Numero 47 Registrazione al tribunale di Roma N° 3/2004 del 14/01/2004

Conoscenza e cultura

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di Alfonso Palumbo

 

Conoscenza e cultura. Mi sono spesso chiesto se l’una fosse sinonimo dell’altra oppure se fosse meglio considerarsi “colto” piuttosto che “informato”. Dubbio con i quali ho dialogato tante volte prima di fare il giornalista: perché dopo - davvero, soltanto dopo! - ho imparato le diverse sfumature dell’una e dell’altra, così come il contenuto umano che le differenzia.

yyMalgrado io debba confrontarmi con una carta d’identità relativamente datata, confesso che è stato proprio il mestiere a sgrezzarmi, a darmi una connotazione degli altri che in precedenza valutavo come entità pressoché assolute. Imparando a conoscerle ho iniziato anche a imparare la loro relatività, i loro (troppo spesso) sopravvalutati ego e valori individuali. Insomma: è stata la conoscenza degli altri a darmi una prima risposta sul dilemma conoscenza-cultura. Passare da una valutazione scolastico/universitario a una più aderente alla vita corrente non è stato facile. Direi anzi che si è trattato di una sorta di iniziazione alla quale non mi sono sottratto ma a cui ho preso parte senza alcuna coscienza. E’ stato il caso ad avermi dato una mano? Non saprei… Per certo posso dire di essermi sempre annoiato davanti alla monotonia; le parole di Oriana Fallaci <L’abitudine è la più infame delle malattie perché ci fa accettare qualsiasi disgrazia, qualsiasi dolore, qualsiasi morte. Per abitudine si vive accanto a persone odiose, si impara a portare le catene, a subire ingiustizie, a soffrire, ci si rassegna al dolore> le faccio mie e spero che servano a dare una immagine più intima alle mie idee.

Negli anni ho imparato che “conoscenza” diventa “cultura” poiché di questa stessa ne esiste una sola; lo dico sulla base del fatto che non solo mi incuriosisco e mi stupisco di tutto ma perché sono stati i libri ad avermi fatto da sponda in tale percorso. Come diceva Petrarca, <Li interrogo e mi rispondono. Alcuni mi portano il riso o la consolazione. Altri mi insegnano a riconoscermi>. Così leggo di tutto - prediligo la narrativa - e non ignoro che esistano libri belli e brutti; in fin dei conti quello che più mi stimola è sapere che esiste una cultura unica con annessi problemi di scelta.

Forse per chi fa il giornalista diventa obbligatorio approfondire, domandarsi, dubitare, incuriosirsi; altrettanto banale che si crei il circuito chiuso di una informazione/conoscenza auto-alimentantesi: e anche a tal proposito mi faccio aiutare da un proverbio cinese per il quale  <Un bacio è come bere acqua salata, bevi e la tua sete aumenterà>. Naturalmente sostituisco “bacio” con “notizia” ed ecco che scatta il meccanismo. Informazioni, eventi, collegamenti, notizie, una realtà in continua evoluzione; e se non ci fosse quel tasso di curiosità e di testardaggine personale per capire chi-come-cosa-dove-perché-quando, forse allora il mio teorema sarebbe smentito e io avrei perso un’occasione per tacere.

Da ultimo, voglio comunque trovarmi un paio di alleati che diano spessore al mio assunto. Da giornalista vorrei che a difendermi fossero da una parte Hegel (<La lettura del giornale è la preghiera del mattino dell’uomo moderno>) e dall’altra Kirkegaard (<Tutti si affannano a invocare la libertà di parola perché ormai hanno dimenticato la libertà di pensiero>). Ma stupirò tutti se mi congederò da voi invocando un argomento da sempre spinoso e stuzzicante come pochi, quello della libertà di stampa, che pone sullo stesso piano - ma da angolazioni diverse - lettore e giornalista. Una lotta di posizione dove verità, realtà, onestà si rincorrono su millimetri di spazio e chilometri di equilibrismo. Anche qui il mio percorso è stato lungo, difficile e non ha ancora trovato conclusione. Ma debbo dare voce alle parole di chi ha scritto che <La libertà della stampa non è altro che una farsa poiché tutti sanno che la stampa è controllata, se non dai proprietari, almeno dagli inserzionisti>. Ecco perché sono lieto di poter apparire sulle colonne che Il Caos Management periodicamente mi concede e dove la libertà di dire e scrivere sono pari alla libertà di chi legge.
Ed ecco perché Ezra Pound non ha sbagliato.

 

 

Alfonso Palumbo: Giornalista free-lance che si occupa di cronaca e politica. Al momento svolge mansioni di Direttore responsabile Prismanews.net Direttore responsabile per conto di un mensile, family-oriented. Vive a Roma dal 2001 ed é un appassionato di teatro e letteratura. Per diletto scrive sceneggiature e soggetti teatrali; inoltre ha pubblicato due libri di narrativa, il terzo spera esca tra poco. E’ un curioso e gli piace credere che <I giornalisti liberi siano una garanzia di verità>. E’ uscito in questi giorni “I quattro re”, AndreaOppure Editore, Roma, pg. 86 (narrativa).