Numero 74 Registrazione al tribunale di Roma N° 3/2004 del 14/01/2004

I “GIOVANI” TRENTENNI IN ITALIA E IN EUROPA LO SPETTRO DELLA DISOCCUPAZIONE

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di Simone Ippoliti

 

Nessuna valigia di cartone e viaggi infiniti di ore per emigrare. Oggi la situazione è ben diversa, ma il motivo è sempre lo stesso. Tantissimi, sempre di più, sono i ragazzi italiani che emigrano in giro per il mondo nella ricerca di un’opportunità, quella che non viene garantita dal proprio Paese. Molti di loro “lottano” per non cedere a questa tentazione, ritenendo immorale abbandonare la Patria di origine alla ricerca della terra promessa. Altri invece non vogliono lasciarsi trasportare da un sistema che, in questo periodo, rende frustrante l’essere “giovane”. E le virgolette sono d’obbligo, in quanto ormai la società, il senso comune, porta a definire il “giovane” alla soglia (o anche oltre) dei trenta anni d’età. Questo perché, come è per lo slittamento delle stagioni a causa dell’inquinamento, si tende a definire ancora ragazzo, colui che in un’altra vita non troppo lontana, era già genitore, lavoratore e con a carico tutte le responsabilità del caso.

E nel caso italiano purtroppo, siamo alla fine della coda. Sempre più ragazzi lasciano il proprio nido oltrepassata la barriera dei trenta. Questo naturalmente a causa dei soliti motivi che sono alla base di una vita serena: economico/sociale. Se ci affacciamo alla finestra però, ci accorgiamo che nel resto d’Europa non è proprio così.

Accantonando la crisi del sud europeo, dove andiamo a braccetto con Spagna, Portogallo e Grecia, lo scenario che resta è totalmente diverso. La terra promessa, citata in precedenza è la Germania. Un Paese lungimirante (aggettivo non di casa in Italia) che ha saputo prevedere una crisi economica prendendo le giuste e funzionali precauzioni e tirandosi fuori dal fango prima che esso lo travolgesse. La disoccupazione giovanile è ai minimi storici, un dato che vista la situazione della nostra penisola, appare più di una mosca bianca.

Per questo motivo, la Germania in primis ma anche la Svezia e la Finlandia, sono viste come l’America dei tempi moderni. Economie forti e paesi in grado di garantire una stabilità economica ai propri cittadini e di accogliere gli emigranti del resto d’Europa come forza lavoro.

 

 

Lasciare tutto da un giorno all’altro chiudendosi la porta di casa alle spalle, non è cosa da poco. Ritenere che andare in un paese del quale non si conosce la lingua (anche se l’inglese in Germania è sulla “bocca” di tutti) e ritrovarsi catapultati in una realtà del tutto nuova e ritenerla una situazione migliore di quella che si vive tutti i giorni, rende chiaro tutto lo scenario.

Per giocare un po’ con in numeri, in Italia la disoccupazione giovanile dal 2007 al 2012 è passata dal 24 al 33% con una crescita importante anche per la fascia d’età più adulta, coloro che in sostanza avevano un lavoro e l’ hanno perduto. In Europa invece, salgono sul podio l’Austria con un tasso di disoccupazione al 4,4%, il Lussemburgo al 5,2% e a dividersi il terzo gradino sono a pari merito Germania e Paesi Bassi con il 5,4%.

Soffermandosi sul problema dell’impatto di un “giovane” nel mondo del lavoro e dando per scontato che sia laureato, molte differenze con la Germania (esempio cardine) vengono riscontrate nel sistema universitario.

Da numerose testimonianze di coloro che come detto hanno avuto il coraggio, ma anche la possibilità economica di lasciarsi la porta di casa alle spalle, si evincono aspetti quanto mai interessanti. Si sostiene che l’insegnamento nelle università tedesche sia più interattivo e grazie ad aule più piccole, con un numero ristretto di studenti, si dà molta attenzione alla pratica e non solo alla teoria.

Infatti, il classico pensiero che rimbalza da testa a testa qui in Italia è: “Tanti laureati piegati sui libri che in sostanza non sanno fare nulla”. Ed è per questo che l’esperienza pratica gioca un ruolo fondamentale sulla formazione dello studente - futuro lavoratore. Come sostenuto da chi un’esperienza universitaria all’estero ce l’ha avuta, il passaggio dai banchi di scuola al mondo del lavoro deve essere mediato da un percorso guidato: stage e tirocini, già nel periodo universitario e non dopo la discussione della tesi.

Del resto, quello che veramente conta nel sistema di una nazione sono le proprie risorse. Se esse si perdono perché non guidate adeguatamente o perché non formate in modo tale da contribuire alle sorti del proprio Paese, si trasformano da risorsa in fardello, da possibilità a fallimento.
                                    
La meritocrazia è un altro aspetto fondamentale. Premiare coloro che si distinguono per titoli di studio e capacità personali non è alla base del sistema italiano. Nel rapporto Eurostat “Methods used for seeking work” (metodi utilizzati per cercare lavoro), due italiani su tre per trovare un posto ricorrono a chi già si conosce, come un parente, un amico o persino al sindacato (percentuale individuata al 76,9%). In Germania, Belgio e Finlandia, sempre attenendosi ai dati di ricerca, la percentuale media si aggira attorno al 38%, praticamente la metà.

In Italia, i sistemi per trovare un posto di lavoro non si esauriscono alla più famosa raccomandazione. Infatti, Oneprice, una catena di supermercati attiva nel Lazio, ha indetto una sorta di concorso quanto mai originale (per usare un eufemismo). Infatti, si può definire questa trovata come una lotteria: come spiegato nel regolamento e con il motto “Fai spesa da noi e vinci un posto di lavoro. Chi aspira a lavorare tra gli scaffali di Oneprice non deve consegnare nessun curriculum vitae: gli basta fare una spesa minima di euro 30 con scontrino unico”.

 

 

Ma l’originalità dettata da una situazione deprimente in Italia, non si esaurisce qui. Infatti, anche un imprenditore derubato nella propria azienda, ha messo una sorta di taglia sui ladri e a chi troverà i  malfattori, verrà offerto un contratto di lavoro a tempo determinato.
Insomma, il “giovane” ragazzo italiano, invece di passare ore sui libri, ricercare un annuncio di lavoro interessante, proporsi per master e colloqui, imparare una seconda o terza lingua per migliorare il proprio profilo professionale, farebbe bene a mettersi in fila al supermercato e fare la spesa per il fine settimana, oppure travestirsi da detective privato, con tanto di occhiali scuri e cappello, nella speranza di trovare un posto di lavoro. Precario naturalmente.

 

 

Simone Ippoliti: giornalista laureato in Scienze Politiche. Una lunga esperienza nel mondo della comunicazione radiofonica nelle vesti di conduttore e inviato in emittenti sportive. Collaboratore anche per giornali e riviste di carta stampata. Apparizioni televisive in canali locali e gestore di un blog personale: http://oculusweb.tumblr.com/
Inoltre, coautore di un canale youtube con video/interviste effettuate e montate personalmente: http://www.youtube.com/user/simoradio100?feature=mhee