Numero 36 Registrazione al tribunale di Roma N° 3/2004 del 14/01/2004

Manager e Innovazione

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di Roberto Veronesi

 

Alcuni vedono le cose come sono e dicono perché? Io sogno cose non ancora esistite e chiedo perché no? (G.B. Shaw)

 

Oltre all’aforisma di G.B. Shaw, ci sono tre definizioni di innovazione che mi piacciono molto in campo aziendale.

Il futuro appartiene alle persone che vedono le possibilità prima che diventino ovvie

L’innovazione è l’implementazione di una idea creativa fatta in modo da generare profitto per l’azienda

L’innovazione è trasformare i problemi in soluzioni


ttMi piacciono perché sono semplici, chiare e aiutano a riflettere sul ruolo manageriale rispetto all’innovazione.

I manager ai diversi livelli aziendali dovrebbero, parlando di innovazione, porre costantemente al centro della propria attenzione una semplice domanda: come fare a creare le condizioni per rendere innovative le persone con cui lavorano (cioè in grado di individuare possibilità, implementare idee che portino profitto, trasformare i problemi in soluzioni).

Senza arrivare a condividere l’affermazione di Peter Drucker secondo cui “un'azienda ha solo e soltanto due funzioni di base: il marketing e l'innovazione" possiamo però affermare che nel contesto in cui (generalmente) si muovono le aziende oggi, porsi questa domanda ha probabilmente molto più a che fare con l’essenza stessa della azienda, la sua sopravvivenza e il suo sviluppo.
Fatte salve le aziende che per missione si occupano di innovazione e/o di ricerca e che in questo ambito non ci interessano, l’approccio all’innovazione deve rappresentare uno “stile di vita”, una filosofia, una forma di pensiero che permea tutta la struttura.

Come fare ? A quali regole appellarsi ?
L’unica regola è che non esistono regole, che ogni azienda ha una storia a sé e un contesto di riferimento e che meno si usa la parola innovazione per lanciare proclami o editti più è alta la probabilità di avere successo.
Per prima cosa (magari ovvia, ma che può servire a comprendere il tema) occorre sottolineare che non è possibile imporre l’innovazione, comandare a una persona o a un gruppo di essere creativo e innovativo. Magari mantenendo uno stile di leadership formale, distaccato, autoritario e minacciante.  
L’innovazione fluisce e si concretizza tra le persone che operano in ambienti che la rendono possibile, che la promuovono, che abbinano elementi e fattori apparentemente distanti tra di loro. Fluisce tra le persone che non temono di sbagliare; che, definito un obiettivo (da raggiungere sempre e a qualsiasi costo),  hanno la magica capacità di sdrammatizzare le situazioni, di sorridere e di “restare sui problemi e non sulle persone”.

Se dunque condizione essenziale per disporre di innovazione diffusa, autonoma e costante - praticata ai diversi livelli dell’organizzazione - è la creazione di un contesto che lo consenta, i punti essenziali da considerare sono : la visione manageriale, l’ambiente organizzativo,  la comunicazione aperta, la fiducia e  il rispetto degli altri e della capacità di contribuire di tutti, l’iniziativa individuale e l’assunzione di rischi, la libertà di sperimentare e di affrontare gli ostacoli, il numero elevato di stimoli.

Proviamo a fare qualche esempio. Anche paradossale e irriverente. Anche distante dalla pratica/realtà  prevalente del “manager di successo” ma che, spero, riesca a tradurre ed amplificare il pensiero.

E per farlo, proviamo a ragionare … “al contrario” …. e vediamo come possiamo stroncare con grande facilità ogni possibile velleità di innovazione, come castrare qualsiasi anelito di creatività finalizzata, come sradicare la voglia di contribuire al miglioramento continuo.

Primo, il manager non deve assolutamente indicare la direzione, meno che mai comunicarla, e comunque deve adottare comportamenti contraddittori in modo da disorientare a sua volta i comportamenti di collaboratori e colleghi che si vedranno costretti, per non sbagliare, ad attenersi rigorosamente a mansionari e procedure e rifugiarsi in “non è previsto” e in “ non è compito mio”. Poi deve circondarsi di poche persone, sempre le stesse, che sostanzialmente la pensano tutte allo stesso modo e non offrono punti di vista diversi. Ma questo è veramente solo il primo passo, indispensabile: giusto un primo gradino da cui partire.

In secondo luogo occorre creare un ambiente organizzativo carico di tensioni e di sfiducia e per fare questo suggeriamo l’utilizzo di un linguaggio formale e autoritario, privo di qualisiasi ironia; l’assoluta assenza di riconoscimento dei meriti; il non rispetto del punto di vista degli altri e l’appropriarsi, se ce ne sono, delle idee e delle realizzazioni dei colleghi. In termini ancora più concreti possono aiutare a frenare la voglia di contribuire frasi del tipo “faccia quello che le dico”, “devo sempre fare tutto io”, “le ho già detto che non le posso spiegare”, “chi le ha detto di fare così”, “di chi è la responsabilità?” ecc. capaci di creare un solida frattura con la capacità di produrre innovazione a qualsiasi livello.

A questo punto abbiamo già fatto molto, avremo probabilmente un gruppo orientato al compito e non al risultato, incapace non solo di creare innovazione e di sperimentare, ma anche di prendere decisioni in autonomia e assumersi responsabilità se non precisamente prescritte, ancorato al passato e alle prassi consolidate alle barriere del budget e del “si è sempre fatto così”.

Ma certamente si può fare di meglio. Nell’ambiente di lavoro è bene per esempio parlare e fare riferimenti esclusivamente al lavoro e bandire qualsiasi tipo di contatto e di contaminazione con l’attualità, la società, il costume, lo spettacolo, lo sport ecc. che potrebbero “distrarre” dall’operatività e creare strane sinapsi. Occorre poi ancora sanzionare pubblicamente qualsiasi sbaglio o insuccesso prodotto nello sperimentare strade nuove.

Chiudiamo questa sequenza di “orrori”.

Le aziende sempre più sono immerse in una società e in un mondo di relazioni con poche, pochissime barriere e con confini sempre più labili in cui la disponibilità delle informazioni e lo scambio in tempo reale della conoscenza sono alla portata di tutti. Dove l’innovazione nasce spesso dall’unione di discipline diverse, statistica e psicologia, medicina e ingegneria, arte e informatica. Una società che vive oggi un periodo di forte incertezza e di discontinuità, di ripensamento dei meccanismi che regolano tutti gli aspetti del vivere civile.
Una società dove le opportunità di crescita e di innovazione per una azienda non possono che nascere dall’essere presenti e partecipi del contesto sociale, pronti a cogliere i mutamenti dello scenario, del mercato, dei clienti e a intercettare qualsiasi “sintomo”, traccia di novità nei suoi diversi aspetti.
E’ in questo contesto che il manager, a qualsiasi livello, deve avere la sensibilità di chiedersi se questi cambiamenti sono rilevanti per la azienda,  per il proprio gruppo, per le persone con cui lavora.

Ma ancor più il manager deve creare quelle condizioni “sociali” al proprio interno che rendono possibile alle persone, ai diversi livelli della struttura, di riprodurre un contesto lavorativo di disponibilità e di apertura verso l’esterno, di sincero apprezzamento delle diversità culturali e dei punti di vista dei singoli, di fiducia e di incoraggiamento delle sperimentazioni, di soddisfazione del conseguimento dei risultati.

Un luogo dove l’innovazione non è più un elemento critico su cui riflettere, ma un normale modus operandi, “il frutto di un'attitudine mentale, di una predisposizione psicologica che va alimentata con la ricerca, il confronto, lo scambio di più punti di vista” (Vinicio de Morais)

 

 

Roberto Veronesi attualmente Direttore Generale di Prontoseat S.r.l., una azienda di circa 500 persone che opera nel settore dei servizi telefonici di qualità, eroga attività in inbound (tra gli altri l’89.24.24, customer service ecc.) e in outbound (vendite telefoniche, ricerche di mercato, phone collection ecc.). Gia’ Responsabile delle Risorse Umane di una B.U. di Internet & Media (Gruppo Telecom) e successivamente Direttore della Comunicazione del Gruppo Seat.