Sfiduciata fiducia
di Laura del Vecchio
Sono in partenza per Pechino. Per lavoro. Le spese devono essere “autorizzate” prima del viaggio. In buona sostanza, servono firme a margine di lettere e di tabelle. Le chiede il personale per “giustificare” l’assenza dal tuo ufficio e la contabilità per trasferire i fondi. Più in generale le vuole il tuo datore di lavoro per “fidarsi” di quello che dici. Al rientro le stesse firme saranno ripetute a margine di un numero vario di ricevute, più o meno vissute. Ma tanti sono i passaggi di carte, che non di rado lo stesso che aveva imposto quella procedura, ti chiede di ignorarla: di partire senza preavviso, senza firme e senza fondi. Ho visto il panico sul volto teso della collega anziana poco abituata a quella “fiducia” improvvisa, giustificata solo dall’urgenza immediata. Ho visto sorgere nei suoi occhi il sospetto: non avendo firmato chissà se il capo manterrà l’impegno preso. Ovunque è lo stesso. Ovunque diffidenza. Pure tra colleghi. Dai e dai il clima di lavoro si fa cupo. E ogni passo diventa faticoso. Ogni giorno ci si inventa una forma difesa quasi ad armarsi di prove per un ipotetico processo. Questa è la fiducia nel nostro prossimo. Io, pure non faccio eccezione: tengo una cartella con le bozze più complesse, quelle rese illeggibili dai tanti scarabocchi del mio capo. Carta straccia in apparenza, prove documentali in potenza. Me l’ha insegnato proprio la collega anziana che chissà quante volte è stata tradita. Ironia della sorte, dalla generale sfiducia ci si difende di fatto proprio alimentandola, non fidandosi appunto.
Ma non solo sul lavoro. La stessa cosa vale nei rapporti privati. Non solo si moltiplicano i divorziati che giurano che non saranno mai più sposati, ma sempre più numerose sono le coppie che ci rinunciano fin dall’inizio. Tanto siamo avvezzi alla volatilità di ogni promessa che rinunciamo a farne in partenza. Diventa così un problema anche solo organizzare una cena: ciascuno evita fino all’ultimo di pronunciarsi su una data. Prendere un impegno equivale a contrarre un debito che si ritiene fin dall’inizio insolubile. In questa generale anarchia ci si fida solo di se stessi. Si preferisce isolarsi perché diventa impossibile darsi. Eppure si continua ad avere bisogno di fiducia. Si è disposti a tutto pur di ottenerla ma non se ne vuole pagare il prezzo: immancabilmente quel po’ di credito rubacchiato verrà meno proprio a causa dell’artificio che l’ha prodotto.
Domani sarò in Cina, il Paese del latte “arricchito”. Penso ai poveri genitori che si sono fidati e si sono visti i propri figli avvelenati. Non c’è persona che alla notizia non abbia trasalito. Eppure non pochi conoscenti – sapendo del mio viaggio - hanno provato a commissionarmi orologi “taroccati”. Il falso “di marca” è diventato ambito. A nessuno piace essere imbrogliato ma ciascuno fa del proprio meglio per millantare credito. Ma sarà sensato?
Immagini presenti sull’articolo
* Cappella degli Scrovegni, Allegorie delle virtù e dei vizi:
** Pacta sunt servanda – 1925 tempera su tela 405 x 480 cm.
Laura del Vecchio: Due lauree, Giurisprudenza con tesi in Economia a Roma e Commercio Internazionale a Le Havre; due specializzazioni, in Economia dei mercati asiatici e in Comunicazione; due esperienze “in azienda” come export manager per Fiat Auto Japan e per Danone; due esperienze “di penna” al quotidiano economico “Nikkei” e all’ISESAO della Bocconi: un “saper scrivere e far di conto” che ha finito per trovare buon uso all’Istituto nazionale per il Commercio Estero: attuale “ghost writer” del Presidente dell’ICE. Nata il 13 settembre del 1968: da poco compiuti…. due volte vent’anni.