Numero 42 Registrazione al tribunale di Roma N° 3/2004 del 14/01/2004

Corporate photocommunication & fotoreportage aziendale

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di Vincenzo Cammarata

 

“Fare una cosa e non comunicarla equivale a non averla fatta”.

Questo quanto lessi un giorno in un articolo di una rivista di management. Credo che anche riflettendoci su un po’, chiunque possa essere d’accordo con tale affermazione. E in effetti, questa verità, funziona abbastanza bene con tutte le tipologie di attività e i progetti che un’azienda, un’organizzazione o un’istituzione può programmare e portare a termine. Funziona – pur rischiando di apparire un po’ cinici – anche con i progetti di corporate social responsability, che spesso vedono impegnate grandi risorse in termini di investimenti finanziari, di capitale umano e di varietà di attori (anche esterni all’azienda) coinvolti. Del resto, in quest’ultimo caso, risulterebbe un po’ ipocrita non voler comunicare qualcosa di positivo che si è fatto a favore della comunità o del sociale.
La distribuzione di comunicati stampa ai media o ai propri interlocutori sta senz’altro alla base di questa comunicazione – spesso di carattere istituzionale, corporate – che se scritti e inviati in modo efficace, riesce a garantire qualche articolo sulle principali testate di settore. Ma se è vero che una sola immagine vale più di mille parole, perché non affiancare al comunicato qualche fotografia?
E perché non un fotoreportage intero?
Spesso capita di mantenere per mesi o addirittura anni nel proprio “press-kit” fotografie “jolly” commissionate una tantum a qualche fotografo col mandato di realizzare dei “quadri” aziendali che rientrano nella categoria che in gergo viene comunemente etichettata come fotografia industriale. Queste fotografie, spesso mostrano collezioni di prodotti, momenti clou della filiera produttiva – per la maggior parte significativi solo per gli addetti ai lavori – , i ritratti del management aziendale o nel migliore dei casi qualche impiegato e operaio – particolarmente fotogenico – che fa finta di lavorare sotto luci artificiali congelato in una posa innaturale.

Se il ruolo della fotografia in un’organizzazione si riduce a tanto, come questa può realmente aiutare l’azienda, l’associazione o l’istituzione a comunicare – ancora meglio a raccontare – le attività spesso innovative e realmente interessanti per il pubblico?
Il racconto fotografico è invece uno degli strumenti più potenti che il comunicatore – spesso inconsapevole – può utilizzare in modo efficace e lungimirante. Il linguaggio del fotoreportage, fra tutti, riesce a coinvolgere attivamente l’osservatore: essendo percepito come spontaneo e vero, si avvicina, inoltre, a qualcosa di familiare per un pubblico già abituato a reportage di carattere fotogiornalistico.

Quello che possiamo definire con il termine “Corporate Photocommunication” e che circoscrive l’utilizzo della fotografia nell’ambito del Corporate Communication – quindi in ambito “istituzionale” – può in questo modo utilizzare anche il linguaggio proprio del fotoreportage per raggiungere diversi obiettivi di comunicazione, sia interni che esterni con lo scopo finale di comunicare per il maggior tempo possibile quanto investito nei progetti stessi.
Sia che si tratti di eventi a breve, medio e lungo termine, il racconto fotografico riesce a comunicare l’impegno degli attori coinvolti in tali occasioni ben più in là nel tempo di un semplice comunicato stampa inviato magari a conclusione dell’evento stesso e corredato o della classica foto di gruppo finale o delle famose foto di repertorio che hanno un carattere, sì istituzionale, ma molto, troppo generico.
È però estremamente importante pensare a coinvolgere un fotoreporter fin dalla fase di pianificazione di un progetto. Gli scatti più interessanti – soprattutto se si vuole sfruttare il valore evocativo che un’operazione ha sulla comunicazione interna – sono quelle rappresentate dal “backstage”. Durante le riunioni di carattere operativo si riescono infatti a cogliere attimi molto intensi, dove l’impegno è manifestato dall’atteggiamento, del tutto naturale, dei partecipanti.
In altri casi, come può succedere nel reporting di interventi a lungo termine, ad esempio di corporate social responsability, la parte più interessante è documentare da vicino il lavoro e la vita di chi è impegnato nel progetto.
Terminata l’attività che si è voluta raccontare e concluso il fotoreportage, non resta che pianificare l’utilizzo del materiale raccolto. Come, dove e quando raccontare il proprio impegno, progetto o attività?
Un fotoreportage ha un vantaggio non indifferente: la scalabilità. Su una trentina di foto esaustive nel raccontare l’intero progetto, si può procedere ad una selezione ulteriore degli scatti, confezionando ad esempio dei semplici slide show o dei veri e propri reportage impaginati e completi di testo che possono essere inclusi nelle pagine web del sito istituzionale o direttamente nelle intranet, a seconda degli obiettivi di comunicazione prefissati.
Ma non finisce qui. A distanza di settimane si può organizzare un’esposizione, mostrando al grande pubblico tutte o parte dell’intero reportage. Si crea, in pratica un’occasione di evento sull’evento.
Volendo massimizzare ancora l’investimento iniziale – dove per investimento s’intende, non solo il compenso per il fotografo, ma, soprattutto, l’impegno di risorse, finanziare e di capitale umano, investite nell’attività stessa oggetto del reportage – in concomitanza con l’esposizione o anche a dopo qualche mese si può distribuire un prodotto editoriale, una pubblicazione, che fissi, testimoni e comunichi (magari sottoforma di omaggio natalizio) il commitment dell’organizzazione.

Il potenziale comunicativo di ciò che si è fatto, viene, in questo modo, moltiplicato e sicuramente percepito in tutto il suo valore dal pubblico.
Per alcune realtà come quelle che si occupano di servizi, quelle che hanno un impatto diretto con il pubblico (dal settore media al settore trasporti e infrastrutture) il linguaggio del fotoreportage si presta quasi naturalmente per raccontare e mostrare la normale attività quotidiana. Per altre tipologie di organizzazioni, il racconto fotografico può comunicare iniziative speciali magari che mostrino l’impegno e la responsabilità che esse si assumono verso l’ecosistema e la società in cui esse operano.
Un esempio concreto di “foto-reportage aziendale” può essere quello commissionato da TiLo (Treni Regionali Ticino Lombardia – Ferrovie Svizzere + Trenitalia) per documentare internamente al Gruppo, l’impegno della società durante i festeggiamenti del carnevale di Bellinzona (conosciuto col nome di Rabadan è uno dei carnevali più “devastanti” d’Europa): come potete vedere dalle foto raccolte (http://www.wisetwice.eu/reportage/tilo) si sono volute documentare tutte le fasi e gli aspetti, dalla pulizia dei treni alla disposizione della sicurezza in sinergia con le locali forze di polizia. Fotografie dalle quali è inoltre possibile estrapolare immagini puramente istituzionali.

TiLo

In generale, la Corporate Photocommunication potrebbe diventare una vera e propria branca sia della fotografia che del Corporate Communication, restituendo, così, all’elemento visuale una dignità e un’importanza che spesso viene relegata a progetti isolati e non pianificati. Da semplice “contorno” per comunicati stampa, grazie alla carica emozionale con cui essa riesce a coinvolgere l’osservatore, la fotografia avrebbe, infatti, tutti i diritti di assumere un ruolo primario nei piani di comunicazione.

Vincenzo Cammarata: divide la sua attività fra l’ufficio stampa di una compagnia aerea basata a Lugano (Darwin Airline) e l’attività di fotoreporter freelance.
Dopo aver conseguito il MSc in Corporate Communication presso l’Università della Svizzera Italiana, dove si è occupato di tematiche relative al web 2.0 in ambito aziendale. Ultimamente ha approfondito la sua ricerca di fotoreporter indagando le applicazioni del racconto fotografico al campo della comunicazione corporate. www.wisetwice.eu