Numero 46 Registrazione al tribunale di Roma N° 3/2004 del 14/01/2004

Buongiorno, come sto?
L’Orologio, 20 Gennaio 2009

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di Roberto Vacca

 

Una persona che parlasse al telefono con sé stessa potrebbe cominciare col dire: “Buongiorno: come sto?”

Chi lo sentisse, concluderebbe che si tratta di un individuo con qualche problema psicologico di sdoppiamento della personalità, chiamata anche schizofrenia. Sull’idea di un personaggio che parlava al telefono con sé stesso era centrato un racconto di John Wyndham, che era intitolato How do I do? (“Come sto?”). La storia aveva un certo interesse perché i due personaggi identici parlavano da tempi diversi. Il protagonista riceveva telefonate da sé stesso situato in un futuro abbastanza prossimo e, quindi, in certa misura poteva prevedere l’avvenire con qualche giorno di anticipo. L’idea era curiosa e si sarebbe potuta prestare a sviluppi divertenti, ma il risultato non era entusiasmante. Wyndham scrisse altri racconti molto migliori, in cui lo stacco nel tempo era di qualche anno oppure in cui i personaggi si muovevano in tracce di tempo parallele e difformi.

È antico il concetto di mandare messaggi a sé stessi per ricordarsi azioni da compiere e incombenze da non dimenticare. Memento in latino significa “ricordati”: la parola è entrata in inglese per indicare un appunto (ad esempio scritto su un’agenda da tasca) relativo a cose da fare. I compiti da fare vengono scritti dagli scolari sul diario. Il messaggio può anche essere non verbale come il tipico nodo al fazzoletto, usato nello stesso modo anche in Francia (noeud au mouchoir).

Nella cultura anglosassone, invece, il nodo al fazzoletto è stato caricato di significati magici. I significati semantici dei fazzoletti sono noti. Vengono agitati per salutare da lontano. Pare che taluno ne applicasse uno colorato sul petto dei condannati alla fucilazione per indicare la posizione del cuore. È usuale tenere un fazzoletto svolazzante fuori dal finestrino di un’automobile che trasporta un ferito. Nel ‘Settecento in certe chiese si stampavano preghiere e immagini sacre su fazzoletti di seta colorati.

Il più tipico e usuale sistema per mandare un messaggio a noi stessi serve ad allertarci che è arrivato un certo tempo futuro. Ovviamente usiamo una sveglia, che in inglese si chiama “orologio d’allarme” (alarm clock). Non serve solo a svegliare chi dorme, ma anche a ricordare appuntamenti. L’incombenza può ancora essere affidata alla società dei telefoni (chiamando il 4114 della Telecom) o al sistema telefonico interno degli alberghi. E’ probabile che questi servizi verranno aboliti quando proprio tutti noi avremo un telefono cellulare. Per analizzare come i dipendenti impieghino il loro tempo, alcune aziende prescrivono loro di scrivere un appunto specificando il tipo di lavoro che stavano facendo ogni volta che suona una sveglia.

Sono più rilevanti i messaggi che mandiamo a noi stessi segnandoli sulle pagine della nostra agenda. Ricordiamo che “agenda” in latino significa “cose da fare”. Sono inevitabili le cose da fare perché le impone la legge (come pagare tasse e imposte) o perché ci siamo impegnati con altri per ragioni di lavoro o di amicizia. Sono meno stringenti i programmi che decidiamo di mettere in pratica per nostra scelta, come i viaggi di vacanza e di piacere. E tutte queste situazioni sono ben note: non c’è molto da dire in merito.

Sono più interessanti i messaggi che mandiamo a noi stessi a maggiore distanza di tempo. Per dimostrare che ciascuno di noi ha le doti per imparare quello che vuole, ho suggerito a molti giovani l’esperimento seguente:

“Scegli un argomento o una disciplina che ti piacerebbe di padroneggiare e di cui non sai nulla. Poi scrivi a te stesso una lettera in cui specifichi il più dettagliatamente possibile, quello che ti piacerebbe di sapere in quel campo e che, secondo le tue più ottimiste previsioni, penseresti di avere appreso entro sei mesi. Sigilla la lettera. Poi dedica puntigliosamente mezz’ora al giorno a studiare la materia che hai scelto. Passati i sei mesi apri la busta e confronta la tua previsione ottimistica con i risultati che hai raggiunto davvero. Ti accorgerai che hai raggiunto livelli ben più alti – naturalmente se hai davvero impiegato mezz’ora al giorno a studiare. Credevi di essere stato ottimista e invece eri un povero minimalista.”

Sono rilevanti anche i messaggi che riceviamo da noi stessi dal passato e che non avevamo minimamente progettato di inviare. Per poterli leggere, devi scriverli. Non suggerisco di tenere un diario in cui registrare man mano quello che fai o pensi. Invece è una buona idea quella di avere un librone di appunti. Se scrivi idee o cose che impari su pezzi di carta, va a finire che li perdi. Purtroppo succede la stessa cosa se prendi appunti sul computer o sui dischetti o su pennette. I fabbricanti cambiano sistema e ti accorgi che quelli che avevi scelto non sono più utilizzabili.

Invece un quadernone di carta spessa resta in vita per secoli (io ho ancora gli appunti giornalieri che prendeva nel 1799 il mio quadrisnonno genovese Nicolò Queirolo, mercante di granaglie). Che cosa mettere nel quadernone? È questione di gusti, ma consiglio di metterci in brevi linee: cose che hai capito o imparato, progetti, previsioni, notizie e anche dati finanziari.

Trovo istruttivo rileggere quel che avevo immaginato sarebbe successo o quel che avevo capito di grossi problemi 40 anni fa. Qualche volta devo arrossire perché avevo capito molto poco. Altre volte  mi congratulo con me stesso avevo visto abbastanza bene come si sviluppavano processi piuttosto complicati. Certo per me è più facile ritrovare le mie cose antiche perché ho ancora le raccolte di articoli che pubblicavo sui giornali nell’ultimo mezzo secolo (infatti, come diceva mia madre, esercito il mestiere dello “scrittricio”). Però anche se non scrivi professionalmente, parlare con te stesso a distanza di decenni è istruttivo ed eventualmente anche piacevole.

 

 

Roberto Vacca: Laureato in ingegneria elettrotecnica e libero docente in Automazione del Calcolo (Universita' di Roma). Docente di Computer, ingegneria dei sistemi, gestione totale della qualita' (Universita' di Roma e Milano). Fino al 1975 Direttore Generale e Tecnico di un'azienda attiva nel controllo computerizzato di sistemi tecnologici, quindi consulente in ingegneria dei sistemi (trasporti, energia, comunicazioni) e previsione tecnologica. Tengo seminari sugli argomenti citati e ho realizzato numerosi programmi TV di divulgazione scientifica e tecnologica. http://www.robertovacca.com/italiano.htm