Numero 42 Registrazione al tribunale di Roma N° 3/2004 del 14/01/2004

Peripezie di una lingua

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di Stefano Magliole

 

Una lingua, intesa come comunicazione e non come organo fonatorio, è una creatura strana. Sempre a cavallo tra tradizione e sperimentalismo, tra storia ed innovazione… è una creatura sensibile al cambiamento, che cerca di resistere alla novità ma che spesso e volentieri ne resta vittima. Ciò di cui parlo è una consapevolezza costante per chiunque, intendiamoci, ma che si acuisce quando ti trovi a vivere in un paese estero. In quel contesto hai due lingue di riferimento, quella di origine che rimane latente e quella adottiva che si fa spazio prepotentemente. A volte le due lingue si mischiano, rubandosi parole, strutture sintattiche, espressioni gergali. E non di rado i prestiti diventano definitivi, assumendo una validità più duratura.

Un tardo pomeriggio tornavo verso casa quando incrocio sullo stesso marciapiede due ragazze che chiacchierano tra di loro.
- How did you get there?
- We twentyfived!
Il dialogo continua ma io non ascolto più. Ciò che ho appena sentito, in italiano suonerebbe: “Come ci siete arrivati?” “Ci siamo venticinquizzati”.
Ci ho messo qualche minuto a capire che la seconda ragazza intendeva dire che per recarsi in quel determinato luogo (quale non è dato sapere ma decisamente di scarsa importanza in questo contesto) avevano preso l’autobus numero 25.
Tante volte avevo sentito dire “google it” che non voleva essere un riferimento al sito italiano del famoso motore di ricerca ma semplicemente un invito a cercare un determinato termine, concetto o luogo usando il sito di google. “Google it” ovvero “cercalo su google”…

Ciò implica due concetti molto interessanti: il primo, per gli amanti delle analisi di mercato, dimostra – se mai ce ne fosse bisogno – che google ha ampiamente conquistato il mercato informatico dei motori di ricerca (e non solo), diventando unico punto di riferimento. Non ho mai sentito dire, tanto per fare un esempio, di “yahooizzare” un termine.

Ma il secondo concetto che mi preme sottolineare – e che mi ha spinto a scrivere queste considerazioni – è la grande capacità della lingua inglese di costruire parole. In particolare verbi… Torniamo al nostro esempio di partenza. “Ci siamo venticinquizzati”… Si scrive così? Non lo so, non sono sicuro. In italiano nessuno si sognerebbe mai di dire qualcosa del genere. Ho fatto qualche domanda in giro e dalle informazioni raccolte non è un fenomeno isolato. “We districted”, ad esempio, è un’altra espressione usata con una certa frequenza. Vorrebbe dire che qualcuno ha preso la District line, la linea verde della metropolitana per raggiungere qualcosa. Certo i nomi aiutano… District suona meglio di Linea A o linea verde. A Roma cosa potremmo dire? Ci siamo “linea-a-izzati”? Suona male, non è fattibile.

No, meglio non fare confronti, meglio tenersi il nostro antiquato “abbiamo preso…” e lasciare a chi è più creativo la produzione di nuove parole. Perché come dicevo all’inizio, la lingua è una creatura sensibile. E se resta tra i denti fa molto male.

 

Stefano Magliole è nato a Roma nel 1980. Regista teatrale ed insegnante di recitazione, si è laureato a Roma con il massimo dei voti con una tesi scritta seguendo il lavoro del Maestro Luca Ronconi ed incentrata sulla "semiotica della simultaneità". In teatro ha diretto testi classici e contemporanei. Al momento è a Londra a studiare il teatro inglese presso la University of London (Central School of Speech and Drama).