’incipit di un programma politico bensì la prima riga della presentazione che fa di sé, sul proprio sito, la nota catena svedese di arredamento. Che sia una trovata commerciale o genuini valori aziendali poco conta. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: la democratizzazione del design. Quasi a voler smentire che il bello sia un lusso. Allo stesso modo, il piacere di mangiare fuori con tutta la famiglia viene garantito da una nota catena di fast food che, promettendo standard di pulizia e di qualità costanti, in un rapporto valore/prezzo soddisfacente, permette ai più il piacere di stare seduti a tavola senza soffrire i costi di un ristorante. La concorrenza fra le case automobilistiche si fa ormai sempre più su allestimenti e consumi: non c’è auto che non monti l’aria condizionata di serie o il lettore CD e si proponga più leggera per il portafoglio e per l’ambiente.
Più benessere per tutti sembra essere la bandiera del nuovo consumo che diventa sempre più consapevole e responsabile. Non solo il consumatore chiede che nella produzione siano rispettate le norme di sicurezza o sul lavoro minorile, ma è disposto anche a intervenite attivamente alla copertura dei costi mettendo mano al cacciavite, alla pompa di benzina o al lettore ottico. Un consumo quindi che è sempre più partecipativo. Le scelte d’acquisto diventano un “voto” che può arrivare a indirizzare le politiche di sviluppo di un Paese. L’idea che il concetto di consumatore sia associato in modo sempre più stretto a quello di elettore “mi illumina di meno” – per dirla con una nota campagna di Radio due per il risparmio energetico – perché temo il rischio che ad avere più peso decisionale siano coloro che hanno maggiore capacità d’acquisto. Ma non credo che riconoscere potere al consumatore abbia come sola conseguenza quella di premiare ciò che vende su ciò che vale. L’idea della trasformazione del consumismo in chiave democratica rafforza in me la fiducia nella capacità del genere umano ad aspirare a condizioni migliori, se non per tutti, almeno per i più.
Nel caos della crisi economica e finanziaria sono emerse verità sempre sapute e purtroppo ignorate: back to basics il richiamo accorato della comunità accademica. Se da un lato il bisogno di regole, emerso con forza in questi ultimi tempi, ha fatto rispolverare vecchi ma “sani” principi dell’economia e non solo, dall’altro ha riproposto in chiave nuova sistemi collaudati ma obsoleti. È ormai chiaro che non è sufficiente ritornare nei ranghi: è necessario avventurarsi oltre i limiti del noto per riscrivere regole di funzionamento che soddisfino le nuove coscienze.
Laura del Vecchio: Due lauree, Giurisprudenza con tesi in Economia a Roma e Commercio Internazionale a Le Havre; due specializzazioni, in Economia dei mercati asiatici e in Comunicazione; due esperienze “in azienda” come export manager per Fiat Auto Japan e per Danone; due esperienze “di penna” al quotidiano economico “Nikkei” e all’ISESAO della Bocconi: un “saper scrivere e far di conto” che ha finito per trovare buon uso all’Istituto nazionale per il Commercio Estero. Nata il 13 settembre del 1968: da poco compiuti…. due volte vent’anni.